Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 45211 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 45211 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a PALERMO il 26/10/1958
avverso l’ordinanza del 24/06/2024 della CORTE ASSISE APPELLO di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe la Corte di assise di appello di Palermo, provvedendo in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza con la quale NOME COGNOME aveva richiesto, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., il riconoscimento della disciplina del reato continuato in ordine alle pene inflittegli per i reati giudicati con sentenze irrevocabili: 1) il 4 dicembre 1997; 2) il 5 marzo 2002; 3) il 3 luglio 2003; 4) il 29 novembre 2019; 5)1’8 giugno 2023.
Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il difensore, deducendo doglianze affidate a due motivi.
2.1. Con il primo motivo denunzia violazione degli artt. 81 cod. pen., e 671, cod. proc. pen., nonché vizi della motivazione in relazione al diniego dell’applicazione del cumulo giuridico di cui alla continuazione, in ordine alle pene inflitte al ricorrente per il reato di cui all’ad 416-bis, cod. pen., per il quale l stesso aveva riportato, con tre delle sentenze di cui sopra, separate condanne, concernenti diversi periodi della partecipazione all’associazione RAGIONE_SOCIALE.
Deduce che al riguardo il provvedimento impugnato ha individuato, quale unica ragione ostativa, la natura permanente del reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., così disattendo i principi esposti nella sentenza Corte cost. n. 53 del 2018.
2.2. Con il secondo motivo denunzia gli stessi vizi, con riferimento alla decisione di rigetto intervenuta anche per i restanti reati separatamente giudicati.
Rileva che non è stata correttamente considerata la compatibilità della continuazione fra il reato associativo di cui sopra e gli altri reati fine per cui è pure intervenuta condanna, quando, come nel caso di specie, il programma associativo al quale si è permanentemente aderito preveda preventivamente, trattandosi dell’organizzazione Cosa Nostra, la commissione, nelle linee essenziali, di determinati reati – fra cui quello di omicidio – poi sopraggiunti ai fini associativi.
Rileva, inoltre, che alcuna effettiva motivazione è stata rassegnata in particolare a giustificazione del diniego della continuazione fra i reati di trasferimento fraudolento di valori, giudicati con le sentenze sopra indicate sub 2) e 4).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo del ricorso è fondato, mentre il secondo non lo è.
Come rilevato dalla Corte cost. (sent. 53 del 07/02/2018), la giurisprudenza di legittimità ha da tempo affermato che f in tema di delitti associativi, l’accertamento contenuto nella sentenza di condanna delimita la protrazione temporale della permanenza del reato con riferimento alla data finale cui si riferisce l’imputazione ovvero alla diversa data ritenuta in sentenza, o, nel caso di contestazione c.d. aperta, alla data della pronuncia di primo grado. Tale, interruzione giudiziale della permanenza, ne “frantuma” l’unità sostanziale, di modo che la successiva prosecuzione della condotta può dar luogo all’applicazione dell’istituto della continuazione e, dunque, del cumulo giuridico in ordine alle pene separatamente inflitte per i diversi segmenti temporali della (ininterrotta) condotta di partecipazione dello stesso soggetto alla stessa associazione (in tal senso, fra le altre, Sez. 2, n. 680 del 19/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 277788 01; Sez.6, n.3054 del 14/12/2017, COGNOME, dep. 2018, Rv. 272138 – 01).
Si tratta di condizioni che, attenendo al riconoscimento della disciplina del reato continuato, una volta divenute irrevocabili le condanne, possono essere riconosciute dal giudice dell’esecuzione, secondo le valutazioni di quanto rimasto accertato in sede di cognizione demandategli dall’art. 671 cod. proc. pen.
Il percorso motivazionale del provvedimento (pagg. 14 e 15) mostra di individuare preclusioni al riconoscimento in esecuzione della disciplina del reato continuato in ordine alle diverse pene inflitte al ricorrente per il delitto di cui all’art 416-bis cod. pen., che appaiono in contrasto con l’insegnamento sopra richiamato.
Ne discende la fondatezza delle doglianze mosse con il primo motivo.
Quanto al secondo motivo, va rilevato che le censure difensive si oppongono in primo luogo alla corretta applicazione da parte dei giudici di merito del principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità, puntualmente richiamata nel provvedimento impugnato, secondo cui la continuazione fra il reato di partecipazione all’associazione mafiosa e i reati fine della stessa può essere riconosciuta, a condizione che questi ultimi, alla stregua di una puntuale verifica, risultino riconducibili al medesimo disegno criminoso del partecipe al momento in cui egli si è determinato a fare ingresso nell’associazione, in modo da aversi una deliberazione unitaria che abbraccia la consumazione anche dei singoli reati che l’agente si è rappresentato in quel momento, almeno nelle loro linee essenziali, non essendo necessario che se ne prefiguri anche i tratti spazio-temporali ed esecutivi.
Di contro, la difesa ha svolto considerazioni secondo cui sarebbe sufficiente che il partecipe, all’atto dell’adesione del sodalizio, si rappresenti una certa tipologia di reati, come quello di omicidio e di trasferimento fraudolento di valori, poiché considerati necessari dall’associazione mafiosa per il raggiungimento dei
suoi fini, così finendo le doglianze per sovrapporre impropriamente la nozione del programma associativo a quella del medesimo disegno criminoso.
Per il resto, le doglianze mosse nel motivo di cui trattasi, oltre a introdurre solo discorsive critiche prive di ogni confronto con í principi applicabili in materia, si rivolge al diniego della continuazione fra i reati di trasferimento fraudolento di valori separatamente giudicati, denunziando lacune motivazionali sul punto, senza però considerare le precise spiegazioni presenti nel provvedimento (pagg. 9-11) ove esse illustrano una natura occasionale di entrambe le decisioni alla base dei delitti di cui trattasi che risulta in sé ostativa alla continuazione fra gli stessi.
Pertanto, le doglianze mosse con il secondo motivo risultano tutte infondate.
Alla stregua di quanto sopra rilevato, l’ordinanza impugnata va dunque annullata con rinvio per nuovo giudizio limitatamente al mancato riconoscimento della continuazione in relazione alle condanne per il delitto di cui all’art. 416-bis, cod. pen., mentre per il resto il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al mancato riconoscimento della continuazione in relazione alle condanne per il delitto di cui all’art. 416-bis, cod. pen., con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di assise di appello di Palermo. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 08/11/2024.