Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 8094 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 8094 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 17/01/2023 del TRIBUNALE di GENOVA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto, con requisitoria scritta, il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 17 gennaio 2023 il Tribunale di Genova, quale giudice dell’esecuzione, ha accolto la richiesta formulata da NOME COGNOME di riconoscere il vincolo della continuazione tra i reati giudicati con due sentenze, emesse la prima dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siena, di condanna per il reato di cui all’art. 455 cod.pen. commesso in Chiusi il 30/04/2015, e la seconda dal Tribunale di Genova e confermata dalla Corte di appello di Genova, di condanna per più reati di cui agli artt. 640 e 455 cod.pen. commessi in varie città liguri il 28 e 29/04/2015. GLYPH Ha ricalcolato la pena complessiva in tre anni, sei mesi e quindici giorni di reclusione ed euro 1.750,00 di multa.
Secondo il Tribunale è provata l’unicità di disegno criminoso, essendo le banconote detenute il 30/04/2015, rinvenute in Chiusi a seguito di arresto in flagranza, palesemente residuanti da quelle spese in Liguria nei giorni immediatamente precedenti. Ha ritenuto più grave il delitto di cui al capo E) giudicato dal Tribunale di Genova, per la maggior pena irrogata in concreto, ed ha applicato alla pena complessiva calcolata da questo giudice quella, ulteriore, di sei mesi di reclusione ed euro 100 di multa per il reato giudicato dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siena, già diminuita per il rito abbreviato ivi richiesto.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo con il quale deduce l’inosservanza di legge e la contraddittorietà della motivazione.
L’ordinanza non esplicita le ragioni per cui il giudice dell’esecuzione ha ridetermiNOME solo la pena inflitta dal Tribunale di Siena. Il giudice avrebbe potuto uniformarsi alla decisione del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siena che, quale giudice dell’esecuzione, nell’accogliere l’istanza proposta dal coimputato COGNOME, ha disposto, per il reato di cui alla condanna da lui stesso emessa, un aumento per continuazione pari a soli quindici giorni di reclusione.
Inoltre il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto approfondire le ragioni poste a fondamento della scelta di lasciare immutata la quantificazione degli aumenti per la continuazione interna, già disposti dal Tribunale di Genova per tutti i reati giudicati con la sua sentenza. Il giudice avrebbe potuto anche individuare la pena irrogata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siena quale pena-base su cui operare l’aumento per i reati uniti in continuazione.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato in tutte le sue censure, e deve essere dichiarato inammissibile.
1.1. La prima parte dell’unico motivo di ricorso, laddove il ricorrente lamenta che non sono esplicitate le ragioni che hanno indotto il giudice a rideterminare solo la condanna inflitta dalla sentenza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siena, è manifestamente infondata. Il giudice dell’esecuzione ha preso in esame tutti i reati per i quali il COGNOME è stato condanNOME, anche quelli già ritenuti uniti in continuazione dalla sentenza del Tribunale di Genova, ha correttamente individuato il reato-base in quello sanzioNOME, in concreto, con la pena più elevata, in applicazione dell’art. 187 disp. att. cod.proc.pen. (vedi Sez. 1, n. 31640 del 09/05/2014, Rv. 261088), ed ha ricalcolato la pena per tutti i reati satelliti, sia quelli già ritenuti tali dal giudice della cognizione, sia q divenuti satelliti a seguito dell’applicazione della continuazione con il reato giudicato dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siena. La pena irrogata dal Tribunale di Genova per i reati satelliti già ritenuti tali nella sentenz emessa da quel giudice è stata confermata perché il giudice dell’esecuzione l’ha, legittimamente, ritenuta congrua. Ovviamente egli non doveva, né poteva, modificare la pena irrogata per il reato-base ritenuto tale dal Tribunale di Genova, una volta valutato che esso dovesse essere indicato come reato-base anche a seguito dell’applicazione dell’istituto richiesto. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
1.2. Anche la seconda parte del motivo di ricorso, laddove il ricorrente afferma che il giudice avrebbe potuto uniformarsi alla decisione adottata dal Tribunale di Siena, quale giudice dell’esecuzione, nell’applicare la continuazione ai reati per i quali è stato condanNOME il coimputato, è manifestamente infondata. La diversità della decisione adottata per imputati diversi, addirittura da parte di giudici diversi, non è sindacabile, se correttamente motivata. Nel caso di specie è evidente, stante la diversa identità del giudice dell’esecuzione, che il coimputato del ricorrente ha avuto una vicenda giudiziaria diversa; si ignora se i reati per i quali è stato condanNOME fossero gli stessi di quelli attribuiti ricorrente, e se fossero di pari gravità. In ogni caso, l’ordinanza impugnata ha motivato in modo approfondito, logico e non contraddittorio la decisione in ordine alle pene da irrogare al COGNOME con riferimento a ciascun reato satellite, in particolare a quella da applicare per il reato giudicato dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siena, e non è quindi suscettibile di censura. La
diversità di trattamento rispetto alla posizione di un altro imputato è del tutto irrilevante, né imponeva al giudice dell’esecuzione di motivare la propria scelta di non conformarsi alla decisione di un altro giudicante.
1.3. La censura secondo cui il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto approfondire le ragioni della scelta di confermare la pena irrogata dal giudice della cognizione per i reati già ritenuti satelliti è manifestamente infondata. Il giudice, come già sopra rilevato, ha proceduto al nuovo calcolo della pena per tutti i reati satelliti, applicando il principio dettato da questa Corte (vedi Sez. n. 21424 del 19/03/2019, Rv. 275845), ed ha ritenuto di non doversi discostare dalla pena già applicata dal Tribunale di Genova per i reati satelliti, evidentemente perché l’ha valutata congrua. Peraltro tale pena è molto contenuta, essendo pari a soli quindici giorni di reclusione ed euro 50,00 di multa per ciascun delitto, e non richiede quindi una motivazione approfondita, potendo il giudice dell’esecuzione riportarsi a quella già esposta dal giudice della cognizione.
1.4. Infine è manifestamente infondata, oltre che scarsamente comprensibile, l’affermazione che il giudice dell’esecuzione «avrebbe anche potuto individuare la pena irrogata dal GIP di Siena quale pena base attesa la condotta illecita contestata in occasione dell’arresto del COGNOME». L’individuazione del reato-base, da parte del giudice dell’esecuzione che applichi l’istituto della continuazione, non è affidata alla sua discrezionalità, bensì egli deve applicare il criterio dettato dall’art. 187 disp. att. cod. proc. pen Dall’ordinanza impugnata risulta che il reato sanzioNOME, in concreto, con la pena più elevata è quello di cui al capo E) della sentenza emessa dal Tribunale di Genova: il giudice dell’esecuzione non poteva, quindi, individuare quale reatobase quello giudicato dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siena, e il suo provvedimento è corretto anche sotto questo profilo.
Sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, per la sua manifesta infondatezza.
Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende, nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagannento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somnna di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso il 13 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente