Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23427 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23427 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/03/2025
– Presidente –
NOME COGNOME
NOME COGNOME
R.G.N. 2966/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CASTELDACCIA il 12/02/1956 avverso l’ordinanza del 06/12/2024 del GIP TRIBUNALEdi Palermo; vista la relazione del Consigliere NOME COGNOME vista la requisitoria del Sost. Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per la inammissibilità del ricorso. in procedura a trattazione scritta.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 6 dicembre 2024 il GIP del Tribunale di Palermo – quale giudice della esecuzione – ha respinto l’istanza introdotta da COGNOME COGNOME tesa ad ottenere il riconoscimento della continuazione tra fatti oggetto di distinte decisioni irrevocabili.
In motivazione si afferma, in sintesi, che le due decisioni rilevanti hanno ad oggetto il reato di associazione mafiosa commesso in un caso sino a giugno 2006 e nell’altro a far data dal febbraio 2018. Si tratta di condotte che vedono un ampio arco temporale di ‘interruzione del contributo associativo’, il che non consente di ritenere sussistente la identità del disegno criminoso. Si afferma altresì che non era prevedibile la ‘evoluzione’ dell’COGNOME da semplice associato a esponente di vertice della famiglia di appartenenza.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – COGNOME Salvatore, deducendo erronea applicazione di legge e vizio di motivazione.
La difesa rappresenta, in particolare, che per il fatto di reato giudicato con la prima sentenza Alfano Ł rimasto detenuto dal 2006 sino a giugno del 2015, come risulta dal fascicolo della esecuzione.
Si tratta di un aspetto che rende fallace la considerazione espressa nella decisione impugnata di un ‘tempo silente eccessivo’ tra i due poli temporali delle condotte associative.
Non vi Ł alcuna diversità tra le compagini associative, trattandosi in entrambi i casi della famiglia mafiosa del mandamento della Noce.
Inoltre si contesta, sul piano logico l’affermazione per cui la ‘progressione associativa’ rende non sussistente l’unicità del disegno criminoso, trattandosi – per converso – di un aspetto del tutto fisiologico nel contesto associativo di stampo mafioso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł fondato.
Va premesso che in tema di riconoscimento della continuazione il giudice di merito attraverso un concreto esame dei tempi e delle modalità di realizzazione delle diverse violazioni commesse – deve apprezzare l’esistenza o meno di indici rivelatori tali da consentire – ove rinvenuti la qualificazione delle condotte in termini di unicità del disegno criminoso.
Per tale va intesa la rappresentazione unitaria sin dal momento ideativo delle diverse condotte violatrici – almeno nelle loro linee essenziali – da parte del soggetto agente, sì da potersi escludere una successione di autonome risoluzioni criminose ed in tal modo giustificandosi la valutazione di ridotta pericolosità sociale che giustifica il trattamento sanzionatorio piø mite rispetto al cumulo materiale (ex multis Sez. I n. 40123 del 22.10.2010, rv 248862) .
Ciò perchŁ la ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sØ il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato.
La ricostruzione del processo ideativo di una serie di episodi Ł – per natura – indiziaria, atteso che trattandosi di accertamento relativo ad atteggiamento psicologico lo stesso può alimentarsi esclusivamente dall’apprezzamento di nessi esteriori – tra le diverse condotte poste in essere-, che
non siano però espressivi di una indefinita adesione ad un sistema di vita.
Va riaffermato dunque che la unicità di disegno criminoso, richiesta dall’art. 81 c.p., comma 2, non può identificarsi con una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose o comunque con una generale tendenza a porre in essere determinati reati.
Al contempo la nozione di continuazione neppure può ridursi all’ipotesi che tutti i singoli reati siano stati dettagliatamente progettati e previsti, in relazione al loro graduale svolgimento, nelle occasioni, nei tempi, nelle modalità delle condotte, giacchØ siffatta definizione di dettaglio oltre a non apparire conforme al dettato normativo, che parla soltanto di “disegno” porrebbe l’istituto fuori dalla realtà concreta, data la variabilità delle situazioni di fatto e la loro prevedibilità, quindi e normalmente, solo in via approssimativa.
Quello che occorre, invece, Ł che si abbia una visibile programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte in vista di un unico fine.
La programmazione può essere perciò ab origine anche di massima, purchØ i reati da compiere risultino previsti almeno in linea generale, con riserva di ‘adattamento’ alle eventualità del caso, come mezzo per il conseguimento di un unico scopo o intento, prefissato e sufficientemente specifico (in tal senso Sez. I n. 12905 del 17.3.2010, rv 246838).
Tali principi sono stati ribaditi, con specifico riferimento ai contenuti della valutazione da compiersi in sede esecutiva, da Sez. Un. n. 28659 del 18.5.2017, rv 270074, che si Ł espressa nel modo che segue :il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spaziotemporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea.
Ora, nel particolare caso delle decisioni relative a diversi «segmenti temporali» di consumazione di un reato associativo di stampo mafioso questa Corte ha piø volte affermato che nella ipotesi di sostanziale identità del sodalizio (giudicato nei distinti processi) il vincolo va tendenzialmente riconosciuto, essendovi – sul piano logico – una evidente medesimezza del disegno criminoso. Si Ł anche precisato che in tema di associazione di tipo mafioso, il principio secondo cui l’identità del disegno criminoso del reato continuato viene meno per fatti imprevedibili, quali la detenzione o la condanna, non trova applicazione automatica, essendo tali eventi accettati come eventualità prevedibili in contesti criminosi del genere, sicchØ, in tal caso, il vincolo della continuazione può essere egualmente riconosciuto se vi Ł prova che il segmento della condotta associativa successiva ad un evento interruttivo, costituito da fasi di detenzione o da condanne, trovi la sua spinta psicologica nel pregresso accordo in favore del sodalizio criminoso (così di recente Sez. II n. 16560 del 23.02.2023, rv 284525).
Nel caso in esame, pertanto, la motivazione del diniego non appare congrua, essendo stata omessa la valutazione della incidenza del lungo periodo detentivo intercorso tra il 2006 e il 2015, tale da rendere possibile – lì dove si ravvisi la identità del sodalizio e la spinta psicologica immutata – il riconoscimento del vincolo.
Inoltre non può dirsi elemento ostativo al riconoscimento della continuazione la ravvisata ‘progressione associativa’, trattandosi di aspetto che porterebbe, per converso, a confermare la ricorrenza di un input iniziale naturalmente indirizzato alla assunzione di ruoli di maggiore responsabilità criminale nel corso del tempo.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Palermo
Così Ł deciso, 26/03/2025
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME