Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30332 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30332 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 30/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a GELA il 21/03/1977
avverso l’ordinanza del 21/01/2025 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha concluso per la udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Caltanissetta, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza di “procedere alla corretta applicazione del giudicato di cui alla sentenza n. 237/2024 emessa dalla Corte d’appello di Caltanissetta, prima sezione, in data 11 marzo 2024 ed irrevocabile in data 25 luglio 2024 con conseguente determinazione della pena residua che l’imputato NOME COGNOME dovrà espiare, previa detrazione della detenzione presofferta in esecuzione dei reati sussunti al medesimo titolo oggetto dell’ordine di esecuzione, della custodia cautelare sofferta e del beneficio della liberazione anticipata”.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per il tramite del difensore avv. NOME COGNOME deducendo, ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 648 e 655 cod. proc. pen.
Il ricorrente, in particolare, ha dedotto che la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto corretto l’ordine di esecuzione n. 178/2024 relativo alla sentenza n. 237/2024 nella parte in cui ha detratto – dalla pena di anni 13, mesi 10 di reclusione ed euro 1.000,00 di multa, ritenuta la continuazione di due anni, per i reati giudicati con le sentenze n. 797/2002 e 256/05 – solo il periodo di due anni per la continuazione esterna e non anche il periodo eccedente la misura complessiva dell’aumento inflitto a titolo di continuazione sul rilievo che si tratta di espiazione (dal 14 agosto 2003 al 21 gennaio 2006 e dal 1/06/2006 al 15/09/2006) precedente rispetto ai fatti oggetto della sentenza n 237/2024.
Osserva il ricorrente che il reato continuato si presenta come reato unitario sul piano sanzionatorio, con la conseguenza che più condanne per fatti criminosi uniti dal vincolo della continuazione debbono considerarsi come una sola condanna, evidenziando che per tale motivo il legislatore ha ritenuto che il cumulo giuridico costituisca una risposta più adeguata rispetto al cumulo materiale delle pene.
Pertanto, per effetto dell’applicazione dell’istituto della continuaz dalla pena finale il pubblico ministero avrebbe dovuto sottrarre il per di carcerazione scontato anche con riferimento ai reati cd. satelli dunque, anche gli ulteriori periodi di carcerazione dal 14 agosto 2003 al gennaio 2006 e dal lgiugno 2006 al 15 settembre 2006.
Il ricorrente deduce, in particolare, che qualora il vincolo della continuazione sia riconosciuto, come nel caso di specie, in sede di cognizione, la sua applicazione spiega effetti differenti rispetto a quelli contemplati dalla disposizione di cui all’art. 657 cod. proc. pen. in quanto l’istituto della continuazione applicato dal giudice della cognizione ai fatti di reato oggetto di diverse sentenze di condanna rappresenta una possibilità di deroga al principio della intangibilità del giudicato concernente la determinazione dell’entità della pena complessiva.
Nel ricorso si evidenzia che l’interpretazione frazionata adottata nell’ordine di esecuzione risulta tutt’altro che premiale, comportando l’aumento della pena già inflitta con le sentenze riunite dalla continuazione (sentenza n. 797/02, n. 256/05 e n. 831/22) di ulteriori due anni di reclusione in ragione del vincolo della continuazione.
L’interpretazione GLYPH adottata GLYPH dal GLYPH pubblico GLYPH ministero, GLYPH dunque, confliggerebbe con lo scopo mitigativo dell’istituto della continuazione e anche con l’articolo 697 comma quattro cod. proc. pen.
Infine, la difesa richiama l’ordinanza n. 117 del 12 aprile 2017 della Corte costituzionale che ha affermato che l’articolo 657 cod. proc. pen. «ove il giudice dell’esecuzione verifichi (nel rispetto degli accertamenti già svolti in sede cognitiva) che il reato associativo con pena da espiare è stato commesso in epoca anteriore alla carcerazione sine titu/o patita per i reati fine dell’associazione, egli deve scomputare senz’altro quest’ultima dalla pena relativa al primo reato quale che sia la data del suo accertamento».
Nel caso di specie, osserva la difesa, il vincolo della continuazione tra le predette sentenze è stato riconosciuto in sede di cognizione con la sentenza n. 237/2024 nella quale la Corte di appello ha dato conto della unicità della condotta associativa mantenuta senza soluzione di continuità dal ricorrente dal 2000 al 2019 e ha ricondotto le condanne per la condotta associativa contestata nei tre distinti titoli nell’unica sentenza numero 237 del 2024. Di qui la riconducibilità della carcerazione sofferta dal ricorrente al medesimo e unico reato associativo contestato nelle sentenze sopra richiamate e non già alla pena espiata senza titolo di cui all’articolo 657 cod proc pen., che pertanto non sarebbe applicabile alla fattispecie in esame.
Con requisitoria scritta, il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, per le ragioni di seguito indicate.
1.1. Va, preliminarmente, evidenziato che con la sentenza n. 237 del 2024 la Corte di appello di Caltanissetta (a seguito di impugnazione della sentenza n. 831/2022) ha riconosciuto la continuazione con i fatti associativi oggetto della sentenza n. 797/02 e n. 256/05 e ha rideterminato la pena, applicando due anni di continuazione, in anni tredici e mesi dieci di reclusione ed euro 1.000,00 di multa.
Inoltre, va rilevato che in relazione ai fatti di cui alla sentenza n. 797/02 il ricorrente ha espiato la pena dal 14 agosto 2003 al 21 gennaio 2006; e in relazione alla sentenza n. 256/05, ha espiato la pena dal 1/06/2006 al 15/09/2006 (beneficiando dell’indulto).
Ciò precisato, si evidenzia che l’ordine di esecuzione ha detratto, ai fini del computo della pena da espiare, due anni corrispondenti all’aumento della pena per la continuazione esterna; il restante periodo – quello eccedente la misura della continuazione – non è stato detratto in applicazione dell’art. 657, comma 4 cod. proc. pen, trattandosi di espiazione precedente ai fatti oggetto della sentenza di condanna n. 237 del 2024.
Tanto premesso, le doglianze del ricorrente sono destituite di fondamento / avendo il giudice dell’esecuzione correttamente applicato il principio secondo cui il riconoscimento del vincolo della continuazione tra reati in sede esecutiva, con la conseguente determinazione di una pena complessiva inferiore a quella risultante dal cumulo materiale, non comporta che la differenza residua possa essere automaticamente imputata alla pena da eseguire, a ciò ostando la disposizione di cui all’art. 657, comma 4, cod. proc. pen., per cui vanno computate a tale fine solo la custodia cautelare o le pene espiate “sine titulo” dopo la commissione del reato e dovendosi conseguentemente scindere il reato continuato nelle singole violazioni che lo compongono. (Sez. 1, Sentenza n. 17531 del 22/02/2023 Rv. 284435 – 01).
Di conseguenza, sebbene il ricorrente abbia espiato in cumulo materiale le pene attinenti ai reati-satellite, di cui alle due sentenze di condanna, con eccedenza rispetto ai due anni applicati con cumulo giuridico, tuttavia, tale periodo in eccedenza non può essere imputato al reato-base la cui pena è in esecuzione, commesso dal 2012 al 2019, in quanto si tratta di pena sofferta dal 14.8.2003 al 21.1.2006 e dall’1.6.2006 al 15.9.2006, ossia in tempo
antecedente alla data di commissione del reato-base suddetto, stante il disposto dell’art. 657, comma 4, c.p.p.
Pertanto, alcun riscontro logico-normativo può attribuirsi alla tesi difensiva secondo cui in una fattispecie come quella in esame – nella quale
la continuazione tra i reati associativi e i reati satellite è stata riconosciuta sede di cognizione – non si applica l’art. 657 cod. proc. pen. in quanto si
configurerebbe un unico reato, per cui anche la pena presofferta per i reati satellite andrebbe computata nella pena residua pur trattandosi di espiazioni
precedenti.
3. Alla luce delle considerazioni che precedono, i ricorsi devono essere, pertanto, rigettati, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 30 maggio 2025.