Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7172 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7172 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/01/2023 del TRIBUNALE di CATANIA
udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, NOME COGNOME, il quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 7 gennaio 2023, il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Catania ha accolto l’istanza avanzata nell’interesse di NOME COGNOME di applicazione della disciplina della continuazione tra i reati di estorsione pluriaggravata continuata, giudicati da due sentenze a seguito di rito abbreviato del GUP del Tribunale in sede, modificate in appello soltanto in relazione alla pena.
Il giudice dell’esecuzione ha ritenuto più grave il reato continuato giudicato con la prima sentenza ed ha rideterminato la pena complessiva, secondo il seguente calcolo: pena base, come indicata nella sentenza della Corte di appello di Catania n. 1686/21 del 16/6/2021 = anni sei ed C 1.000, ridotta per il rito ad anni quattro e mesi cinque ed C 1.000; continuazione con gli ulteriori reati di cui alla seconda sentenza = anni due ed C 500, già ridotta ex art. 442 cod. proc. pen., pena finale = anni sei e mesi cinque di reclusione ed C 1.500 di multa.
Avverso tale decisione il condannato ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del difensore, AVV_NOTAIO, deducendo violazione ed erronea applicazione dell’art. 81 cod. pen. con riferimento alla determinazione della pena per il reato continuato.
Il giudice dell’esecuzione, senza fornire alcuna motivazione in merito all’aumento di pena fissato in due anni di reclusione ed C 500 di multa, come invece richiede la giurisprudenza di legittimità, ha quantificato tale aumento in misura sproporzionata rispetto ai parametri utilizzati nei medesimi processi di cognizione, che sono derivazioni dei noti procedimenti Kronos e Carthago2, nei quali gli esponenti di spicco dell’associazione criminale di riferimento del COGNOME hanno goduto di un trattamento sanzionatorio ben più temperato quanto ai reati satellite: infatti gli aumenti per continuazione erano stati fissati in sei mesi d reclusione per ciascuna tentata estorsione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
1.1. Giova in diritto premettere che, in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269).
Su un piano generale, è consolidato il principio secondo cui, qualora venga irrogata una pena di gran lunga più vicina al minimo che al massimo edittale, il mero richiamo ai “criteri di cui all’art. 133 cod. pen.” deve ritenersi motivazione sufficiente per dimostrare l’adeguatezza della pena all’entità del fatto; invero, l’obbligo della motivazione in ordine alla congruità della pena inflitta, tanto più si attenua quanto maggiormente la pena, in concreto irrogata, si avvicina al minimo edittale (Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464). E, per converso, quanto più il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto più ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale, indicando specificamente, fra i criteri oggettivi e soggettivi enunciati dall’art. 133 cod. pen. quelli ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio (Sez. 6, n. 35346 del 12/06/200 COGNOME, Rv. 241189).
Nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione, partendo dal presupposto che l’aumento di pena per la continuazione non vada operato in modo onnicomprensivo, ha calcolato l’aumento di pena in modo distinto per i reati divenuti satellite, specificando l’entità dell’aumento di pena, ritenendoli equi anche in considerazione dell’uniformità delle fattispecie violate.
Principi non dissimili sono stati espressi con particolare riferimento alle pene determinate in materia di continuazione: se per i reati satellite è irrogata una pena notevolmente inferiore al minimo edittale della fattispecie legale di reato, l’obbligo di motivazione si riduce, mentre, qualora la pena coincida con il minimo edittale della fattispecie legale di reato o addirittura lo superi, l’obbligo motiva zionale si fa più stringente ed il giudice deve dare conto specificamente del criterio adottato, tanto più quando abbia determinato la pena base per il reato ritenuto più grave applicando il minimo edittale e/o quando abbia applicato una misura di pena in aumento sproporzionata, pur in presenza delle medesime fattispecie di reato (Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, non mass. sul punto). Ne discende che non sussiste obbligo di specifica motivazione per ogni singolo aumento, quando, individuata la pena base e motivato il quantum della stessa, non è possibile dubitare del rispetto del limite legale del triplo della pena base ex art. 81, comma primo, cod. pen., in considerazione della misura contenuta degli aumenti di pena irrogati, e i reati posti in continuazione siano integrati da condotte criminose seriali ed omogenee (Sez. 5, n. 32511 del 14/10/2020, Rv. 279770). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Pertanto, deve ritenersi che il giudice dell’esecuzione abbia correttamente applicato i sopra evidenziati principi di diritto, considerando che l’aumento di pena comminato per i reati in continuazione è inferiore al minimo edittale previsto dalle fattispecie penali e, dunque, sufficientemente motivato oltreché proporzionato trattandosi di condotte criminose non dissimili.
Peraltro, come sottolinea il Procuratore Generale presso questa Corte, in accordo con la più recente giurisprudenza di legittimità, è escluso in radice ogni abuso del potere discrezionale che l’art. 132 cod. pen. conferisce al giudice ove, in sede di riconoscimento del beneficio della continuazione, si determinino incrementi sanzionatori per i reati divenuti satellite che, come nel caso de quo, siano di esigua entità (Sez. 6, n. 44428 del 05/10/2022, Rv. 284005).
Infine, il ricorrente invoca parità di trattamento rispetto agli altri associat alla consorteria criminale di appartenenza ai quali è stata applicata, nei giudizi di merito, a titolo di continuazione per i reati ivi accertati, una pena inferiore a quella stabilita nel provvedimento della cui legittimità qui si discute, e tanto, a dispetto dell’analogia delle fattispecie contestate.
Così facendo, COGNOME trascura che, a prescindere dalla piena autonomia delle decisioni, adottate da giudici diversi in separati contesti processuali, le posizioni non sono connotate dalla pretesa identità dei presupposti, atteso che per gli altri affiliati al clan la medesimezza del disegno criminoso è stata riconosciuta nella fase di cognizione e non, come per l’odierno ricorrente, in quella esecutiva.
Tale ultima doglianza postula perciò un inesistente criterio di valutazione comparata della congruità della quantificazione della pena.
La decisione si palesa, dunque, legittima perché adottata in applicazione dei canoni ermeneutici che regolano la materia, nonché supportata da un apparato motivazionale affatto contraddittorio ed illogico, pertanto insindacabile in questa sede.
In conclusione, il ricorso è inammissibile, da ciò conseguendo la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della congrua somma indicata in dispositivo alla cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., non risultando l’assenza di profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, a tenore della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 2000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle mmende.
Così deciso il 27 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente