Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 3397 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 3397 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a SAN GREGORIO D’IPPONA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a OPPIDO MAMERTINA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a ROSARNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/02/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOMER,NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona dell Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo
Il Proc. AVV_NOTAIO. conclude per l’inammissibilità dei ricorsi.
udito il difensore
E’ presente l’avvocato COGNOME NOME del foro di CATANZARO in difesa di COGNOME NOME. Il difensore illustra i motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento. Sono presenti l’avvocato COGNOME NOME del foro di PALME e l’avvocato COGNOME NOME del foro di CROTONE in difesa di COGNOME NOME. I difensori
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 27/2/2021, la Corte d’appello di Catanzaro, decidendo in sede di rinvio a seguito di sentenza di annullamento della Sezione Terza della Corte di Cassazione (sent. n. 1555/22 del 21/9/2021), per quanto di interesse in questa sede, ha rideterminato in anni 17 e mesi 4 di reclusione ciascuno la pena inflitta a COGNOME NOME e COGNOME NOME; in anni 17 e mesi 6 di reclusione la pena inflitta a COGNOME NOME.
Le ragioni dell’annullamento riguardavano la ricorrenza dell’aggravante di cui all’art. 416-bis 1 cod. pen. in relazione ai capi D) ed E) della rubrica. In dett capi di imputazione era contestato agli imputati di avere, in concorso tra loro, importato dalla Colombia una partita di sostanza stupefacente pari a kg. 63 di cocaina, che doveva costituire il carico di prova di un maggiore quantitativo di 8 tonnellate della medesima sostanza (così il capo “D” della rubrica) e di avere compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco ad importare dalla Colombia e dalla Spagna nel territorio nazionale ulteriori ingenti quantitativi di sostanza stupefacente del tipo cocaina (capo “E” della rubrica).
La Corte di Cassazione, nella sentenza rescindente, riteneva non adeguatamente motivata la ricorrenza dell’aggravante di cui all’art. 416-bis 1 cod. pen.
All’esito del giudizio di rinvio, la Corte territoriale escludeva l’aggravante contestata, apportando un aumento a titolo di continuazione per il capo D) della rubrica pari ad anni 1 e mesi 2 di reclusione e per il capo E) pari ad anni 1 di reclusione.
Avverso la sentenza emessa a seguito del giudizio rescissorio, gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, a mezzo dei rispettivi difensori, lamentando quanto segue.
Per NOME
Nullità della sentenza impugnata per omessa valutazione della memoria difensiva depositata in data 27 Febbraio 2023 nell’interesse dell’appellante.
Le compiute argomentazioni espresse dalla difesa nel suddetto scritto non sono state prese in considerazione dai giudici del rinvio, i quali, non solo non le hanno disattese neanche implicitamente, ma non hanno dato atto, nemmeno incidentalmente nel corpo della sentenza, della loro presentazione. Si è quindi verificata nel caso che occupa una evidente violazione delle garanzie difensive attinenti all’intervento dell’imputato nel processo, suscettibile di determinare la
nullità di ordine generale prevista dall’articolo 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
Ciò in quanto la facoltà delle parti di presentare memorie e istanze rappresenta uno dei principali strumenti di attuazione del principio del contraddittorio. La previsione di cui all’articolo 121 cod. proc. pen., che consente alla parte di presentare in ogni fase del procedimento memorie e istanze scritte, comporta l’obbligo del giudice di pronunciarsi su di esse, pena la sanzione della nullità del provvedimento in caso di omessa pronuncia.
II) violazione degli articoli 81 e 133 cod. pen. anche in relazione agli artt. 3 e 25 Cost.; carenza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione per come evidenziato nella memoria difensiva ed anche nel corso della discussione orale. La sentenza annullata dalla Suprema Corte determinava gli aumenti in continuazione inflitti per i capi D) ed E) della rubrica, rispettivamente in anni uno, mesi dieci di reclusione ed anni uno, mesi quattro di reclusione, facendo riferimento alla finalità di agevolazione di un’associazione rnafiosa di stampo mafioso.
La diminuzione derivante dall’esclusione della predetta aggravante da parte dei giudici del rinvio doveva essere di gran lunga superiore a quella praticata.
Ciò anche alla luce delle statuizioni contenute nella sentenza emessa dal tribunale di Vibo Valentia all’esito del parallelo giudizio ordinario a carico di alt originari coimputati, ritenuti responsabili del medesimo reato sub capo D) della rubrica (COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME). In relazione a tali posizioni il tribunale comminava una pena pari a mesi sei di reclusione in continuazione con gli altri reati. Si è quindi verificata una inammissibile disparità di trattamento rispetto ai correi. La sanzione da infliggere nel caso in esame avrebbe dovuto essere necessariamente inferiore a quella irrogata nel parallelo Tudizio, dovendosi tenere conto della riduzione di 1/3 della pena per il rito abbreviato e, con riguardo al capo E) della rubrica, anche della riduzione per il tentativo.
Ebbene, la Corte territoriale ha omesso di parificare il trattamento sanzionatorio inflitto al ricorrente a quello dei coimputati senza offrire alcuna spiegazione, così incorrendo in una violazione dell’obbligo motivazionale e dei principi costituzionali di ragionevolezza e proporzionalità della pena. La Corte di appello ha trascurato di considerare il dictum delle diverse pronunce della Suprema Corte, anche a Sezioni Unite, in cui si è stabilito che l’aumento per la continuazione va operato non in modo onnicomprensivo bensì specificando l’entità dei singoli aumenti per i reati satellite, evitando quantificazio forfettarie, onde consentire il controllo sull’esercizio della discrezionalità de giudice nella determinazione della pena.
Per COGNOME NOME
Motivo unico: vizio di motivazione in relazione agli articoli 125 cod. proc. pen. e 81 cod. pen. limitatamente all’aumento di pena stabilito per i reati satellite.
La sentenza gravata merita di essere censurata in punto di commisurazione della pena per avere i giudici di merito disposto l’aumento per la continuazione in ragione dell’esclusione dell’aggravante ex articolo 416-bis 1 cod. pen., senza rendere alcuna motivazione in ordine alle ragioni della scelta sanzionatoria operata. Copiosa giurisprudenza di legittimità richiede un più stringente obbligo di motivazione per il giudice in relazione alla quantificazione di ciascuna aumento per il reato continuato; pertanto, vi è un preciso onere da parte del giudice di specificare in motivazione le ragioni dei singoli aumenti operati. A sostegno dell’obbligo esistente a carico del giudice (1 motivare specificamente i singoli aumenti per ciascuno dei reati satellite in :sede di quantificazione della pena complessiva per il delitto continuato, va richiamato l’argomento letterale costituito dal testo dell’articolo 533 cod. proc. pen., secondo cui, ove la condanna riguardi più reati, il giudice stabilisce la pena per ciascuno di essi e determina la pena che deve essere applicata. La ratio sottesa agli articoli 533 cod. proc. pen. e 132 cod. pen. è espressione dell’obbligo costituzionale di motivazione dei provvedimenti come strumento di controllo sulle decisioni del giudice di merito.
Per NOME
Motivo unico: violazione degli articoli 81, 132 e 133 cod. pen. per avere omesso i giudici di offrire giustificazione dell’aumento di pena per i reati posti in continuazione.
Con riferimento ai capi D) ed E) della rubrica, la motivazione della sentenza impugnata soffre di un errore genetico, relativo al calcolo complessivo della pena. Per comprendere l’errore che invalida il meccanismo sotteso al trattamento sanzionatorio riservato al COGNOME è necessario evidenziare che la pena applicata all’odierno ricorrente, fin dalla sentenza di primo grado, non era stata determinata nel dettaglio; pertanto, non era possibile comprendere quale fosse il quantum stabilito per l’aggravante di CLA all’articolo 416-bis 1 cod. pen.
Detto meccanismo si ripeteva anche nella sentenza di secondo grado annullata dalla Corte di Cassazione. La motivazione della sentenza che qui si impugna ha totalmente omesso di indicare le ragioni per le quali, escludendo l’aggravante dell’agevolazione mafiosa per i reati satellite, abbia deciso di determinare la pena nei termini indicati in dispositivo. Appare evidente come l’impugnata sentenza abbia violato l’obbligo sancito in numerose pronunce di legittimità, in forza delle quali il giudice, in materia di reato continuato, è tenu
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a stabilire in maniera dettagliata anche l’aumento di pena inflitta per i singoli reati satellite.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
Il primo motivo di ricorso avanzato da COGNOME NOME è manifestamente infondato. La difesa, nel dolersi della mancata considerazione della memoria difensiva depositata in atti, nulla dice sulla decisività delle argomentazioni ivi contenute. Il rilievo difensivo proposto è quindi formulato in termini del tutto generici.
Come è noto, non è causa di nullità del provvedimento impugnato il mancato esame del contenuto di una memoria difensiva, essendo necessario che le argomentazioni ivi rappresentate abbiano carattere di decisività, incidendo sulla completezza e congruità del provvedimento (cfr. Sez. 1, n. 26536 del 24/06/2020, Cilio, Rv. 279578 – 01:”L’onnessa valutazione di una memoria difensiva non determina alcuna nullità, ma può influire sulla congruità e sulla correttezza logico-giuridica della motivazione del provvedimento che definisce la fase o il grado nel cui ambito sono state espresse le ragioni difensive”; Sez. 2, n. 14975 del 16/03/2018, Tropea, Rv. 272542 -01).
La difesa che deduca l’omessa valutazione di una memoria, pertanto, deve indicare in fase di impugnazione quale argomento decisivo per la ricostruzione del fatto e l’esatto inquadramento della vicenda la memoria contenesse, evidenziando il nesso tra il memoriale e la pretesa nullità, pena la genericità del motivo di gravame proposto sul punto.
2.2 Del pari inammissibile è il secondo motivo di ricorso.
La difesa trascura di considerare come la dosimetria della pena sia rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, il cui ragionamento in materia è passibile di essere censurato soltanto ove sia frutto di mero arbitrio o di scelte palesemente irragionevoli (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142).
La Corte di appello, nell’escludere l’aggravante di cui all’art. 416-bis 1 cod. pen. in relazione ai reati di cui ai capi D) ed E) della rubrica, ha rideterminato la pena in anni 1 e mesi 2 di reclusione per il reato sub capo D) ed anni 1 di reclusione per il reato di cui al capo E), precisando, con riferimento a tale ultimo
episodio che il più benevolo trattamento sanzionatorio si giustifica in ragione della forma tentata del reato accertato.
La difesa, nel dolersi della determinazione della pena, in modo assertivo, sostiene che la Corte di appello avrebbe dovuto maggiormente contenere gli aumenti a titolo di continuazione.
Si tratta di un’affermazione del tutto generica, nella quale non si riconoscono elementi che consentano di individuare aspetti di criticità nella scelta a cui è pervenuto il giudice di merito in termini di mero arbitrio o palese i rrag ionevolezza.
2.3 In relazione agli aumenti a titolo di continuazione, la Corte di appello ha diversificato gli aumenti, tenendo conto del fatto che il reato sub capo E) si fosse realizzato nella forma tentata. Quanto all’entità dell’aumento apportato a titolo di continuazione, secondo consolidato orientamento di questa Corte, ove non vi siano dubbi in ordine al rispetto del limite legale del triplo della pena base ex art. 81, c:omma primo, cod. pen., in considerazione della misura contenuta degli aumenti di pena irrogati, ed ove i reati posti in continuazione siano integrati da condotte criminose seriali ed omogenee, non sussiste un obbligo di specifica motivazione per ogni singolo aumento, essendo sufficiente indicare le ragioni a sostegno della quantificazione della pena-base (Sez. 5, n. 32511 del 14/10/2020, Rv. 279770; Sez. 6, n. 44428 del 05/10/2022, Rv. 284005, così massimata:”In tema di reato continuato, il giudice di merito, nel calcolare l’incremento sanzionatorio in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, non è tenuto a rendere una motivazione specifica e dettagliata qualora individui aumenti di esigua entità, essendo in tal caso escluso in radice ogni abuso del potere discrezionale conferito dall’art. 132 cod. pen.”). Per altro verso, risulta destituita di fondamento la censura in base alla quale la Corte di appello si sia astenuta dall’esprimere una valutazione circa l’entità dei fatti sottoposti alle sue cure ai fini della determinazione della pena come sostenuto dai difensori degli imputati nei ricorsi prodotti (v. infra paragrafo 3.1). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Non incrina la correttezza della decisione l’asserita sperequazione realizzata rispetto al trattamento sanzionatorio adottato nei confronti di altri originar coimputati giudicati separatamente.
Il rilievo è del tutto generico. La difesa si è limitata ad affermare come le posizioni degli altri coimputati fossero assimilabili a quella del ricorrente, senza addurre elementi in grado di supportare tale asserzione.
Anche le censure avanzate da COGNOME NOME e COGNOME NOME risultano manifestamente infondate.
Entrambi i ricorrenti si dolgono della mancanza di motivazione in ordine agli aumenti apportati a titolo di continuazione per i reati satellite, proponendo censure di contenuto analogo, a cui può essere fornita una risposta unitaria in questa sede.
Occorre osservare come la pena inflitta in continuazione per le fattispecie di reato di cui ai capi D) ed E) della rubrica, riguardanti l’importazione ed il tentativo di importazione di rilevanti quantitativi di cocaina, sia stata contenuta entro limiti assai modesti, che si collocano al di sotto della media edittale; tale scelta, come già detto in precedenza (cfr. paragrafo 2.3), non richiede uno specifico onere motivazionale da parte del giudice di merito.
In tema di determinazione della pena nel reato continuato, infatti, pur sussistendo in linea di principio l’obbligo di dar conto delle ragioni della quantificazione dell’aumento di pena per il reato satellite, qualora la misura di detto aumento sia di entità modesta e non si ponga al di sopra della media della pena irrogabile a titolo di continuazione, non sussiste un obbligo di specifica motivazione, essendo in tal caso sufficiente il richiamo alla adeguatezza e alla congruità dell’aumento (Sez. 4, n. 48546 del 10/07/2018, IRv. 274361). Tale indirizzo ermeneutico ha trovato conferma nel recente dictum delle Sezioni Unite “Pizzone” nelle quali si è precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è comunque correlato all’entità degli stessi (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Rv. 282269).
3.1 Peraltro, la Corte di appello, nel corpo della motivazione, ha dato conto di avere valutato e soppesato l’entità dei fatti sottoposti alla sua attenzione, pervenendo ad un implicito giudizio di congruità, tradottosi nella scelta sanzionatoria adottata, la quale, essendo scevra da evidenti aporie logiche, rimane insindacabile in questa sede. Precisamente, a pag. 16 della sentenza la Corte di appello ha dato conto della gravità degli episodi di cui si sono resi responsabili gli imputati e dell’allarmante contesto delinquenziale in cui essi sono stati realizzati.
E’ il caso di rammentare come gli aspetti riguardanti il parametro valutativo espresso dal giudice con riferimento alla determinazione della pena non necessariamente debbano essere contenuti nella parte destinata alla quantificazione della pena, ben potendo essere validamente desunti anche dal complesso argomentativo della sentenza (così Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, Rv. 267949: “In tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, se il parametro valutativo è desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena”).
Le considerazioni che precedono valgono anche con riferimento alla porzione di pena in diminuzione stabilita dai giudici di merito in seguito all’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 416-bis 1 cod. pen., su cui si appuntano le critiche difensive di COGNOME NOME. L’entità di tali diminuzioni, pari a mesi 8 di reclusione per il capo D) e mesi 4 di reclusione per il capo E) della rubrica, attenendo alla dosimetria della pena, non può essere sindacata in questa sede ove non sia frutto, come nel presente caso, di mero arbitrio (cfr. la già citata Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142).
Consegue alla declaratoria d’inammissibilità dei ricorsi la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., al versamento della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
In Roma, così deciso il 13 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Pr idente