Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 37692 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 37692 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 07/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TROVATO NOME NOME a TORTONA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 15/05/2025 del GIP TRIBUNALE di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, inerente al mancato riconoscimento della continuazione tra le fattispecie di detenzione e porto d’arma da fuoco.
I
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugNOME, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME, diretta ad ottenere, in via principale, la revoca ex art. 669 cod. proc. pen. della sentenza n. 675/2016 emessa dal GUP di Catanzaro, e, in subordine, l’applicazione della disciplina del reato continuato tra il fatto giudicato con la predetta pronuncia e quello di cui alla sentenza n. 1007/2015 del Tribunale di Lamezia Terme.
Il Giudice dell’esecuzione, a fondamento del provvedimento reiettivo, ha evidenziato innanzi tutto come i fatti giudicati con le due statuizioni di condanna fossero diversi da un punto di vista naturalistico e giuridico, trattandosi in un caso (sentenza n. 675/2016 emessa dal GUP di Catanzaro) di porto d’armi in luogo pubblico, nell’altro (sentenza n. 1007/2015 del Tribunale di Lamezia Terme) di detenzione di armi; ha quindi respinto la richiesta di continuazione ritenendo difettare la prova che «COGNOME sia entrato in possesso di quell’arma e l’abbia detenuta al precipuo fine- già previsto e deliberato- di portarla in luogo pubblico».
Avverso l’ordinanza indicata, NOME COGNOME ha proposto ricorso, per mezzo del difensore, AVV_NOTAIO, articolando due motivi che vengono di seguito riassunti entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen..
2.1. Con il primo motivo denuncia mancanza assoluta e manifesta illogicità della motivazione, nonché erronea applicazione dell’art. 669 cod. proc. pen.
Con sentenza n. 675 emessa il 09/11/2016 dal GUP di Catanzaro, COGNOME è stato irrevocabilmente condanNOME per avere portato in luogo pubblico più armi comuni da sparo ed in particolare una pistola TARGA_VEICOLO, fatto aggravato ex art. 416 bis. 1 cod., commesso in Lamezia TermeINDIRIZZO, in epoca anteriore e prossima al 09/03/2010. Il compendio probatorio sotteso alla pronuncia di colpevolezza trovava fondamento, come desumibile dall’analisi della sentenza, nelle convergenti dichiarazioni rese dai collaboranti NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME; nell’ambito del medesimo procedimento al COGNOME era anche contestato il reato di tentato omicidio (per avere, in data anteriore al 09/03/2010, in INDIRIZZO in Lamezia Terme, esploso più colpi d’arma da fuoco, una delle quali, una pistola TARGA_VEICOLO, all’indirizzo di un’autovettura sulla quale viaggiavano NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME), da cui veniva assolto.
Ebbene, con sentenza n. 1007/2015 il Tribunale di Lamezia Terme condannava COGNOME in ordine al reato di concorso esterno in associazione mafiosa e detenzione
d’arma da fuoco (capo 75). Evidenziava il ricorrente come le fonti di prova poste a fondamento della pronuncia di condanna fossero le medesime della sentenza n. 675 del GUP di Catanzaro: in particolare, la disponibilità di armi in capo al COGNOME, sfociata nell’imputazione sub capo 75), per cui era intervenuta condanna, trovava fondamento probatorio nelle dichiarazioni dei medesimi collaboratori valorizzate in seno alla prima sentenza, con precipuo riferimento alla sparatoria verificatasi in data anteriore al 09/03/2010, in INDIRIZZO.
Con riferimento a dette due pronunce quindi, il COGNOME, in sede di incidente di esecuzione, aveva eccepito il ne bis in idem ex art. 669 cod. proc. pen., con conseguente richiesta di revoca della sentenza 675/2016 (in quanto più grave della sentenza n. 1007/2015 il Tribunale di Lamezia Terme).
Lamenta, in definitiva, il ricorrente come, a fronte dell’articolato incidente proposto, il Giudice dell’esecuzione abbia fornito una motivazione inesistente, essendosi limitato ad evidenziare la differenza naturalistica e giuridica delle imputazioni per le quali nelle due sentenze è intervenuta condanna (detenzione e porto d’arma), senza neppure indagare la possibilità di un assorbimento della detenzione nel porto.
2.1. Con il secondo motivo, denuncia mancanza assoluta e manifesta illogicità della motivazione, nonché erronea applicazione dell’art. 81 cpv cod. pen. in relazione all’art. 671 cod. proc. pen.
La motivazione resa dal Giudice dell’esecuzione a fondamento del diniego della continuazione tra le sentenze sopra indicate, che hanno rispettivamente condanNOME il COGNOME per i reati di detenzione e porto d’arma da fuoco, è illogica oltre che difficile comprensione.
Le due sentenze che si chiedeva di porre in continuazione hanno rispettivamente giudicato il porto d’arma da fuoco (sentenza n. 675 emessa il 09/11/2016 dal GUP di Catanzaro) e la detenzione della medesima arma, oltre che il concorso esterno del COGNOME nell’associazione di stampo mafioso (sentenza n. 1007/2015 il Tribunale di Lamezia Terme).
Peraltro, quest’ultima sentenza aveva già posto in continuazione il reato di concorso esterno in associazione mafiosa e la detenzione d’arma da fuoco; la circostanza che il porto d’arma riguardasse la medesima arma di cui alla sentenza di condanna per la detenzione doveva indurre il Giudice dell’esecuzione a riconoscere il vincolo della continuazione tra i due fatti, all’evidenza avvinti dal medesimo disegno criminoso (stante la coincidenza temporale, spaziale, ed il contesto, criminale di riferimento, in cui le condotte si sono estrinsecate).
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, NOME COGNOME, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto l’annullamento con rinvio
dell’impugnata ordinanza, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, attinente al mancato riconoscimento della continuazione tra le fattispecie di detenzione e porto d’arma da fuoco.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è infondato.
Il ricorrente si duole che il Giudice dell’esecuzione non abbia accolto l’eccezione di ne bis in idem in relazione alle due sentenze oggetto dell’incidente di esecuzione, n. 675/2016 del GUP di Catanzaro, e n. 1007/2015 del Tribunale di Lannezia Terme, che avevano condanNOME il COGNOME in relazione rispettivamente ai reati, la prima di porto, e la seconda di detenzione della medesima arma da fuoco.
La decisione reiettiva del Giudice dell’esecuzione è corretta, dovendosi dare continuità al principio per il quale in tema di reati concernenti le armi, il delitto porto illegale assorbe per continenza quello di detenzione, escludendone il concorso materiale, solo quando la detenzione dell’arma inizi contestualmente al porto della medesima in luogo pubblico e sussista altresì la prova che l’arma non sia stata in precedenza detenuta. (In motivazione, la Corte ha affermato che, in mancanza di alcuna specificazione da parte dell’imputato circa la contemporaneità delle due condotte, il giudice di merito non è tenuto ad effettuare verifiche, potendo attenersi al criterio logico della normale anteriorità della detenzione rispetto al porto). (Sez. 1, n. 27343 del 04/03/2021, Amato, Rv. 281668 – 01).
Nel caso che ci occupa, manca qualsiasi elemento dal quale dedurre che la detenzione della pistola TARGA_VEICOLO fosse stata contestuale al suo porto: la mancata allegazione, da parte del condanNOME, di motivi a dimostrazione della coincidenza naturalistica dei due momenti, quello della detenzione con quello del porto, induce logicamente ad applicare il criterio logico della priorità temporale della detenzione rispetto al porto: correttamente il Giudice dell’esecuzione ha pertanto respinto l’eccezione di ne bis in idem formulata dal COGNOME.
2. Il secondo motivo è invece fondato.
2.1. La motivazione con cui l’ordinanza impugnata ha escluso la continuazione tra i reati giudicati con le sentenze indicate dal ricorrente nell’istanza ex art. 671 cod. proc. pen. si rivela essenzialmente assertiva, in quanto priva di un congruo e adeguato supporto argomentativo.
Occorre ricordare, in sintonia con quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene
protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074).
2.2. Nel caso che ci occupa, il Giudice dell’esecuzione ha ritenuto che le due sentenze oggetto dell’istanza di riconoscimento della continuazione formulata dal COGNOME riguardassero rispettivamente il porto e la detenzione della medesima arma da fuoco (una pistola TARGA_VEICOLO).
Coglie allora nel segno la censura difensiva che lamenta la manifesta illogicità della motivazione del Giudice dell’esecuzione che, in modo del tutto apodittico, ha affermato non esservi prova che il COGNOME abbia detenuto l’arma, al fine di portarla in luogo pubblico.
È infatti del tutto mancata l’analisi del contesto in cui le condotte si sono verificate ed estrinsecate, e la verifica della sussistenza di tutti gli indici sintomatici che la giurisprudenza di legittimità ha enucleato (omogeneità delle condotte, contiguità temporale e spaziale, contesto criminale di riferimento, ecc..).
L’ordinanza impugnata va dunque annullata con rinvio per nuovo giudizio al giudice dell’esecuzione in diversa composizione (sentenza Corte costituzionale n. 183 del 2013) perché proceda a nuovo esame dell’istanza ex art. 671 cod. proc. pen., da condursi in piena libertà, ma alla luce dei rilievi sopra formulati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al riconoscimento della continuazione del reato e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di CatanzaroUfficio GIP. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 7 ottobre 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente