Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7322 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7322 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 17/11/2023
SENTENZA
sui ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/03/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
GLYPH Con ordinanza del 29 marzo 2023, la Corte di appello di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto l’istanza avanzata nell’interesse di NOME COGNOME, volta all’applicazione della disciplina della continuazione tra i fatti giudicati dalle seguenti sentenze:
sentenza emessa dalla Corte di appello di Palermo il 20 luglio 2022, di condanna alla pena di anni 9 e mesi 4 di reclusione per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen.;
sentenza emessa dal Giudice per le indagini preliminari di Palermo in data 28 ottobre 2010, di condanna alla pena di anni 10 di reclusione per i reati di cui agli artt. 416 bís c. 1 e 4, 629 cod. pen., aggravato ex art. 7 d. Igs. 152 del 1991.
Il Giudice dell’esecuzione, riconosciuta la riconducibilità dei reati sopra indicati al medesimo disegno criminoso, ha rideterminato la pena finale in anni 17 e mesi 4 di reclusione, sulla base del seguente calcolo: pena base di anni 9 e mesi 4 di reclusione per il reato giudicato dalla sentenza sub 1), aumentata di ulteriori anni 8 di reclusione – già considerata la diminuente per il rito- per i fatti di cui alla sentenza sub 2) (anni 7 di reclusione per il delitto associativo, anni 1 per l’estorsione).
GLYPH Ricorre per cassazione NOME COGNOME, per mezzo dei difensori AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, che, con due distinti atti, denunciano erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione.
2.1 Con il primo motivo, si deduce l’erroneità della impugnata ordinanza per avere posto a base del calcolo del reato continuato la pena inflitta con la sentenza sub 1), anziché quella più grave di cui alla sentenza sub 2), come previsto dall’art. 187 disp. att. cod. proc. pen.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso, invece, ci si duole della mancanza di motivazione in ordine all’aumento di pena operato per i reati di cui alla sentenza sub n. 2).
Il Procuratore generale presso questa Corte ha depositato la sua requisitoria in data 3 novembre 2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La requisitoria è stata depositata oltre il termine del quindicesimo giorno antecedente l’udienza camerale, previsto dall’art. 611, comma 1, cod. proc. pen.
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Poiché il rispetto di tale termine è funzionale alle esigenze di effettività e adeguatezza del contraddittorio cartolare in vista dell’udienza, cui le parti non sono ammesse a comparire, potendo tuttavia trasmettere memorie di replica sino al quinto giorno antecedente, l’intervento del pubblico ministero è da considerare tardivo e delle relative argomentazioni e conclusioni non è possibile tenere conto in questa sede (Sez. 1, n. 28299 del 27/05/2019, R., Rv. 276414-01).
2. Il primo motivo di ricorso è infondato e dev’essere respinto.
Il Giudice dell’esecuzione GLYPH ha fatto corretta applicazione del principio sancito dall’art. 187 disp. att. cod. proc. pen., ponendo come pena base quella per la quale è stata inflitta la pena più grave. Nel caso specifico, infatti, la pena concretamente inflitta per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., giudicato con la sentenza sub 1., è stata pari ad anni 9 mesi 4 di reclusione; trattasi di pena superiore a quelle inflitte – previo doveroso scorporo della continuazione interna – con il reato sub 2. (precisamente anni 8 di reclusione per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen, ed anni 2 di reclusione per il reato di cui all’art. 629 cod. pen.).
3. Merita invece accoglimento il secondo motivo di ricorso.
3.1. L’esegesi di legittimità in tema di reato continuato richiede che il giudice dell’esecuzione, nel procedere alla rideterminazione della pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 – 01).
Nella citata pronuncia, questa Corte a Sezioni Unite ha precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 31 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene (in tal senso già Sez. U, n. 7930 del 1995, Rv. 201549-01; Sez. 1, n. 52531 del 19/09/2018, Rv. 274548 – 01).
3.2. Va dunque ribadito che il giudice – in quanto titolare di un potere discrezionale – è tenuto a motivare anche in ordine all’entità dei singoli aumenti per i reati-satellite, affinché sia possibile effettuare un controllo del percorso logico e giuridico seguito nella determinazione della pena, non essendo all’uopo sufficiente il semplice rispetto del limite legale del triplo della pena-base (Sez. 1, n. 800 del 07/10/2020, dep. 2021, Bruzzaniti, Rv. 280216).
Nel caso in esame, la Corte palermitana, riconosciuta la continuazione tra i reati, ha ritenuto più grave il reato di cui alla sentenza sub 1) -, stabilendo la pena da porre in aumento in relazione ai reati di cui alla sentenza sub 2) in anni 7 di reclusione per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. ed in anni 1 di reclusione per l’ulteriore reato satellite. L’aumento stabilito per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., è inferiore di un ottavo rispetto alla pena inflitta nel giudizio di cognizione (anni 8 di reclusione). Si tratta di una quantificazione che non è irrisoria né in termini assoluti né rispetto alla valutazione compiuta dal giudice della cognizione, e che quindi doveva essere oggetto di specifica motivazione, con riferimento ai parametri legali che presiedono alla commisurazione della pena; nel caso di specie il Giudice dell’esecuzione si è invece limitato genericamente a riferirsi alla gravità dei fatti accertati – senza ulteriori specificazioni -, ed alla personalità altamente negativa dell’imputato, motivazione che si appalesa insufficiente ad esplicitare l’iter logico sotteso alla determinazione della pena in aumento, sì da consentire un controllo effettivo del percorso logico e giuridico seguito.
L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata con riguardo al punto indicato, con rinvio al giudice dell’esecuzione – in diversa composizione come prescrive la sentenza della Corte costituzionale n. 183 del 2013 – affinché colmi la rilevata lacuna motivazionale.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Palermo.
Così deciso il 17 novembre 2023
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