Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13996 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13996 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME Napoli il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/05/2023 della Corte di assise di appello di Napoli udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, COGNOMEAVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigett del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata, la Corte di assise di appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza di applicazione del vincolo della continuazione, ex art. 671 cod. proc. pen., tra reati giudicati con due sentenze definitive, emesse nei confronti di NOME COGNOME, per i reati di associazione di tipo mafioso, tentato omicidio in concorso, commesso il 5 gennaio 1996, tentato omicidio in concorso, commesso in data 18 luglio 2004 e violazione della normativa in tema di armi (sentenza della Corte di appello di Napoli emessa in data 10 marzo 2015), nonché per il reato di omicidio aggravato in concorso, commesso il 5 gennaio 1997, ai danni di COGNOME (sentenza della Corte di assise di appello di Napoli emessa in data 8 maggio 2019).
2.Avverso detto provvedimento propone tempestivo ricorso il condanNOME, per il tramite del difensore, AVV_NOTAIO, che denuncia erronea applicazione dell’art. 81, comma secondo, cod. pen.
L’ordinanza impugnata nega l’esistenza del vincolo della continuazione perché mancherebbero elementi di conferma della sussistenza del medesimo disegno criminoso tra il reato di associazione mafiosa ascritto al ricorrente nella sentenza della Corte di appello, nella qualità di membro del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e i due episodi delittuosi commessi in danno di COGNOME e COGNOME, stante l’insussistenza di un unico disegno criminoso che prevedesse l’eliminazione fisica dei due soggetti poi attinti dall’azione omicidiaria.
Questa statuizione, secondo la difesa, in realtà non tiene conto del fatto che l’istanza non era diretta a riconoscere la continuazione tra il reato associativo e i due reati omicidiari trattandosi, per il tentato omicidio ai danni di COGNOME, d unicità del disegno criminoso già riconosciuta con la medesima sentenza della Corte di appello che ha giudicato COGNOME per il reato associativo.
La richiesta, invece, fa riferimento al riconoscimento della continuazione tra questi episodi, già giudicati con la sentenza della Corte di appello, comprensivi del tentato omicidio ai danni di COGNOME, con un ulteriore episodio delittuoso, relativo all’omicidio compiuto ai danni di COGNOME, giudicato con la seconda sentenza resa dalla medesima autorità giudiziaria.
Si evidenzia, poi, che l’omicidio di COGNOME si colloca nello stesso storico contesto in cui si è verificato il tentato omicidio ai danni di COGNOME e che l condotta associativa è stata già, peraltro, ritenuta avvinta dalla continuazione dalla richiamata sentenza della Corte di appello di Napoli a quella del tentato omicidio.
Quanto alla parte dell’ordinanza che nega la continuazione con l’omicidio di COGNOME, perché ritenuto commesso in un contesto criminale caratterizzato dalla guerra tra RAGIONE_SOCIALE, ma avvenuto per un fatto ritorsivo e per una scelta sopravvenuta, adottata dai killer nel corso dell’azione di fuoco, la difesa sostiene che l’episodio era pacificamente maturato nell’ambito associativo. Anzi si rimarca che l’episodio era maturato con riferimento all’accordo di divisione degli introiti estorsivi e con riferimento alla violazione del patto relativo alla ripartizione detti introiti.
Detta collocazione, a parere del ricorrente, non integra un nuovo momento ideativo ma è l’occasione di attuazione di un progetto che era già stato ideato al momento della preparazione delle liste delle persone da colpire, esistente all’atto dell’adesione al diverso RAGIONE_SOCIALE da parte del ricorrente.
Il ricorrente, secondo la prospettazione difensiva, aderisce al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e in quello stesso momento assume anche lo scopo di eliminare i soggetti di primo piano dell’avversario RAGIONE_SOCIALE COGNOMERAGIONE_SOCIALE.
Pertanto, la vittima designata, COGNOME, in quanto esponente di spicco del RAGIONE_SOCIALE era già individuato al momento genetico dell’adesione del ricorrente all’associazione.
L’azione, anche se eseguita ai danni di COGNOME, è esplicitata sia nella sua materialità sia nella sua componente soggettiva, tenuto conto che la vittima è un avversario, così individuato già dal momento dell’adesione di COGNOME al RAGIONE_SOCIALE COGNOME.
Si tratta di ricostruzione che corrisponderebbe, secondo il ricorrente, al contenuto della sentenza di primo grado che ha riconosciuto COGNOME responsabile dell’omicidio.
L’ordinanza impugnata opererebbe una riduttiva ricostruzione delle dichiarazioni del collaboratore COGNOME, limitando l’esame di dette dichiarazioni soltanto al momento esecutivo dell’episodio omicidiario, omettendo ogni riferimento all’autentico fattore causale, rappresentato dal progetto di uccidere tutti gli appartenenti al RAGIONE_SOCIALE avversario /tra cui COGNOME in quanto inserito nell’apposita lista di soggetti di eliminare.
Vi era, quindi, al momento dell’adesione di COGNOME al RAGIONE_SOCIALE ià un programma diretto all’eliminazione degli affiliati del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE indicati in una lista.
COGNOME era un soggetto affiliato al RAGIONE_SOCIALE il soggetto più vicino a COGNOME, essendo divenuto suo autista di fiducia. Vittima designata era COGNOME mentre nel corso del raid per eliminare quest’ultimo si è verificata l’uccisione di COGNOME, quale mera variante del momento esecutivo.
Secondo la difesa, infine, la scelta di colpire COGNOME invece del COGNOME non recide l’iniziale programma cui COGNOME aveva aderito quale appartenente al
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE–COGNOME in quanto, comunque, lo stesso COGNOME era affiliato al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e quindi rientrava nel novero dei soggetti da colpire in quanto appartenente al sodalizio avversario.
Il reato fine, che può essere riconosciuto come connesso per la sussistenza dell’identità del disegno criminoso, peraltro, non deve essere precisamente indicato, in tutti i suoi elementi caratterizzanti, al momento della ideazione criminosa, ma soltanto nelle sue caratteristiche essenziali secondo la giurisprudenza di legittimità che è stata, quindi, non applicata correttamente nel caso di specie.
3.11 Sostituto Procuratore generale di questa Corte, COGNOME, ha chiesto con requisitoria scritta il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
2. Rileva il Collegio che il riconoscimento del vincolo della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, di un’approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074 – 01).
Grava, altresì, sul condanNOME che invochi l’applicazione della disciplina del reato continuato l’onere di allegare elementi specifici e concreti a sostegno (tra le altre, Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME, Rv. 267580).
In coerenza con tali principi giurisprudenziali, si ritiene che non può essere rilevante dal punto di vista unificante la mera contestualità delle condotte né è configurabile la continuazione tra il reato associativo e quei reati fine che, pur rientrando nell’ambito delle attività del sodalizio criminoso ed essendo finalizzati al suo rafforzamento, non erano programmabili perché legati a circostanze ed eventi contingenti e occasionali. (Sez. 6, n. 4680 del 20/01/2021, Raiano, Rv. 280595; Sez. 5, n. 54509 del 08/10/2018, COGNOME, Rv. 275334; 6, n. 13085 del 03/10/2013, dep. 2014, Amato, Rv. 259481).
In ogni caso, si ritiene che il reato fine debba essere stato già programmato, almeno nelle sue linee essenziali, al momento dell’adesione del suo autore al sodalizio, laddove l’istanza di riconoscimento del vincolo della
continuazione attenga a delitto associativo, da un lato, e a reati fine, dall’altr (tra le altre, Sez. 1, n. 23818 del 22/06/2020, Toscano, Rv. 279430 – 01, nel senso che è ipotizzabile la continuazione tra il reato di partecipazione ad associazione mafiosa e i reati fine, a condizione che il giudice verifichi puntualmente che questi ultimi siano stati programmati al momento in cui il partecipe si è determiNOME a fare ingresso nel sodalizio: in motivazione, la Corte ha aggiunto che, ove si ritenesse sufficiente la programmazione dei reati fine al momento della costituzione del sodalizio, si finirebbe per configurare una sorta di automatismo nel riconoscimento della continuazione e del conseguente beneficio sRAGIONE_SOCIALEoNOMErio, in quanto tutti i reati commessi in ambito associativo dovrebbero ritenersi in continuazione con la fattispecie di cui all’art. 416-bis cod. pen.)
Tali essendo i principi cui il Collegio intende dare continuità, si osserva che il provvedimento censurato ha chiarito, con valutazione di merito, dunque incensurabile in questa sede, come gli indici emersi non confortino la conclusione della sussistenza della dimostrazione che ab initio l’intera serie, pur nelle grandi linee, fosse stata unitariamente programmata al momento dell’adesione di COGNOME al sodalizio, fatto per il quale questi ha riportato condanna con la sentenza sub 1.
COGNOME, secondo la Corte di assise di appello, è esponente del RAGIONE_SOCIALE NOMECOGNOME che transita in quello denomiNOME COGNOME–RAGIONE_SOCIALE solo dopo il 19 giugno 1997, data della morte dei capi dell’organizzazione NOMECOGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Secondo la descrizione degli accadimenti che si ricava dalla motivazione del provvedimento impugNOME, i due fatti omicidiari giudicati con le sentenze irrevocabili si collocano in epoca precedente al passaggio di COGNOME nell’altra fazione, essendo il tentato omicidio COGNOME del 5 gennaio 1996 e risalendo l’omicidio COGNOME, al gennaio 1997, periodo in cui il ricorrente era ancora appartenente al RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE ponendosi tale fatto omicidiario quale antecedente causale del duplice omicidio di NOME e COGNOME, avvenuto nel mese di giugno 1997 (cfr. p. 2 dell’ordinanza impugnata).
La difesa assume che il reato associativo / per il quale il ricorrente ha riportato condanna, attiene alla sua militanza nel RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, riguardando, entrambi gli episodi omicidiari, avversari del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e collocandosi il tentato omicidio di COGNOME in un momento in cui COGNOME era integrato a pieno titolo nel RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, mentre COGNOME apparteneva alla fazione RAGIONE_SOCIALE. Si tratta, per il ricorrente, di fatto reputato non ancora legato, in alcun modo, al passaggio di COGNOME nell’altro gruppo, pur essendo riferibile detto episodio a contrasti tra RAGIONE_SOCIALE coesistenti sul medesimo territorio.
Secondo il ricorrente, quando vi è l’omicidio COGNOME, vi è già, per la difesa, aspro contrasto tra i RAGIONE_SOCIALE per la ripartizione degli introiti e si sceglie di sopprimere un componente del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, perché questo gruppo non aveva rispettato l’accordo sulla ripartizione dei proventi (nella misura del cinquanta per cento per ciascuna fazione).
Lo stesso ricorso assume che, già in questo momento, COGNOME stava programmando di transitare con gli avversari e che tale decisione maturerà solo dopo la morte dei capi del suo gruppo (RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE).
Il Collegio osserva, in ogni caso, che entrambe le prospettazioni sono, in definitiva, convergenti sulla circostanza della natura estemporanea della decisione di uccidere non la vittima designata, COGNOME, ma di colpire COGNOME, pur appartenente al gruppo RAGIONE_SOCIALE, ma solo in quanto autista di COGNOME e, comunque, bersaglio ritenuto più semplice.
Sicché tale determinazione deve considerarsi, come ha fatto, con ragionamento ineccepibile, la Corte di assise di appello, del tutto occasionale ed estemporanea. Invero, per come viene descritta dal giudice clell’esecuzione, con ragionamento non manifestamente illogico, la scelta di sopprimere COGNOME è frutto di una deliberazione occasionale, cui si addiviene per ragioni di “praticità” di esecuzione da parte dei killer e, comunque, legata a uno specifico movente ritorsivo, relativo al verificarsi della mancata corresponsione di proventi al cinquanta per cento, difficilmente già ipotizzabile fin dal momento dell’adesione al sodalizio di COGNOME al RAGIONE_SOCIALE.
Diversamente, il ricorso si incentra sulla (asserita) sussistenza del vincolo tra l’omicidio COGNOME e il delitto associativo, dal punto di vista strategico, e si assume che tale programma delittuoso era esistente all’inizio dell’affiliazione di COGNOME al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, perché vi era un (generico) progetto di uccidere tutti gli esponenti del RAGIONE_SOCIALE COGNOMERAGIONE_SOCIALE, reputati avversari.
Su tale punto, tuttavia, il Collegio osserva che alcuna specifica deduzione svolge il ricorrente circa il momento dell’affiliazione al sodalizio da parte d COGNOME, come accertato in sede di cognizione, onde poter senz’altro ricavare, dalla collocazione temporale di tale momento, la prossimità di questa scelta a quella di provvedere alla eliminazione di tutti gli avversari del RAGIONE_SOCIALE.
Della lista di vittime designate, poi, si riceve indicazione con il ricorso, senza la precisa collocazione temporale rispetto al momento dell’adesione di COGNOME al RAGIONE_SOCIALE, epoca alla quale, per poter essere tale circostanza rilevante ai fini del riconoscimento della continuazione, già doveva esistere il medesimo disegno criminoso di uccidere COGNOME.
Del resto, la ricostruzione degli stretti rapporti tra COGNOME e COGNOME, della vicinanza di questo al primo e dell’esistenza di COGNOME nella lista di
vittime designate è versata in fatto e pretenderebbe la rilettura, da parte di questa Corte, di risultanze istruttorie non consentita al giudice di legittimità.
In definitiva, osta al riconoscimento della continuazione, l’impossibilità, in questa sede, alla stregua della motivazione non manifestamente illogica offerta dal giudice dell’esecuzione, di ritenere che vi fosse un disegno iniziale all’interno del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di uccidere tutti i membri del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, fin dal momento dell’affiliazione di COGNOME al sodalizio (fatto per i quale ha riportato condanna), nonché la specifica motivazione ritorsiva cui fa riferimento l’ordinanza e il carattere del tutto occasionale della materiale eliminazione di soggetto diverso da colui (COGNOME) che, secondo la prospettazione difensiva, era venuto meno ai patti convenuti tra i due RAGIONE_SOCIALE circa la ripartizione dei proventi delle estorsioni.
4.Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen. al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 15 novembre 2023
Il Co sigliere estensore
Il Presidente