Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 45208 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 45208 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PALERMO il 16/03/1967
avverso l’ordinanza del 22/04/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; lette -Pgr -r -Iti le conclusioni del PG q , 12 . ari 7-2)(.4,912( GLYPH eC2-41-r(21 ” GLYPH ( Q-,
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, la Corte di appello di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile l’istanza di continuazione, ex art. 671 cod. proc. pen., proposta nell’interesse di NOME COGNOME in relazione a tre sentenze divenute definitive, in quanto reputata ripetizione di precedente istanza del 24 luglio 2019.
2.Propone tempestivo ricorso per cassazione il condannato, per il tramite del difensore, affidando le proprie doglianze a un unico, articolato motivo, con il quale si deduce vizio di motivazione nonché inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 81 cod. pen. e 125 del codice di rito.
Si rileva che, con l’istanza, la difesa aveva fatto notare che il ricorrente era stato condannato, con le tre sentenze definitive meglio indicate nella richiesta ex art. 671 cod. proc. pen., e che era stata riconosciuta la continuazione interna, in ciascuna sentenza, tra il reato associativo e i reati fine, nonché esterna tra i reati di cui alla sentenza sub A) (resa dalla Corte di appello di Palermo in data 16 luglio 2012, divenuta definitiva il 5 novembre 2013, di condanna per reato di cui all’art. 416-bis comma secondo, terzo, quarto e quinto cod. pen., dal 30 ottobre 1998 al 16 giugno 2011, nonché lesioni ed estorsione aggravati ai sensi dell’art. 7 legge n. 203 del 1991, commesso sino a dicembre 2009, art. 9 legge n. 1423 del 1996, riconosciuta la continuazione con i reati di cui alla sentenza resa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo del 30 ottobre 1998) e quelli giudicati con la sentenza sub C) (resa dalla Corte d’appello di Palermo il 23 marzo 2015, per il reato di cui agli artt. 81, 110, 629, comma primo, cod. pen. e 7 legge 203 del 1991, commesso in Palermo in data 2 ottobre 2009).
Inoltre, la difesa deduce che si trattava di reati di identica natura, cioè estorsioni, traffico organizzato di sostanze stupefacenti, lesioni personali aggravate, rientranti nell’ambito delle stesse attività illecite di interesse del sodalizio e realizzate da Corso, giudicato come appartenente all’organizzazione mafiosa. Si rilevava, poi, che si tratta di fatti commessi nello stesso periodo storico, compreso tra il 2009 e il 2010.
Si rimarcava, inoltre, che analoga istanza, di applicazione della disciplina della continuazione, era stata avanzata da un coimputato, NOME COGNOME ed era stata valutata positivamente dalla Corte di appello di Palermo, decisione indicata come novum rispetto alla precedente istanza di continuazione, avanzata nell’interesse del ricorrente.
Sicché si deduce che, a fronte della declaratoria di inammissibilità, l’istanza proposta nell’interesse di Corso non è mera riproposizione di quella già rigettata
il 24 luglio 2019, sussistendo un elemento di novità, rappresentato proprio dall’ordinanza resa nei confronti del coimputato.
Si richiamano principi giurisprudenziali secondo i quali la preclusione processuale di cui all’art. 666, comma 2, cod. proc. pen. ostativa a una nuova pronuncia sul medesimo petitum opera rebus sic stantibus, fino a che non si prospettino nuove questioni giuridiche e nuovi elementi di novità, in senso oggettivo e sostanzialistico (tra cui Sez. 3, n. 5005 del 1/07/2014; n. 19358 del 2017).
La Corte di appello ha errato nel non riconoscere all’elemento dedotto carattere di novità, in senso sostanziale, trattandosi comunque di atto che non aveva formato oggetto di valutazione ai fini della precedente decisione. Si richiamano principi giurisprudenziali in tema di giudicato cd. debole operante in sede esecutiva.
La Corte di appello, peraltro, incorrerebbe in una motivazione contraddittoria nella parte in cui afferma che il contrasto tra giudicati esecutivi non può assumere rilevanza, sotto il profilo della reiterazione della richiesta di applicazione della disciplina del reato continuato, per avere, diversi Giudici, effettuato una diversa valutazione giuridica della sussistenza dei presupposti dell’istituto.
Si tratta, invece, di valutazione che, secondo il ricorrente, ha leso il principio di uguaglianza sotto il profilo della parità di trattamento di situazioni oggettive equiparabili, in violazione del principio di cui all’art. 3 Cost.
3.11 Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso con requisitoria scritta chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
1.1. In primo luogo, si osserva che la Corte territoriale attribuisce significativo rilievo al dato cronologico e, cioè, al fatto che la richiesta d continuazione, nei confronti del coimputato COGNOME, è stata depositata in cancelleria il 7 giugno 2018, mentre quella proposta, per la prima volta, da COGNOME è stata rigettata con provvedimento della Corte di appello di Palermo reso in data 24 luglio 2019.
In secondo luogo, si rileva che la precedente sentenza di legittimità sul punto (cfr. sentenza della sezione Prima penale n. 32558 – 20 del 20 ottobre 2020) che ha deciso nel senso dell’inammissibilità del ricorso proposto dal condannato, avverso il primo rigetto dell’istanza di continuazione, non ha affrontato l’elemento dedotto nella presente sede, cioè l’esistenza di precedente
ordinanza, del 7 giugno 2018, emessa favorevolmente nei confronti di un coimputato per reato associativo, in quanto tema non devoluto dal ricorrente.
1.2. Ciò premesso, si osserva che la giurisprudenza di legittimità è orientata a ritenere (cfr. Sez. 1, n. 7877 del 21/01/2015, Conti, Rv. 262596 – 01) che la preclusione del cosiddetto giudicato esecutivo è inoperante solo quando sono dedotti elementi nuovi, di fatto o di diritto, cronologicamente sopravvenuti alla decisione, ovvero sono prospettati elementi pregressi o coevi che, tuttavia, non abbiano formato oggetto di considerazione, neppure implicita, da parte del giudice (nella fattispecie in esame nel precedente citato, questa Corte ha affermato che l’omessa analisi circa l’esatta individuazione della pena irrogata per la violazione più grave nel reato continuato, al fine di valutare se sussistessero i presupposti per la revoca dell’indulto, è questione oggetto di necessaria considerazione implicita, da parte del giudice, come tale deducibile solo mediante impugnazione).
Quindi, in ossequio a tale impostazione interpretativa, un elemento di novità, non valutato precedentemente, nel senso sin qui esposto, esiste, perché pur preesistente, l’avvenuta decisione favorevole nei confronti del coimputato per il reato associativo, era dato non sottoposto al vaglio del giudice dell’esecuzione adito in quella sede.
A ciò si affianca la giurisprudenza che richiama il Sostituto Procuratore generale nella requisitoria scritta, secondo la quale (cfr. Sez. 1, n. 36337 del 16/03/2016, Morteo, Rv. 268562 – 01) la pronuncia del giudice dell’esecuzione, di parziale rigetto della richiesta di applicazione della continuazione, preclude, in ogni caso, la riproposizione della richiesta rispetto ai reati per cui è stato escluso il riconoscimento del reato continuato. Tuttavia, questa opzione interpretativa appare poco aderente al caso in esame, posto che affronta l’ipotesi della mera riproposizione di istanza di continuazione già rigettata.
1.3. In ogni caso, osserva il Collegio che, sull’esistenza di giudicato interno ed esterno, si è formata una decisione definitiva, perché la sentenza citata di questa Corte di legittimità, ha affrontato il tema di merito identico a quello devoluto nella presente sede, disattendendolo con espressa motivazione (cfr. p. 3 e ss. della sentenza citata).
A ciò deve essere aggiunto, che il prospettato elemento di novità, ai fini dell’ammissibilità della richiesta, non è decisivo, perché la costante giurisprudenza di legittimità è orientata nel senso che la diversa valutazione, in favore del coimputato, in sede ,esecutiva, non è vincolante per il processo a quo (cfr. Sez. 1, n. 14824 del 8/01/2021, COGNOME, Rv. 281186 – 01).
Invero, si è affermato il condivisibile principio secondo il quale, in tema di riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, è irrilevante che in separata sede, cognitiva o di esecuzione, il vincolo ex art. 81, comma secondo,
cod. pen. sia stato riconosciuto in favore di concorrenti nei reati plurisoggettivi oggetto della richiesta (cfr. Rv. 280529 – 01; n. 18343 del 2020, Rv. 279188 01; n. 37041 del 2019, Rv. 276944 – 01).
Dunque, in definitiva, il ricorso deve essere rigettato perché l’istanza proposta da ultimo, pur con l’elemento di novità prospettato, era comunque manifestamente infondata e, dunque, suscettibile di definizione con provvedimento, ex art. 666, comma 2, cod. proc. pen. di inammissibilità, come quello adottato dalla Corte territoriale oggetto di ricorso.
Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ex art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, in data 2 ottobre 2024
Il Consigliere estensore