Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 36885 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 36885 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TARANTO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/11/2023 del GIP TRIBUNALE di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso limitatamente alla misura della pena e il rigetto nel resto.
RITENUTO IN FATTO
Con atto rivolto al Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bari, in funzione di giudice dell’esecuzione, venivano formulate nell’interesse di NOME COGNOME due domande.
La prima domanda tendeva ad ottenere – previo riconoscimento dell’identità dei fatti di associazione per delinquere per i quali NOME risultava condannato in forza delle sentenze divenute irrevocabili emesse dal Tribunale di Milano il 4 marzo 2019, riformata con sentenza della Corte di appello di Milano in data 15 dicembre 2020, e dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bari il 7 ottobre 2022 – la revoca della condanna più grave.
La seconda domanda tendeva ad ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in ordine ai reati per i quali NOME risultava condannato in forza delle sopra citate sentenze e di quella emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Taranto in data 8 ottobre 2020, confermata con sentenza di appello in data 11 aprile 2022.
Il giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 27 novembre 2023, riconosceva il vincolo della continuazione limitatamente ai reati giudicati con le sentenze sopra indicate emesse: dal Tribunale di Milano il 4 marzo 2019, confermata dalla Corte di appello di Milano con sentenza del 15 dicembre 2020; dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bari il 7 ottobre 2022.
La pena complessiva per i reati giudicati con tali sentenze veniva rideterminata in sette anni e quattro mesi di reclusione ed euro 4.900,00 di multa.
Per il resto, le domande di NOME non venivano accolte.
La difesa di NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, con atto articolato in cinque motivi.
3.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 669 in relazione all’art. 649 cod. proc. pen., per il rigetto della domanda di affermazione di bis in idem con riferimento alle citate sentenze di condanna emesse dal Tribunale di Milano e dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bari.
3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., vizi di motivazione in relazione al rigetto della domanda di affermazione di bis in idem con riferimento alle citate sentenze di condanna emesse dal Tribunale di Milano e dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bari.
3.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b), inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 81, secondo comma, cod. pen. e 671 cod. proc. pen. con riferimento al rigetto della domanda di riconoscimento della continuazione fra i reati giudicati con la sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Taranto in data 8 ottobre 2020 e i reati per i quali la continuazione è stata riconosciuta con l’ordinanza impugnata.
3.4. Con il quarto motivo, il ricorrente deduce, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. e), vizi della motivazione con riferimento al rigetto della domanda di riconoscimento della continuazione fra i reati giudicati con la sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Taranto in data 8 ottobre 2020 e i reati per i quali la continuazione è stata riconosciuta con l’ordinanza impugnata.
3.5. Con il quinto motivo, il ricorrente deduce, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b), inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 81 cod. pen., 671 cod. proc. pen., 597, comma 3, cod. proc. pen., con riferimento alla determinazione della pena per i reati in ordine ai quali la continuazione è stata riconosciuta. Il ricorrente afferma che la pena è stata rideterminata in misura maggiore rispetto a quella che risulta dalle sentenze di cognizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Sono infondati il primo e il secondo motivo di ricorso, da trattare congiuntamente, volti a criticare il mancato riconoscimento dell’identità tra i fatti di associazione per delinquere per i quali NOME risultava condannato in forza delle sentenze divenute irrevocabili emesse dal Tribunale di Milano il 4 marzo 2019, riformata con sentenza della Corte di appello di Milano del 15 dicembre 2020, e in forza della sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bari il 7 ottobre 2022.
Il giudice dell’esecuzione ha spiegato congruamente, nel pieno rispetto dei principi che regolano la materia, che non ricorre identità fra i due reati associativi giudicati con le citate sentenze, avuto riguardo alle diversità del numero degli associati; della collocazione geografica degli accadimenti e degli scopi illeciti; degli archi temporali considerati.
Sono infondati il terzo e il quarto motivo di ricorso, da trattare congiuntamente, volti a criticare il mancato riconoscimento della continuazione fra i reati giudicati con la sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Taranto in data 8 ottobre 2020, confermata con sentenza di appello in data 11 aprile 2022 e i reati per i quali la continuazione è stata riconosciuta con l’ordinanza impugnata.
Il giudice dell’esecuzione, nel rigettare l’istanza di riconoscimento della continuazione nei termini più ampi pretesi dal ricorrente, ha rispettato i principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale l’istituto in questione postula che l’agente si sia rappresentato e abbia unitariamente deliberato, almeno nelle loro linee essenziali, una serie di conAVV_NOTAIOe criminose, e non si identifica con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione dello stesso a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017 Rv. 270074 – 01; Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Rv. 266615 – 0; Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, dep. 2013, Rv. 255156 – 0).
Il giudice dell’esecuzione ha osservato, in maniera piana e non illogica, che i reati di detenzione e porto di arma giudicati dal Tribunale di Taranto sono avulsi dal contesto entro il quale sono maturati gli altri reati commessi da NOME, tanto da non potersi riconoscere che siano espressione di un medesimo disegno criminoso rispetto a quelli per i quali la stessa ordinanza ha accolto l’istanza di riconoscimento della continuazione.
Con riguardo al mancato accoglimento di talune domande, l’ordinanza impugnata risulta, quindi, immune da vizi e logici e giuridici.
In ordine a tali domande, il provvedimento supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato deve arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento delle circostanze fattuali. Il ricorso, invece, tende ad offrire una ricostruzione alternativa e una rilettura degli elementi disponibili, sulla base di valutazioni di merito precluse in questa sede.
È fondato il quinto motivo di ricorso, con il quale è stata criticata la determinazione della pena per i reati in ordine ai quali la continuazione è stata riconosciuta.
4.1. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il giudice dell’esecuzione, nel procedere alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio per effetto dell’applicazione della disciplina del reato continuato, non può quantificare gli aumenti di pena per i reati-satellite in misura superiore a quelli fissati dal giudice
della cognizione con la sentenza irrevocabile di condanna (Sez. U, n. 6296 del 24/11/2016, dep. 2017, Rv. 268735 – 01).
4.2. Nel caso concreto ora in esame, l’ordinanza del giudice dell’esecuzione non indica precisamente i segmenti di pena determinati nei giudizi di cognizione. Quindi, non è possibile stabilire se, nel rideterminare tali segmenti di pena, sia stato rispettato il divieto di riforma peggiorativa della pena. Sotto tale profilo, l’ordinanza impugnata risulta priva di adeguata motivazione.
Per le ragioni esposte, l’ordinanza impugnata deve essere annullata limitatamente al punto concernente gli aumenti per la continuazione con rinvio al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari che svolgerà nuovo giudizio sul punto senza incorrere nei vizi riscontrati ma rispettando le norme di legge.
In sede di rinvio, dovrà applicarsi l’art. 34, comma 1, cod. proc. pen., quale risulta a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 183 del 2013, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione e dell’art. 623, comma 1 lett. a), cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedono che non possa partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o rigetto della richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen.
Per il resto, il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al punto concernente gli aumenti per la continuazione con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Gip del Tribunale di Bari, in diversa persona fisica. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, 31 maggio 2024.