Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33831 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33831 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 24/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BITONTO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 02/02/2024 della CORTE APPELLO di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza.
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RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato la Corte d’appello di Bari, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME diretta ad ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato, in relazione ai reati giudicati con due sentenze emesse, entrambe a seguito di giudizio abbreviato, da: 1) Corte di assise di appello di Bari del 22/07/2020, divenuta irrevocabile il 02/02/2022, per violazione normativa in materia di armi ed altro, fatti aggravati ex art. 416 bis.1 cod. pen.; 2) Corte d’appello di Bari del 01/07/2022, divenuta irrevocabile il 08/09/2023, per lesioni e violazione normativa in materia di armi, fatti aggravati ex art. 416 bis.1 cod. pen, rideterminando la pena complessiva in anni sei e nnesi otto di reclusione ed C 13.333,33 di multa.
Avverso il provvedimento ricorre NOME COGNOME, per mezzo del difensore AVV_NOTAIO, che denuncia, come unico, articolato, motivo di ricorso, violazione di legge e vizio della motivazione in relazione agli artt. 671 cod. proc. pen. e 187 disp. att. cod. proc. pen. in relazione al calcolo della pena operato dalla Corte distrettuale: il giudice dell’esecuzione ha errato, in violazione dell’art. 187 disp. att cod. proc. pen., nel porre a base del calcolo del reato continuato la pena base di cui alla sentenza sub 2), anziché la pena concretamente inflitta, e quindi già decurtata della riduzione di un terzo per il rito abbreviato; del pari ridotti di un terzo dovevano essere gli aumenti per i reati in continuazione, giudicati con rito abbreviato.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott.ssa NOME COGNOME, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e dev’essere respinto.
Il G.E., avendo unificato, ex art. 671 cod. proc. pen., due sentenze emesse a seguito di giudizio abbreviato, ha fatto corretta applicazione del principio di diritto sancito da Sez. 1, n. 37168 del 19/07/2019, COGNOME, Rv. 276838 – 01, per cui «il riconoscimento in sede esecutiva della continuazione tra i reati oggetto di condanne emesse all’esito di distinti giudizi abbreviati comporta, previa individuazione del reato più grave, la determinazione della pena base nella sua entità precedente all’applicazione della diminuente per il rito abbreviato, l’applicazione
dell’aumento per continuazione su detta pena base e, infine, il computo sull’intero in tal modo ottenuto della diminuente per il rito abbreviato».
La riduzione di pena connessa al giudizio abbreviato costituisce, infatti, com’è noto, una diminuente di natura processuale, la quale si risolve in un’operazione puramente aritmetica che consegue alla scelta del rito operata dall’imputato, sì che essa, logicamente e temporalmente, dev’essere eseguita dopo la determinazione della pena, effettuata secondo i criteri e nel rispetto delle norme sostanziali.
Tale opzione ermeneutica è coerente ed ossequiosa del principio di diritto desunto dalla sentenza Sez. U., n. 45583 del 25/10/2007, P.G. in proc. Volpe e altri, Rv. 237692, secondo la quale la riduzione della pena per la scelta del rito abbreviato dovrebbe rappresentare sempre un posterius rispetto alle altre ordinarie operazioni di dosimetria della pena che la legge attribuisce al giudice.
Contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, tale principio non risulta superato dalla pronuncia del massimo organo nomofilattico di questa Corte, che ha recentemente affermato che «Ai fini dell’individuazione della violazione più grave nel reato continuato in sede esecutiva, ai sensi dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen., deve essere considerata come “pena più grave inflitta”, che identifica la “violazione più grave”, quella concretamente irrogata dal giudice della cognizione, siccome indicata nel dispositivo di sentenza» (Sez. U, n. 7029 del 28/09/2023 dep. 2024, Giampà, Rv. 285865 – 01).
Premesso che nel caso scrutinato nella citata pronuncia del massimo consesso, per il reato più grave, ex art. 187 disp. att. cod. proc. pen., tra quelli unificati ex art. 671 cod. proc. pen., era stata inflitta la pena dell’ergastolo, le Sez. Unite chiariscono espressamente che «In via preliminare, occorre precisare che la disomogeneità delle interpretazioni in ordine alla norma in questione assume precipua rilevanza allorché vengano in considerazione reati puniti con la pena dell’ergastolo o per i quali trovi applicazione il criterio moderatore di cui all’art. 78 cod. pen.
Solo per questi, infatti, ha incidenza l’individuazione della pena base sulla quale operare gli aumenti a titolo di continuazione, potendo solo in tal caso mutare il computo (così come la natura) della pena finale; viceversa, nessuna incidenza si determina per le pene temporanee, essendo sostanzialmente irrilevante, per la medesimezza del risultato finale, che la riduzione per il rito venga effettuata sui singoli addendi (le frazioni di pena da unificare) ovvero sulla pena finale».
Il caso che ci occupa attiene proprio a quest’ultima casistica analizzata dalla sentenza Giampà: nelle due sentenze unificate dal G.E., in sede di cognizione erano state inflitte pene temporanee, di talché alcuna incidenza può avere, ed ha in concreto avuto, la decisione del Giudice dell’esecuzione di operare il calcolo per addivenire alla pena finale, partendo dalla pena concretamente inflitta per il reato
più grave, ovvero, come avvenuto nel caso di specie, dalla pena stabilita per il più grave reato, nella misura precedente la diminuzione per il rito.
Destituita di fondamento è infine la doglianza contenuta in ricorso per cui il G.E. avrebbe omesso di operare le dovute diminuzioni per il rito anche sulle pene stabilite per i reati satellite a titolo di continuazione: la Corte barese (pagg. 3 e 4), ha infatti, con operazione non erronea, individuato la pena base indicata nella sentenza che ha giudicato il reato più grave prima che la stessa venisse decurtata a mente dell’art. 442 cod. proc. pen., comma 2; ha stabilito gli aumenti per la continuazione interna; ha poi sommato la pena come rideterminata per la sentenza posta in continuazione, determinando le pene per ogni reato satellite ivi giudicato; ha infine operato la diminuzione di un terzo della pena sull’intero in tal guisa ottenuto.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere disatteso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 24/05/2024