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Reato continuato e calcolo della pena in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due imputati condannati per furto aggravato. La sentenza chiarisce importanti principi sul reato continuato, affermando che l’aumento di pena per i reati satellite richiede una motivazione la cui specificità dipende dalla distanza della pena finale dal minimo edittale. La Corte ha inoltre ribadito che l’attenuante del danno di speciale tenuità va valutata considerando il danno criminale complessivo, non solo il valore dei beni sottratti.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato: Come si Calcola la Pena? La Cassazione Fa Chiarezza

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema centrale del diritto penale: il reato continuato. La decisione offre importanti spunti interpretativi sul corretto calcolo della pena e sulla valutazione delle circostanze attenuanti, confermando un orientamento giurisprudenziale consolidato. Analizziamo nel dettaglio la pronuncia per comprendere le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dalla condanna di due individui per una serie di furti aggravati, commessi in diverse abitazioni all’interno dello stesso stabile. La Corte d’Appello di Venezia aveva confermato la sentenza di primo grado del Tribunale di Padova, che li aveva condannati a una pena di tre anni e cinque mesi di reclusione e ottocento euro di multa.

Gli imputati, ritenendo la sentenza ingiusta, hanno proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a quattro distinti motivi di impugnazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa degli imputati ha articolato il ricorso lamentando:

1. La mancata declaratoria di improcedibilità del reato per difetto di querela.
2. Un vizio di motivazione per non averli prosciolti in base al principio del ne bis in idem (divieto di un secondo giudizio per lo stesso fatto).
3. La violazione di legge per l’ingiustificato diniego della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità.
4. Un’errata applicazione della disciplina del reato continuato nel calcolo della pena.

La Decisione della Corte

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi manifestamente infondati o meramente riproduttivi di censure già esaminate e respinte correttamente nei gradi di merito. La decisione ha permesso ai giudici di ribadire principi fondamentali su ciascuno dei punti sollevati.

Le Motivazioni

La parte più interessante della pronuncia risiede nelle motivazioni con cui la Corte ha smontato le argomentazioni difensive.

Procedibilità, Ne Bis in Idem e Attenuante del Danno Lieve

In primo luogo, la Corte ha chiarito che il reato di furto in abitazione (art. 624-bis c.p.) è procedibile d’ufficio. La recente riforma legislativa (D.lgs. 150/2022) non ha modificato questo aspetto, rendendo irrilevante la presenza o meno di una querela da parte delle vittime.

Ha poi respinto l’applicazione del principio del ne bis in idem. Anche se i furti sono stati commessi nello stesso contesto e in esecuzione di un unico disegno criminoso, essi hanno leso patrimoni di persone diverse, configurando quindi reati distinti e non un unico fatto.

Infine, riguardo all’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62, n. 4, c.p.), la Corte ha sottolineato che la sua concessione richiede una valutazione complessa. Non si deve guardare solo al valore economico irrisorio dei beni sottratti, ma al “danno criminale” nella sua globalità, che include anche gli effetti pregiudizievoli ulteriori, come i danni materiali causati per compiere il furto (in questo caso, l’effrazione del portone).

Il Calcolo della Pena per il Reato Continuato

Il punto cruciale della decisione riguarda il quarto motivo, relativo al calcolo della pena per il reato continuato. La difesa lamentava una carenza di motivazione sull’aumento di pena applicato per i reati successivi al primo (i cosiddetti reati satellite).

La Cassazione, richiamando un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 47127/2021), ha ribadito che il giudice ha l’obbligo di motivare l’aumento di pena per ciascun reato satellite. Tuttavia, il grado di specificità di tale motivazione è inversamente proporzionale alla vicinanza della pena finale al minimo edittale. In altre parole:

* Se la pena inflitta è molto vicina al minimo, è sufficiente un richiamo generico ai criteri dell’art. 133 c.p.
* Se il giudice intende discostarsi significativamente dal minimo, deve fornire una motivazione più dettagliata, specificando quali criteri oggettivi e soggettivi hanno giustificato la sua decisione.

Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che l’aumento di pena, commisurato al numero e al valore degli oggetti sottratti nel furto più grave, fosse stato adeguatamente motivato dal giudice di merito.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida principi giurisprudenziali di grande rilevanza pratica. In primo luogo, riafferma una visione olistica nella valutazione dell’attenuante del danno patrimoniale, che non può essere ridotta a un mero calcolo matematico. In secondo luogo, fornisce una guida chiara sull’obbligo motivazionale del giudice nella determinazione della pena per il reato continuato, bilanciando la necessità di trasparenza con l’esercizio del potere discrezionale. La decisione serve anche da monito: i ricorsi in Cassazione devono contenere critiche specifiche alla sentenza impugnata e non limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già respinte, pena la dichiarazione di inammissibilità.

È possibile essere processati per più furti commessi nello stesso edificio senza violare il principio del ‘ne bis in idem’?
Sì. La Corte ha stabilito che furti commessi a danno di vittime diverse in appartamenti distinti, sebbene nello stesso stabile, costituiscono reati separati. Il principio del ‘ne bis in idem’ non si applica perché i fatti, pur inseriti in un unico disegno criminoso, ledono beni giuridici differenti.

Perché è stata negata l’attenuante del danno di speciale tenuità?
L’attenuante è stata negata perché la sua valutazione non si limita al solo valore economico dei beni sottratti. È necessario considerare il ‘danno criminale’ complessivo, che include anche gli ulteriori pregiudizi subiti dalla vittima, come i danni materiali causati durante l’effrazione (in questo caso, la rottura del portone).

Come deve essere motivato l’aumento di pena in caso di reato continuato?
Il giudice deve motivare l’aumento di pena per ciascun reato successivo al più grave. Tuttavia, la Corte ha precisato che il livello di dettaglio della motivazione varia: se la pena finale è vicina al minimo legale, può bastare un riferimento generico ai criteri dell’art. 133 c.p.; se invece se ne discosta notevolmente, la motivazione deve essere più specifica e approfondita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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