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Reato continuato e patteggiamento: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso riguardante l’applicazione del reato continuato a due sentenze di patteggiamento. La richiesta era stata già rigettata in precedenza e riproposta citando una norma specifica (art. 188 disp. att. c.p.p.). La Corte ha stabilito che, essendo la sostanza della richiesta identica, la seconda istanza costituisce una mera riproposizione inammissibile, poiché il presupposto del ‘medesimo disegno criminoso’ è lo stesso per entrambe le norme.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato: non si può riproporre l’istanza cambiando norma

Nel diritto penale, il concetto di reato continuato rappresenta un istituto di fondamentale importanza, capace di incidere significativamente sulla determinazione della pena. Esso permette di unificare giuridicamente più reati commessi in esecuzione di un medesimo piano, applicando la pena prevista per il reato più grave aumentata fino al triplo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso specifico: cosa accade se una richiesta per il riconoscimento del reato continuato viene rigettata? È possibile riproporla invocando una diversa disposizione di legge? La risposta della Suprema Corte è stata netta e fornisce un’importante lezione di strategia processuale.

I fatti del caso

Un soggetto, condannato con due distinte sentenze emesse a seguito di patteggiamento, si rivolgeva al Giudice dell’esecuzione per chiedere l’applicazione della disciplina del reato continuato. La sua richiesta, verosimilmente basata sulla norma generale dell’art. 671 del codice di procedura penale, veniva però rigettata.

Non dandosi per vinto, l’interessato presentava una nuova istanza, questa volta invocando l’articolo 188 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. Tale norma disciplina specificamente l’applicazione del reato continuato tra più sentenze di patteggiamento. Il Giudice dell’esecuzione, tuttavia, dichiarava inammissibile anche questa seconda richiesta, ritenendola una semplice riproposizione della prima. Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso per Cassazione.

La decisione della Cassazione sul reato continuato e patteggiamento

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione del giudice di merito, dichiarando il ricorso inammissibile. Il cuore della decisione risiede nell’equivalenza sostanziale delle due richieste. Sebbene basate su articoli di legge formalmente diversi (l’art. 671 c.p.p. e l’art. 188 disp. att. c.p.p.), entrambe miravano allo stesso risultato: il riconoscimento di un unico disegno criminoso alla base dei reati giudicati.

La Corte ha chiarito che l’art. 188 rappresenta una ipotesi ‘speciale’ rispetto alla regola generale dell’art. 671, applicabile unicamente quando tutte le sentenze sono state pronunciate con il rito del patteggiamento. Questa specialità procedurale, però, non crea un rimedio giuridico alternativo o una seconda opportunità. Il presupposto di merito da accertare è identico in entrambi i casi: la sussistenza del ‘medesimo disegno criminoso’ previsto dall’art. 81 del codice penale.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che il rigetto della prima istanza, che aveva già valutato l’insussistenza del vincolo della continuazione, preclude la possibilità di ripresentare una domanda identica nella sostanza. Consentire il contrario significherebbe eludere il principio di preclusione processuale, permettendo di rimettere in discussione all’infinito una questione già decisa.

Inoltre, i giudici hanno ribadito un principio cruciale: anche nell’ambito della procedura speciale dell’art. 188 disp. att. c.p.p., che prevede un possibile accordo con il pubblico ministero, il giudice dell’esecuzione conserva sempre il potere-dovere di apprezzare la reale ricorrenza dei requisiti sostanziali per il reato continuato. L’accordo tra le parti non è vincolante per il giudice, il quale deve verificare in autonomia l’esistenza del disegno criminoso. L’assenza di tale elemento giustifica, quindi, il rigetto della domanda.

La decisione del giudice dell’esecuzione è stata pertanto ritenuta corretta, in quanto ha correttamente identificato la seconda istanza come una duplicazione della prima, già respinta, e l’ha dichiarata inammissibile ai sensi dell’art. 666, comma 2, del codice di procedura penale.

Le conclusioni

La sentenza in esame offre un importante monito: una volta che una questione giuridica è stata decisa in fase esecutiva, non può essere riproposta mascherandola sotto una diversa veste normativa, se la sostanza della richiesta rimane invariata. La distinzione tra la disciplina generale del reato continuato (art. 671 c.p.p.) e quella speciale per i patteggiamenti (art. 188 disp. att. c.p.p.) è di natura procedurale e non offre una via di fuga da una precedente decisione sfavorevole nel merito. Questa pronuncia rafforza i principi di economia processuale e di definitività delle decisioni giudiziarie, anche nella delicata fase dell’esecuzione della pena.

È possibile presentare una nuova istanza per il riconoscimento del reato continuato se una precedente è già stata rigettata?
No, se la nuova istanza è nella sostanza identica alla precedente. La Corte di Cassazione ha stabilito che il rigetto di una richiesta di applicazione del reato continuato preclude la proposizione di una seconda, anche se basata su un diverso articolo di legge (come l’art. 188 disp. att. cod. proc. pen. rispetto all’art. 671 cod. proc. pen.), qualora il merito della richiesta sia lo stesso.

Qual è la differenza tra la richiesta di reato continuato ai sensi dell’art. 671 c.p.p. e quella ai sensi dell’art. 188 disp. att. c.p.p.?
L’art. 671 c.p.p. è la norma generale per chiedere il riconoscimento del reato continuato in fase esecutiva. L’art. 188 disp. att. c.p.p. è una norma speciale che si applica esclusivamente quando le sentenze da unificare sono state tutte emesse a seguito di patteggiamento. Tuttavia, il presupposto fondamentale per entrambe è l’accertamento di un medesimo disegno criminoso.

Il giudice dell’esecuzione ha potere discrezionale nel valutare il reato continuato in caso di patteggiamento?
Sì. Anche quando la richiesta è presentata ai sensi dell’art. 188 disp. att. c.p.p., che prevede un accordo tra le parti, il giudice dell’esecuzione conserva pienamente il potere di apprezzare la sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 81 cod. pen., inclusa l’identità del disegno criminoso. L’assenza di tale requisito giustifica il rigetto della domanda.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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