Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20908 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20908 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 6/6/1989
avverso l’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Napoli del 14/10/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 14.10.2024, il G.i.p. del Tribunale di Napoli ha provveduto, in funzione di giudice dell’esecuzione, su una istanza di NOME COGNOME di applicazione della continuazione ai reati oggetto di due sentenze di condanna per rapine, la prima del G.u.p. del Tribunale di Napoli del 26.2.2016 (conf ermata dalla Corte d’Appello in data 15.4.2022, irrevocabile il 6.6.2023) e la seconda del G.u.p. del Tribunale di Napoli Nord del 13.1.2015 (irrevocabile il 24.10.2016).
Il giudice dell’esecuzione ha accolto l’istanza, in quanto le azioni delittuose sono state poste in essere in un medesimo contesto di tempo e di luogo, e ha rideterminato il trattamento sanzionatorio, individuando quale pena base quella, irrogata per la più grave rapina di cui al capo B) della sentenza del 13.1.2015, di sette anni di reclusione e 1.032 euro di multa; aumentata per la continuazione a nove anni e tre mesi di reclusione ed euro 1.300 di multa; ulteriormente aumentata per la continuazione con i reati di cui ai capi D), E), F) e G) della sentenza del 13.1.2015 di anni uno di reclusione e 200 euro di multa per ciascun reato, per complessivi tredici anni e tre mesi di reclusione ed euro 2.100 di multa; aumentata di quattro anni di reclusione e 450 euro di multa per il reato di cui al capo D) della sentenza del 26.2.2016 e di un anno e sei mesi di reclusione ed euro 450 di multa per il reato di cui al capo B) della sentenza del 26.2.2016, per una pena complessiva di diciotto anni e nove mesi di reclusione e 3.000 euro di multa; ridotta per il rito a dodici anni e sei mesi di reclusione e 2.000 euro di multa.
Avverso la predetta ordinanza, ha presentato ricorso il difensore di Arcopinto , articolando un unico motivo, con cui deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza o manifesta illogicità della motivazione, in ordine alla determinazione degli aumenti di pena per la continuazione.
Lamenta, in particolare, che l’ordinanza manchi di un percorso giustificativo degli aumenti di pena per la continuazione, i quali peraltro sono considerevoli.
Con requisitoria scritta trasmessa il 17.2.2025, il Sostituto Procuratore Generale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, osservando che è stato disatteso il principio secondo il quale il giudice dell’esecuzione, nel procedere alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio per effetto dell’applicazione della disciplina del reato continuato, non può quantificare gli aumenti di pena per i reati-satellite in misura superiore a quelli fissati dal giudice della cognizione con la sentenza irrevocabile di condanna.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni che si esporranno di seguito, non prima di avere ricostruito più precisamente il contenuto delle sentenze di condanna emesse a carico di Arcopinto nella fase della cognizione e, conseguentemente, il tenore dell’ordinanza impugnata.
Dagli atti, risulta che il reato più grave, tra quelli oggetto dell’istanza di applicazione della continuazione, è stato correttamente individuato dal giudice dell’esecuzione ed è la rapina aggravata di cui al capo B) della sentenza del 13.1.2015: la pena inflitta per tale reato, come riformata in data 13.11.2015 dalla Corte d’Appello di Napoli, è di sette anni di reclusione e 1.032 euro di multa.
Si tratta della pena base da cui, pertanto, ha bene preso le mosse la rideterminazione della pena operata dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 671, comma 2, cod. proc. pen.
Quindi, l’ordinanza impugnata quantifica su tale pena un primo aumento fino a nove anni e tre mesi di reclusione e 1.300 euro di multa, che applica a titolo di una non meglio precisata ‘continuazione’ (senza indicare, cioè, il reato o i reati che unifica al primo quali esecutivi di un medesimo disegno criminoso) e che in realtà rappresentava in sede di cognizione l’aumento operato per la recidiva ex art. 99, comma quarto, cod. pen.
Il g.i.p., inoltre, conferma per i reati di cui ai capi D), E), F) e G) della sentenza del 13.1.2015, già posti in continuazione interna dal giudice della cognizione con il più grave reato di rapina impropria di cui al capo B), l’aumento di un anno di reclusione e 200 euro di multa ciascuno.
A questo punto, l’ordinanza passa a prendere in considerazione gli altri due reati di rapina impropria per i quali RAGIONE_SOCIALE è stato condannato con la sentenza del 26.2.2016: dagli atti, risulta che, dei due, quello di cui al capo D) era il reato più grave e che la pena base era stata determinata in sei anni di reclusione e 1.500 euro di multa, mentre quello di cui al capo B) era stato già unificato al primo, sotto il vincolo della continuazione, dal giudice della cognizione, che aveva quindi operato un aumento ex art. 81, comma secondo, cod. pen., di un anno e sei mesi di reclusione e 1.000 euro di multa.
Ebbene, nel provvedimento impugnato il giudice dell’esecuzione ha aumentato la pena di quattro anni di reclusione e 450 euro di multa per il reato di cui al capo D) e di un anno e sei mesi di reclusione e 450 euro di multa per il reato di cui al capo B).
Così ricostruito il tenore dell’ordinanza impugnata, deve ricordarsi che, in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U, n. 47127 del 24/6/2021, COGNOME, Rv. 282269; Sez. U, n. 7930 del 21/4/1995, P.m. in proc. COGNOME, Rv. 201549 -01).
La Corte di cassazione ha precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi, in
modo tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene.
Più volte è stato posto l’accento sul profilo della ragionevolezza della dosimetria della pena, quando si è evidenziato che l’onere di specificare le ragioni dell’aumento a titolo di continuazione per i singoli reati serve anche a evitare che si determini una sperequazione del trattamento sanzionatorio per medesime fattispecie di reato (Sez. 6, n. 48009 del 28/9/2016, COGNOME e altri, Rv. 268131 -01 ; Sez. 1, n. 21641 dell’8/1/2016, COGNOME e altro, Rv. 266885 -01).
Né è derivata, dunque, l’affermazione secondo cui, ove si operi una quantificazione diversificata per fattispecie di reato medesime, è necessario indicarne le ragioni ed ‘ evidenziare le difformi caratteristiche, proprio per giustificare tale sperequazione determinativa ‘ (Sez. 6, n. 7777 del 29/1/2013, COGNOME, Rv. 255052 -01, in motivazione).
La motivazione, dunque, serve a superare il sospetto di irragionevolezza di una decisione che determina le pene, quella del reato più grave e quelle dei reati satellite, senza rispettare il criterio di proporzionalità reciproca e in misura tale da configurare, sia pure in astratto, una ipotesi di cumulo materiale dei reati. Di conseguenza, è necessario dare conto delle ragioni per cui si perviene a determinate quantificazioni degli aumenti di pena.
Nel caso di specie, i reati fra i quali è stato riconosciuto il vincolo della continuazione in sede di esecuzione sono tutte rapine aggravate.
Sulla pena irrogata in cognizione per quella che è stata individuata come la rapina più grave, sono stati operati sei aumenti di pena, cinque dei quali nella medesima misura già individuata dal giudice della cognizione, quando aveva riconosciuto la continuazione interna tra tali reati nei due giudizi al l’ esito dei quali erano state emesse le sentenze oggetto dell’istanza difensiva di applicazione della disciplina della continuazione.
In particolare, i cinque aumenti in questione sono rimasti compresi, in modo sostanzialmente omogeneo, entro una forbice contenuta tra un anno e un anno e sei mesi di reclusione.
Il sesto aumento di pena detentiva -quello stabilito in relazione alla rapina aggravata su cui era stata calcolata la pena base della sentenza del 26.2.2016 -è stato pari, invece, a quattro anni di reclusione.
Dunque, si tratta di un aumento di nient’affatto contenuta entità , peraltro nemmeno di molto inferiore alla pena che era stata inflitta per quel reato in sede di cognizione, e, soprattutto, determinato in una misura considerevolmente superiore a quella fissata per le altre rapine poste in continuazione.
Ciò nonostante, nessuna enunciazione degli elementi presi in considerazione per determinar e l’aumento di pena in questa misura è contenuta nell’ordinanza impugnata.
La motivazione dell’ordinanza non indica in alcun modo le ragioni sottese all’aumento e i criteri autonomamente adottati in sede di esecuzione, così mancando di dare dimostrazione di aver tenuto conto degli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen.
Questo vuol dire, pertanto, che ne è derivata una non motivata sperequazione del trattamento sanzionatorio per fattispecie di reato analoghe, la quale, in tanto può essere applicata in sede di esecuzione, in quanto sia ancorata alla evidenziazione -che nel caso di specie è mancata -di caratteristiche difformi tra le condotte concrete che la giustifichino.
4 . Ne consegue, pertanto, che l’ordinanza impugnata deve essere annullata limitatamente alla misura dell’aumento di pena disposto per la continuazione, con rinvio al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli per un nuovo esame alla luce dei principi fin qui delineati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata relativamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Napoli – Ufficio g.i.p.
Così deciso il 19.3.2025