Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30381 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30381 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 07/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI CATANIA nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME NOME a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/06/2018 della CORTE APPELLO di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Catania, quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza in data 19 giugno 2018 riconosceva il vincolo della continuazione fra i reati giudicati con due sentenze di condanna emesse a carico di COGNOME NOME, rideterminando la pena complessivamente inflittagli in anni uno, mesi due di reclusione e 400 euro di multa.
Proponeva ricorso il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Catania, lamentando la violazione dell’art. 187 disp. att. cod. proc.pen., nonché degli artt. 81 co. 5 cod. pen. e 671 co.2 bis cod. proc. pen.
La Corte di Appello, nella prospettiva del ricorrente, avrebbe errato nell’individuare la pena da porre a base della rideterminazione che avrebbe dovuto essere la pena più alta inflitta in fase di cognizione e, dunque, quella di cui alla
condanna sub 1), pari ad anni uno e mesi quattro di reclusione e 200 euro di multa.
L’impugNOME provvedimento sarebbe errato anche sotto il profilo della concreta rideterminazione della pena, poiché al condanNOME era stata contestata ed applicata la recidiva qualificata, pertanto, per espresso disposto normativo, l’aumento di pena per la continuazione, anche in fase esecutiva, non avrebbe potuto essere inferiore ad un terzo della pena base.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, il Procuratore Generale chiedeva annullamento con rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
1. Secondo un costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, «ai fini dell’individuazione della violazione più grave nel reato continuato in sede esecutiva, ai sensi dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen., deve essere considerata come “pena più grave inflitta”, che identifica la “violazione più grave”, quella concretamente irrogata dal giudice della cognizione, siccome indicata nel dispositivo di sentenza». (Sez. U, Sentenza n. 7029 del 28/09/2023)
La specifica regola dettata dall’art. 187 disp. att. cod. proc. pen. per l’applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato in sede esecutiva, è diversa da quella operante nella fase di cognizione, essendo ancorata alla sanzione applicata in concreto, conformemente ai limitati poteri dell’organo giurisdizionale “in executivis”, che è chiamato a dare attuazione al “dictum” contenuto nella sentenza, interpretandolo od integrandolo, senza facoltà di determinarlo.
Tale diversità non è in contrasto con il parametro costituzionale dell’ art. 24 Cost., in quanto la differenza di trattamento tra la fase della cognizione e quella della esecuzione trova giustificazione nella, circostanza che il giudice della esecuzione è vincolato alla pena inflitta e coperta da giudicato.( Sez. 1, Sentenza n. 31640 del 09/05/2014)
Proprio in ragione dei limitati poteri del giudice dell’esecuzione, la violazione di maggiore gravità, che detto organo giurisdizionale è chiamato ad individuare allorquando debba applicare la disciplina della continuazione fra più reati già giudicati in via definitiva, è quella punita con la pena più grave inflitta concreto dal giudice della cognizione, la cui specie o misura non possono essere in nessun caso modificate, in senso peggiorativo o migliorativo, potendo il giudice dell’esecuzione operare soltanto una diminuzione delle pene irrogate per i reati satellite. (Sez. 1, Sentenza n. 38331 del 05/06/2014)
Date queste premesse è evidente che il giudice dell’esecuzione, nella individuazione del reato più grave, non ha fatto riferimento alla violazione sanzionata dal giudice della cognizione con la pena più elevata, cioè il reato di cui alla sentenza del Tribunale di Catania in data 5 luglio 2013, per il quale COGNOME ha riportato la condanna alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione e 200 euro di multa, come corretto, poiché ha ritenuto violazione più grave il furto consumato di cui alla sentenza emessa in data 18 febbraio 2016 dalla Corte di Appello di Catania, che, per una pluralità di furti, ha inflitto la pena complessiva di anni uno di reclusione e 300 euro di multa.
E’ fondato anche il secondo motivo di ricorso.
Il ricorrente, premesso che a COGNOME era stata contestata e riconosciuta in entrambe le sentenze la recidiva qualificata, rileva che il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto applicare l’art. 81 ult. co . cod. nella determinazione della pena in aumento per i reati satellite e, cioè, un aumento non inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave e, dunque, un aumento di pena almeno di mesi cinque e giorni dieci di reclusione.
Tale rilievo è corretto, poiché .il disposto dell’art. 81 co. 4 cod.pen. è applicabile anche in fase di esecuzione, come statuito esplicitamente dall’art. 671 co.2 bis cod. proc. pen., introdotto dall’art. 5 L.251/2005.
Come affermato dal ricorrente, in entrambe le sentenze di condanna al COGNOME è stata riconosciuta la recidiva qualificata, seppure bilanciata con le circostanze attenuanti generiche, senza che ciò possa incidere ai fini che qui interessano, poichè è principio pacifico che «in tema di reato continuato, il limite di aumento di pena non inferiore ad un terzo di quella stabilita per il reato più grave, previsto dall’art. 81, comma quarto, cod. pen. nei confronti dei soggetti ai quali è stata applicata la recidiva di cui all’art. 99, comma quarto, cod. pen., opera anche quando il giudice consideri la recidiva stessa equivalente alle riconosciute attenuanti » (Sez. U, Sentenza n. 31669 del 23/06/2016).
Circa, poi, l’entità dell’aumento si deve precisare che « il limite minimo di aumento della pena che, in caso di più reati in concorso formale o in continuazione con quello più grave commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva reiterata prevista dall’art. 99, comma quarto, cod. pen., non può essere inferiore a un terzo della pena stabilita per la violazione più grave, va riferito all’aumento complessivo per la continuazione e non alla misura di ciascun aumento successivo al primo». (Sez. 2, Sentenza n. 18092 del 12/04/2016).
Va, pertanto, disposto l’annullamento della decisione impugnata con rinvio al giudice dell’esecuzione per nuovo esame alla luce dei principi più sopra evidenziati.
PQM
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