Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7174 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 7174  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME, nato a HEILBRONN (GERMANIA) il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/11/2022 della CORTE APPELLO di MESSINA
udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, NOME COGNOME, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 7 novembre 2022, depositata il 27/1/2023, la Corte di appello di Messina, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza di COGNOME diretta al riconoscimento della continuazione tra il delitto ex art. 416 cod. pen. e vari reati-fine giudicati cori sentenza della Corte di appello di Ancona del 10/11/2010, ed ulteriori reati accertati con due sentenze della Corte di appello di Messina del 5/4/2013 e del 10/11/2016.
Il giudice dell’esecuzione ha osservato che analoga istanza ex art. 671 cod. proc. pen. era già stata respinta con ordinanza del 9/11/2020, per i reati accertati con le due sentenze citate da ultimo, attesa l’assenza di ogni indicatore di continuazione. Quanto all’estensione della richiesta, la pregressa condanna per il reato associativo giudicato con la prima sentenza della Corte di appello di Ancona non è stata ritenuta da sola sufficiente ad integrare l’ipotesi del reato continuato. In particolare, non sono stati apprezzati specifici elementi per poter affermare che i reati di cui alle altre condanne – commessi in diverso contesto territoriale ed eterogenei – fossero stati programmati al momento della costituzione del sodalizio criminale o dell’ingresso del ricorrente nell’associazione.
Avverso tale ordinanza ricorre per cassazione il difensore del condannato, AVV_NOTAIO, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’art. 671 cod. proc. pen., per il diniego della continuazione, conseguente all’erroneo ed incompleto apprezzamento dell’istanza e delle produzioni in atti, ivi incluse le sentenze prodotte.
Il ricorrente ha censurato che il giudice dell’esecuzione abbia valorizzato in senso negativo la distanza territoriale, che invece costituirebbe indice unificante almeno per i reati di cui alle prime due sentenze, commessi a Pesaro e Colbordolo, comuni distanti appena 20 chilometri; inoltre, si deplora che vi sia stata una valutazione atomistica degli indicatori di continuazione, mentre l’identità del disegno criminoso discende chiaramente dallo scopo per cui era stata costituita l’associazione a delinquere, finalizzata alla commissione di rapine, sequestri di persona ed estorsioni sul territorio nazionale, nonché ai reati ad essi funzionali, come l’acquisizione di armi ed esplosivi. Ancora, si contesta la pretesa eterogeneità dei reati, sottolineando che nella seconda e terza sentenza si sono accertate in via preminente due condotte omogenee di rapina. 
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere respinto, alla luce della consolidata esegesi di questa Corte in tema di continuazione tra il delitto associativo ed i reati satellite, alla quale l’impugnata ordinanza si è riferita.
1.1. In termini generali, sulla tematica della continuazione tra reato associativo e reati satellite, cioè commessi nell’ambito dell’oggetto sociale e rientranti nel programma associativo, la giurisprudenza si è ormai attestata nell’ammettere in astratto tale possibilità, previa puntuale verifica che questi ultimi siano stati programmati al momento in cui il partecipe si determina a fare ingresso nel sodalizio. Invero, ai fini dell’operatività dell’istituto della contin zione, il presupposto indefettibile (l’unicità del disegno criminoso) è da intendere quale preordinazione unitaria da parte del soggetto agente delle diverse condotte violatrici, almeno nelle loro linee essenziali. Coi – ne tale, essa si c:olloca in una fase antecedente al momento perfezionativo delle condotte delittuose che si assumono esserne espressione, sì da manifestare una ridotta pericolosità sociale e giustificare il trattamento sanzionatorio più mite rispetto al cumulo materiale (Sez. 1, n. 27058 del 17/01/17, COGNOME; Sez. 1, n. 40123 del 22/10/2010, COGNOME, Rv. 248862). Ragionando diversamente, si finirebbe per riconoscere una sorta di automatismo, concedendo il beneficio sanzionatorio per tutti i reati commessi in ambito associativo, da ritenersi sempre in continuazione con la fattispecie associativa in cui si inseriscono (Sez. 1, n. 23818 del 22/06/2020, COGNOME, Rv. 279430; Sez. 1, n. 1534 del 09/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271984; Sez. 1, n. 40318 del 04/07/2013, COGNOME, Rv. 257253).
Di contro, non è configurabile la continuazione tra il reato associativo e quei reati fine che, pur rientrando nell’ambito delle attività del sodalizio criminoso ed essendo finalizzati al suo rafforzamento, non erano programmabili ab origine perché legati a circostanze ed eventi contingenti e occasionali o, comunque, non immaginabili al momento iniziale dell’associazione (Sez. 5, n. 54509 del 08/10/2018, COGNOME, Rv. 275334).
In definitiva, il partecipe all’associazione accede al delitto nel momento in cui si determina a fare ingresso nel sodalizio ed è a questo dato temporale che deve riferirsi la verifica della programmazione unitaria dei cd. reati fine.
1.2. Nel caso specifico, gli elementi allegati dal ricorrente onde ricavarne la simultanea deliberazione originaria tra il reato associativo di cui alla sentenza della Corte di appello di Ancona del 10/11/2013, e gli ulteriori reati accertati con due sentenze della Corte di appello di Messina del 5/4/2013 e del 10/11/2016, non sono tali da scardinare l’impostazione logica del giudice dell’esecuzione.
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Anche ammettendo – con uno sconfinamento nel merito – che vi fosse corrispondenza tra il programma delittuoso dell’associazione giudicata nella prima sentenza e i reati giudicati nelle ulteriori sentenze, e prescindendo dal rilievo che analoga istanza era già stata respinta in sede esecutiva, ciò non smentisce il principio correttamente seguito dal giudice dell’esecuzione, che ha constatato l’assenza di prova della specifica e contestuale programmazione dei delitti successivi rispetto al momento iniziale di adesione associativa.
Invero, l’impostazione propugnata nel ricorso è antitetica alle illustrate coordinate giurisprudenziali, laddove rivendica che i delitti giudicati nelle due sentenze della Corte di appello di Messina siano avvinti in continuazione al reato associativo, anche alla luce delle caratteristiche del tutto eterogenee di detti reati – due rapine – delle quali già si era evidenziata l’assenza di prova di una contestuale pianificazione, né si è allegato in alcun modo che esse potessero essere state programmate assieme all’adesione del RAGIONE_SOCIALE all’associazione giudicata dalla Corte territoriale di Ancona.
Va infatti osservato, in sintonia con le n :onsiderazioni del giudice dell’esecuzione, che i reati giudicati nelle ulteriori sentenze, pur potendo genericamente rientrare nella logica associativa, non sono per ciò stesso automaticamente iscrivibili nel medesimo disegno criminoso, rispondendo a circostanze ed eventi contingenti ed occasionali, insorti nel corso della vita associativa e non preventivamente programmati. Di tale eventualità, l’impugnata ordinanza ha reso chiara giustificazione, evidenziando che peraltro si tratta di reati slegati dai precedenti sia sotto il profilo cronologico che geografico, così da manifestarsi del tutto autonomi e non immaginabili al momento iniziale della partecipazione associativa.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, conseguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
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2 processuali. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese r.
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