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Reato continuato e danno lieve: la Cassazione chiarisce

La Cassazione affronta il tema del reato continuato, stabilendo che la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità va valutata per ogni singolo reato e non sul danno complessivo. Nel caso specifico, il ricorso è stato respinto perché il danneggiamento di più beni costituiva un unico reato, il cui danno non è stato ritenuto lieve.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato continuato: come si valuta il danno di speciale tenuità?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento su come applicare la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità nell’ambito del reato continuato. La questione sorge da un caso di danneggiamento avvenuto in un istituto penitenziario, dove un detenuto aveva reso inservibili più beni. Il punto centrale è stabilire se il danno vada considerato nella sua totalità o se debba essere frazionato per ogni singola azione illecita. La Suprema Corte, pur ribadendo un principio fondamentale, giunge a una conclusione che merita un’attenta analisi.

I Fatti di Causa e il Ricorso in Cassazione

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo per aver danneggiato alcuni beni all’interno della sua cella. La Corte di Appello, pur riformando parzialmente la sentenza di primo grado, aveva negato all’imputato il riconoscimento della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, prevista dall’art. 62 n. 4 del codice penale.

La difesa ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo un’errata applicazione della legge. Secondo il ricorrente, i giudici di merito avrebbero dovuto valutare il danno in relazione a ciascun singolo reato commesso, anziché considerare il pregiudizio economico complessivo derivante da tutte le azioni. Poiché i vari atti erano legati da un unico reato continuato, la valutazione andava fatta separatamente.

Il Reato Continuato e l’Autonomia dei Singoli Reati

La Corte di Cassazione coglie l’occasione per ribadire un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, anche a livello delle Sezioni Unite. L’istituto del reato continuato (art. 81 c.p.) è stato introdotto per un’esigenza di favor rei, ovvero per garantire un trattamento sanzionatorio più mite a chi commette più reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.

Tuttavia, questa “finzione giuridica” di unità non cancella l’autonomia ontologica dei singoli reati. Essi rimangono distinti e separati per tutti gli effetti giuridici non espressamente unificati dalla legge. Tra questi effetti rientra l’applicazione delle circostanze, sia aggravanti che attenuanti. Di conseguenza, la circostanza del danno di lieve entità deve essere valutata con riferimento al danno prodotto da ogni singolo reato, non dal cumulo dei danni di tutti i reati avvinti dalla continuazione. Una valutazione unitaria è ammessa solo se prevista dalla legge e se produce un effetto più favorevole per l’imputato.

L’Applicazione del Principio al Caso Concreto

Nonostante la correttezza del principio giuridico invocato dal ricorrente, la Cassazione dichiara il ricorso inammissibile. La ragione risiede in un dettaglio cruciale della contestazione originaria. All’imputato non erano stati contestati tanti reati di danneggiamento quanti erano i beni distrutti, uniti poi dal vincolo della continuazione.

Al contrario, gli era stato addebitato un unico reato di danneggiamento ai sensi dell’art. 635 c.p., che aveva avuto come oggetto più beni (nella fattispecie, un tavolo e due sgabelli). L’azione criminosa era stata una sola, sebbene avesse colpito una pluralità di oggetti.

le motivazioni

La Corte di Appello, pertanto, ha correttamente operato valutando il danno nella sua interezza, proprio perché derivante da un’unica fattispecie di reato. Ha considerato la pluralità degli arredi resi inservibili e ha concluso, con un apprezzamento di fatto, che il danno cagionato non potesse essere qualificato di “speciale tenuità”. Questa valutazione, in quanto non manifestamente illogica, è insindacabile in sede di legittimità. La Suprema Corte ha quindi ritenuto il motivo di ricorso manifestamente infondato, confermando la decisione impugnata.

le conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale in materia di reato continuato, ovvero l’autonomia dei singoli reati ai fini della valutazione delle circostanze. Allo stesso tempo, chiarisce un aspetto pratico di grande rilevanza: se un’unica azione danneggia più beni, si configura un unico reato e il danno va valutato complessivamente. La distinzione tra un unico reato con più oggetti e più reati in continuazione diventa quindi decisiva per l’applicazione di importanti istituti come l’attenuante del danno di speciale tenuità.

In caso di reato continuato, la circostanza attenuante del danno di lieve entità si valuta sul danno totale o su ogni singolo reato?
Si valuta in relazione a ogni singolo reato. I reati uniti dal vincolo della continuazione conservano la loro autonomia ai fini dell’applicazione delle circostanze, che vanno quindi considerate separatamente per ciascuno di essi.

Perché il ricorso dell’imputato è stato comunque respinto?
Perché nel caso specifico non erano stati contestati più reati di danneggiamento in continuazione, ma un unico reato di danneggiamento che aveva come oggetto più beni (un tavolo e due sgabelli). La valutazione del danno è stata quindi correttamente fatta sull’insieme dei beni danneggiati in quell’unica azione.

Quando un unico atto di danneggiamento riguarda più oggetti, si tratta di un solo reato o di più reati in continuazione?
Secondo la sentenza, se un’unica azione danneggia più beni, si configura un unico reato di danneggiamento. Di conseguenza, la valutazione del danno per l’eventuale applicazione di attenuanti deve essere fatta sul valore complessivo dei beni coinvolti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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