Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11939 Anno 2019
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11939 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 18/01/2019
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il 29/03/1967
avverso l’ordinanza del 18/04/2018 del TRIBUNALE di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in rubrica il Tribunale di Napoli, in funzione di gi dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza con cui COGNOME NOME aveva chie l’applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva, ex ar cod.proc.pen., con riguardo ai fatti giudicati con le sentenze pronuncia 13.06.2007 dal GUP del Tribunale di Napoli, il 10.04.2013 dal Tribunale d Napoli, il 23.06.2010 dal GUP del Tribunale di Napoli, aventi ad oggetto condanna del Mazza – rispettivamente – per il reato associativo di cui all’ar bis cod.pen., commesso sino al febbraio 2005, per il tentato omicidio di COGNOME NOME e le connesse violazioni della disciplina delle armi, aggravati ex legge n. 203 del 1991, commessi il 2.07.2005, e per la ricettazione e il illegale di un’arma avente matricola abrasa, commessi 18.03.2010.
Il giudice dell’esecuzione, ritenuto giudiziariamente accertato che il COGNOME a partecipato all’associazione camorristica denominata clan Misso sin da epo antecedente al 1990, assumendone la qualità di organizzatore a partire dicembre 2003, escludeva l’esistenza di elementi idonei a sostenere che tentato omicidio di Puglia Salvatore, commesso il 2.07.2005, fosse riconducibi nella sua programmazione al momento in cui il COGNOME aveva aderito al sodalizio criminale o ne aveva assunto, nel dicembre 2003, un ruolo di vertice, considerazione sia della distanza temporale tra i fatti, sia del ruolo in c rivestito dal Mazza nell’associazione camorristica, sostanzialmente estrane fatti di sangue e dedito invece alla gestione delle attività illecite colle aste del monte dei pegni, sia delle contingenze occasionali, non immaginabili momento dell’insorgenza del vincolo associativo, in cui era maturato l’aggu nei confronti del Puglia, costituite dall’esigenza di contrastare l espansionistiche del clan COGNOME, fino ad allora alleato dei Misso, sosten il clan NOME; valorizzava inoltre il rilevante intervallo temporale che separa fatti dalla violazione della disciplina delle armi commessa il 18.03.2010, momento in cui non vi era prova della permanenza del vincolo associativo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2. Ricorre per cassazione COGNOME AntonioCOGNOME a mezzo del difensore, deducendo due motivi di censura.
Dopo aver riassunto la vicenda processuale e individuato i punti dell’ordina gravata oggetto di censura, il ricorrente lamenta, nel primo motivo, violazion legge, in relazione agli artt. 81, 416 bis, 575, 577,comma 1,n. 3 cod.pen. disp.att. cod.proc.pen., 7 legge n. 203 del 1991, nonché vizio della motivazi con riguardo al diniego della continuazione tra il reato associativo e il omicidio di NOME Salvatore; premesso che il Mazza aveva assunto un ruol apicale nell’organizzazione camorristica fin dal 1996, il ricorrente enuncia i distintivi dell’associazione mafiosa e i principi affermati dalla giurisprude
I ?
tema di concorso nei reati-fine e di continuazione tra questi e il reato assoc evidenziando le particolarità del programma criminoso delle associazioni p delinquere di stampo mafioso, contemplante ab origine la commissione dei reat corollario funzionali a consentire l’affermazione e preservare la dinamicit sodalizio; la natura di associazione che delinque, e non per delinquere, sodalizio mafioso, impone, secondo il ricorrente, di ricondurre all’origi programmazione associativa la consumazione di ogni delitto fisiologicamente inteso a conseguirne lo scopo, in particolare di quelli finalizzati a favo supremazia territoriale del clan; deduce che il COGNOME aveva sempre operat all’interno del clan COGNOME e che il tentato omicidio del 2.07.2005, aggrava art. 7 legge n. 203 del 1991, era stato commesso proprio per affermare supremazia del clan in una zona aggredita dal clan avverso dei COGNOME rilevando l’inconferenza dell’estraneità del Mazza ad altri fatti di sangue, ai pregressi periodi di lunga carcerazione.
Col secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge, in relazione artt. 81, 416 bis, 648, 669 cod.pen., 187 disp.att. cod.proc.pen., 10 e 14 n. 497 del 1974, 23 legge n. 110 del 1975, nonché vizio della motivazion deducendo la riconducibilità del reato in materia di armi commesso il 18.03.20 all’esplicazione del metodo mafioso sul territorio controllato dal clan Misso permanenza nel tempo del vincolo associativo a prescindere dal relati accertamento giudiziale.
3. Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo il rig del ricorso.
4. Il ricorrente ha ribadito e rinnovato le censure mosse all’ordinanza impugna con memoria successiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile in ogni sua deduzione.
2. L’ordinanza impugnata ha fatto coerente e argomentata applicazione al caso di specie del principio di diritto, consolidato nella giurisprudenza di questa per cui l’unicità del disegno criminoso, postulata dall’istituto della continu esige, anche in sede esecutiva, la prova che i reati separatamente giud costituiscano la realizzazione di un medesimo programma ideato e delineato fi dall’inizio, nelle sue linee essenziali, nella mente del soggetto, nel senso dal momento della commissione della prima violazione, le altre e successiv devono essere già state deliberate, per cui le singole manifestazioni della vo violatrice della norma o delle norme penali esprimono l’attuazione, sia p dilazionata nel tempo, di un’unica, originaria, determinazione intellettiva, quale costituiscono parte integrante (ex plurimis, Sez. 5 n. 49476 del 25/09/2009, Rv. 245833, imputato Notaro).
Si tratta di un principio che deve trovare puntuale applicazione anche nel ca cui il riconoscimento della continuazione sia stato chiesto dall’interessato reato associativo e i (pretesi) reati-fine, essendo il reato continuato confi esclusivamente quando i reati-fine siano stati programmati nelle loro li essenziali sin dal momento della costituzione del sodalizio criminoso dell’adesione ad esso dell’autore delle condotte delittuose successive (Sez 40318 del 4/07/2013, Rv. 257253; Sez. 8451 del 21/01/2009, Rv. 243199). 1 n. In particolare, è stata esclusa la sussistenza della continuazione tra i associativo e quei reati-fine che, pur rientrando nell’ambito delle attiv sodalizio criminoso ed essendo finalizzati al suo rafforzamento, non era programmabili ab origine perché legati a circostanze ed eventi contingent occasionali o, comunque, non immaginabili al momento della costituzione del vincolo associativo (Sez. 6 n. 13085 del 3/10/2013, Rv. 259481).
Nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione ha puntualmente valorizzato, effetti di escludere la continuazione, oltre alla distanza temporale che se diversi fatti e alla sostanziale estraneità del Mazza – incaricato di ges conto del clan di appartenenza le attività illecite collegate alle aste del m pegni – ai delitti di sangue commessi nell’interesse dell’organizzazione crimi proprio la natura contingente ed estemporanea delle circostanze in cui insorta la decisione di attentare, nel luglio 2005, alla vita del Puglia, scat deterioramento dei rapporti col clan COGNOME, fino ad allora legato da storica alleanza col clan COGNOME partecipato dal ricorrente, costituente perc evento sopravvenuto che non era immaginabile al momento dell’adesione del COGNOME al sodalizio camorristico e dell’assunzione da parte sua, nel dicem 2003, di un ruolo organizzativo di tipo apicale; il diniego della continuazi stato argomentato, a maggior ragione, con riferimento all’occasionalità d condotta consistita nel porto illegale dell’arma clandestina commesso cinque a ì’ dopo, nel 2010, in un momento in cui neppure era dimostrata la permanenza del vincolo associativo.
3. Le deduzioni critiche del ricorrente, che sostanzialmente non contestano materialità dei dati di fatto valorizzati dall’ordinanza impugnata (se no riguardo alla dedotta risalenza al 1996 del ruolo apicale assunto dal Ma nell’organizzazione camorristica, nonché alla sua perdurante militan associativa al momento della violazione della disciplina delle armi accerta 18.03.2010), consistono – essenzialmente – nella prospettazione di una dive ricostruzione teorica della configurabilità della continuazione tra i associativo e le singole violazioni della legge penale commesse in attuazione programma del sodalizio criminale allorché quest’ultimo possieda i requis dell’art. 416 bis cod.pen., nel senso di inferire l’esistenza dell’unicità de j.. )
criminoso dalla necessaria strumentalità dei reati-fine all’affermazione preservazione del controllo esercitato dalla cosca sul territorio, costit tratto tipico e caratteristico dell’associazione mafiosa.
La censura così prospettata si rivela manifestamente infondata, e come t inammissibile, sia perché si pone in aperto contrasto con l’orientam assolutamente consolidato di questa Corte, e con la stessa disciplina pos dell’art. 81 cod.pen., che individua l’essenza del reato continuato riconducibilità delle diverse violazioni a una medesima, originaria, risoluz criminosa, che le ricomprenda tutte – almeno nei loro elementi essenziali un’unica ideazione e deliberazione, mentre la tesi propugnata dal ricorr finisce col ricondurre nell’alveo della continuazione, in modo presso automatico, tutti i reati funzionali al rafforzamento dell’organizzazione ma costituenti manifestazione della sua operatività, e che ben possono costi oggetto, invece, di autonome e distinte deliberazioni insorte in momenti diver successivi, così come motivatamente ritenuto, nella specie, dall’ordina impugnata; sia perché la censura omette, perciò, di confrontarsi concretamen con le ragioni argomentative dell’ordinanza gravata e difetta, sotto tale pr del requisito della specificità (Sez. 2 n. 36406 del 27/06/2012, Rv. 253893).
4. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrent pagamento delle spese processuali, nonché al versamento alla cassa del ammende della sanzione pecuniaria equamente quantificata in 3.000,00 euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento d spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa d Ammende.
Così deciso il 18/01/2019