Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 8912 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 8912 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 02/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA presso il TRIBUNALE DI MILANO e da:
COGNOME NOME COGNOME (cui 01k5kis) nato a null (ECUADOR) il 14/09/1969
avverso l’ordinanza del 19/09/2024 del TRIBUNALE DI MILANO
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata; lette le conclusioni scritte dell’avv. NOME COGNOME
Ritenuto in fatto
Con ordinanza in data 19 settembre 2024, il Tribunale di Milano quale giudice dell’esecuzione, pronunciando in sede di rinvio, ha rideterminato la pena
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11.
inflitta a NOME in relazione ai reati giudicati con sentenza del GUP del Tribunale di Milano in data 14.12.2016, irrevocabile il 30.5.2018 relativamente ai delitti satellite giudicati con sentenza del GUP del Tribunale di Milano del 14.7.2014, irrevocabile il 13.2.2015.
Avverso tale decisione NOME COGNOME COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione articolando un motivo di censura, con il quale denuncia il vizio di violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio in relazione ai reati satellite giudicati con sentenza del GUP del Tribunale di Milano del 14.7.2014, irrevocabile il 13.2.2015. L’ordinanza impugnata, nel rímodulare la pena, avrebbe applicato un aumento di pena onnicomprensivo senza tenere conto della gravità e delle caratteristiche di ciascuno dei reatì posti in continuazione.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso anche il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, il quale deduce il vizio di violazione di legge.
Premesso che l’istanza di rideterminazione della pena avanzata dal Galarza era fondata sulla declaratoria dì incostituzionalità dell’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990 operata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 40 del 2019, il ricorrente ha rilevato che tale pronuncia ha riguardato unicamente la pena detentiva minima, mentre non ha investito la sanzione pecuniaria.
L’ordinanza impugnata, nel rideterminare il trattamento sanzionatorio irrogato al ricorrente a seguito di tale pronuncia, avrebbe illegittimamente rideterminato non solo la pena detentiva, ma anche quella pecuniaria.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, chiedendo l’annullamento senza rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente alla statuizione relativa alla pena pecuniaria irrogata a titolo di aumento per la continuazione.
In data 26 novembre 2024 il ricorrente ha depositato conclusioni scritte chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Considerato in diritto
I ricorsi sono fondati e l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Milano.
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Conviene preliminarmente rilevare che, a seguito della pronuncia di questa Corte di legittimità (n. 20538 del 2024) che aveva annullato con rinvio la precedente ordinanza del giudice dell’esecuzione,
il Tribunale di Milano era chiamato a rideterminare l’aumento per la continuazione in relazione ai reati di cui all’art. 73, comma 1-bis, d.P.R. n. 309 del 1990 giudicati con sentenza del GUP del Tribunale di Milano in data 14.7.2014 (irrevocabile il 13.2.2015) e rispetto ai quali la sentenza 14.12.2016 (irrevocabile il 30.5.2018) aveva riconosciuto sussistente il vincolo della continuazione.
Nel giudicare in sede di rinvio, l’ordinanza impugnata ha rideterminato la pena per i reati satellite quantificandola in complessivi anni uno di reclusione ed euro 3.000 di multa.
In tal modo è incorsa in entrambe le violazioni den unciate dai ricorrenti.
Quanto al vizio denunciato nel ricorso proposto da COGNOME, deve essere richiamato il principio affermato dalle Sezioni unite COGNOME, secondo cui, in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite. La motivazione assolve invero alla funzione di consentire il controllo del corretto uso, da parte del giudice, del suo potere discrezionale per la determinazione del trattamento sanzionatorio anche con riguardo ai reati satellite, la quale deve avvenire sia nel rispetto dell’art. 81 cod. pen., sia della funzione rieducativa della pena, ai sensi dell’art. 27 Cost. (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 – 01). La richiamata pronuncia ha, peraltro, precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato i rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene.
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha disatteso tali principi, limitandosi a indicare l’entità dell’incremento sanzionatorio apportato complessivamente per i reati satellite, senza tuttavia specificare nulla rispetto alle ragioni di tal determinazioni con riguardo a ciascuno di tali reati, se non il generico e perciò insufficiente richiamo ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen.
Anche la censura formulata con il ricorso del Procuratore della Repubblica è fondata.
La rideterminazione del trattamento sanzionatorio per i reati satellite operata dall’ordinanza impugnata ha avuto ad oggetto non solo la pena detentiva, ma
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anche quella pecuniaria, avendo il giudice dell’esecuzione quantificato l’aumento per detti reati nella misura di anni uno ed euro 3.000 di multa. La pena in tal modo determinata risulta illegale posto che la declaratoria di incostituzionalità pronunciata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 40 del 2019 ha avuto ad oggetto soltanto la pena detentiva stabilita dall’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990 e non anche quella pecuniaria, la quale dunque non poteva costituire oggetto dell’intervento del giudice dell’esecuzione.
All’accoglimento dei ricorsi consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Milano.
P.Q.M.
Annulla la ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Milano.