Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5813 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5813 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME
– Relatore –
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
DEL POPOLO NOME nato a GIARRE il 03/12/1982 DEL POPOLO NOME nato a PIEDIMONTE ETNEO il 13/04/1974
avverso la sentenza del 04/03/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME e la declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 27 giugno 2023, resa a seguito di giudizio abbreviato, il Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Catania ha ritenuto NOME COGNOME e NOME COGNOME responsabili in concorso dei reati di detenzione e porto in luogo pubblico di armi comuni da sparo (artt. 2, 4 e 7 l.n. 895/67; capo a), del reato di danneggiamento con esplosione di arma da fuoco di veicoli esposti a pubblica fede (artt. 81, 635 cod. pen.; capo b) e del reato di minaccia con arma da fuoco (art. 610 cod. pen.; capo c); illeciti tutti unificati dal vincolo della continuazione.
Con sentenza in data 4 marzo 2024, la Corte di appello di Catania ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado, assolvendo gli imputati dal reato di cui al capo c) e confermando la declaratoria di responsabilità per gli altri due capi di imputazione.
Ha rideterminato la pena in anni tre, mesi sei e giorni dieci di reclusione ed euro 5.500,00 e per l’effetto anche la sanzione accessoria per entrambi nell’interdizione dai pubblici uffici per anni cinque, escludendo le altre sanzioni accessorie comminate dal giudice di primo grado.
Il fatto di cui al capo a) veniva ricostruito in base alle risultanze compendiate in una comunicazione di notizia di reato del 17/12/2022, dalla quale emergeva che alle ore 23,00 del 16/12/2022 il veicolo BMW serie 3 di NOME COGNOME, parcheggiato nelle vicinanze della sua
abitazione in Linguaglossa, era stato attinto da 12 colpi di arma da fuoco su cofano e parabrezza e che il proprietario dell’autovettura aveva riferito ai Carabinieri che quella stessa sera si erano recati da lui i NOME COGNOME, odierni imputati, con i quali intercorrevano pregressi motivi di rancore; NOME COGNOME gli aveva chiesto se avesse qualcosa da dirgli e al rifiuto di PatanŁ gli aveva sferrato un pugno; PatanŁ aveva chiuso la porta e NOME COGNOME la aveva colpita; quindi si era allontanato con il fratello NOME che aveva estratto una pistola e aveva sparato all’autovettura di PatanŁ.
Nella loro disponibilità era stata trovata una pistola semiautomatica cal. 9×21 marca Beretta modello Stoeger Cougar 8000 con serbatoio carico e con il colpo in canna.
Quanto ai fatti di cui al capo b), era stato accertato che alle ore 23,15 del 25/12/2022 erano stati esplosi numerosi colpi di arma da fuoco all’indirizzo dell’abitazione di NOME COGNOME, in Piedimonte Etneo, nonchØ contro l’autovettura di quest’ultimo e l’autovettura di NOME COGNOME, parcheggiate a poca distanza. Dalle dichiarazioni di COGNOME, COGNOME e di altro soggetto che con loro si accompagnava, NOME COGNOME era emerso che quella stessa sera, mentre Mammino si trovava a Linguaglossa con la fidanzata, era stato fermato da due individui a bordo di una Golf Wolkswagen, ciascuno con in mano una pistola, che gli avevano chiesto perchØ avesse suonato il clacson un quarto d’ora prima. Spaventato da questo atteggiamento COGNOME si era recato a casa dell’amico COGNOME e mentre si trovava lì avevano sentito i colpi di pistola.
Anche tale ricostruzione era stata confermata da immagini estratte da videoriprese e la relazione balistica aveva confermato che i frammenti di proiettili rinvenuti nella BMW di PatanŁ e nella Fiat Punto di Mammino erano stati esplosi dalle armi nella disponibilità degli imputati.
La Corte aveva respinto i motivi di impugnazione proposti dagli imputati in ordine alla commisurazione della pena.
Aveva ritenuto integrati i presupposti per l’applicazione della recidiva contestata a NOME COGNOME e aveva considerato la sua condotta connotata da maggiore disvalore rispetto a quella del fratello e meritevole di essere sanzionata con una pena calcolata in misura maggiore rispetto al minimo edittale.
Nella determinazione della pena la Corte aveva considerato piø grave il reato di porto in luogo pubblico di armi e aveva determinato la pena base, già ridotta ai sensi dell’art. 7 l.n. 895/1967 in anni due, mesi undici e giorni venti di reclusione ed euro 5.000,00 di multa, con aumento per la recidiva reiterata ad anni quattro, mesi cinque e giorni quindici di reclusione ed euro 7.500,00 di multa; aveva poi applicato un ulteriore aumento per il delitto di detenzione di arma comune da sparo ad anni quattro, mesi nove e giorni quindici di reclusione ed euro 7.750,00 di multa e infine l’aumento per i reati di cui ai capi b) fino ad anni cinque, mesi tre e giorni quindici di reclusione ed euro 8.250,00. Pena finale ridotta di un terzo ai sensi dell’art. 442 cod. proc. pen., ad anni tre, mesi sei e giorni dieci di reclusione.
Con riguardo alla posizione di NOME COGNOME ritenuta la recidiva a lui contestata, la Corte aveva sottolineato che egli aveva agito mentre si era sottratto ad un ordine di carcerazione e commisurato per il piø grave reato di porto in luogo pubblico di armi la pena di anni due, mesi dieci e giorni dieci di reclusione ed euro 4.600,00 di multa, con aumento per la recidiva reiterata ad anni quattro, mesi tre e giorni quindici di reclusione ed euro 7.450,00 di multa; aveva poi applicato un ulteriore aumento per il delitto di detenzione di arma comune da sparo fino ad anni quattro, mesi nove e giorni quindici di reclusione ed euro 7.750,00 di multa e infine l’aumento per i reati di cui ai capi b) fino ad anni cinque, mesi tre e giorni quindici di reclusione ed euro 8.250,00. Pena finale ridotta di un terzo ai sensi dell’art. 442 cod. proc. pen., ad anni tre, mesi sei e giorni dieci di reclusione.
Il difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso e ha articolato due motivi.
2.1 Con il primo denuncia inosservanza dell’art. 81 cod. pen. con violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., nonchØ mancanza e contraddittorietà della motivazione in ordine alla medesima disposizione normativa con violazione dell’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen.
La Corte aveva applicato per il reato di porto in luogo pubblico di armi una pena prossima al massimo e l’aveva aumentata in misura eccessiva per i reati satelliti, vanificando il beneficio di cui all’art. 81 cod. pen. e in particolare omettendo di motivare sui singoli aumenti sul presupposto che la misura non avesse violato il limite fissato dal comma 4 di quella disposizione, stabilito per le ipotesi di applicazione della recidiva reiterata.
Tuttavia, deduce la difesa, NOME COGNOME aveva beneficiato della misura alternativa dell’affidamento in prova e il Tribunale di sorveglianza aveva già dichiarato l’estinzione della pena con riguardo alla pena annotata al n. 13 del certificato penale e pertanto non se ne sarebbe dovuto tenere conto. Vi era pertanto ampio spazio per ridurre gli aumenti delle pene.
2.2 Con il secondo motivo lamenta l’inosservanza degli artt. 545 bis cod. proc. pen., 53, 56 e 58 l.n. 689/81 con violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., nonchØ mancanza e contraddittorietà della motivazione in ordine alla mancata applicazione della detenzione domiciliare con violazione dell’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen.
I presupposti per la concessione della sanzione sostitutiva non erano stati valutati nonostante nel giudizio di appello la difesa ne avesse fatto espressa richiesta.
Il difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso e con unico motivo ha lamentato mancanza e contraddittorietà della motivazione in ordine alla mancata esclusione della contestata recidiva e al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con violazione dell’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen.
La motivazione sul punto doveva considerarsi meramente apparente e affidata a formule di stile.
Il Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto con requisitoria scritta il rigetto del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME e la declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di NOME COGNOME Ł infondato, mentre quello proposto da NOME COGNOME va dichiarato inammissibile.
2.1 Con il primo motivo NOME COGNOME lamenta l’eccessiva misura degli aumenti calcolati sulla pena base, poichØ i giudici di merito avevano omesso di motivare specificamente sulla loro determinazione perchØ troverebbe applicazione nel caso di specie l’art. 81, comma 4, cod. pen., in base al quale «se i reati in concorso formale o in continuazione con quello piø grave sono commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall’articolo 99, comma 4, l’aumento della quantità di pena non può essere comunque inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato piø grave».
2.1.1 A NOME COGNOME non poteva essere applicata la recidiva reiterata di cui all’art. 99, comma 4, cod. pen., perchØ la sentenza annotata al n. 13 del certificato del casellario e per la quale all’imputato era stata già riconosciuta la recidiva ai sensi dell’art. 99, comma 4, cod. pen. aveva ad oggetto una pena che doveva considerarsi estinta a seguito di positivo esito dell’affidamento in prova ai servizi sociali, giusta ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Catania in data 26/10/2016.
SicchŁ non doveva applicarsi l’art. 81, comma 4, cod. pen. e non doveva ritenersi sussistente l’obbligo di prevedere un aumento nella misura di almeno un terzo; andavano invece motivati e ridimensionati gli aumenti per i reati avvinti dalla continuazione.
2.1.2 A fronte di queste doglianze, già proposte al giudice di merito di seconde cure, occorre tuttavia osservare che la Corte di appello ha fatto un richiamo del tutto incidentale ed eventuale alla necessità di rispettare l’obbligo di aumentare almeno di un terzo la pena a carico del recidivo e che l’argomento evocato sia del tutto periferico si ricava dalla formulazione del richiamo contenuto nella motivazione («ancorchŁ nella specie andasse applicato il disposto dell’art. 81, ultimo comma, cod.pen.»; pag. 18 della sentenza impugnata).
Anche libero da questo obbligo di aumento minimo, il giudice di merito può comunque commisurare – mantenendosi entro i limiti del triplo nel caso di specie certamente non superati l’aumento complessivo anche in misura maggiore del terzo, purchØ il calcolo degli aumenti sia adeguatamente motivato.
Già coerentemente nella sentenza di primo grado si Ł dato conto della scelta di applicare come pena base una sanzione ben superiore al minimo edittale e di quantificare gli aumenti di misura proporzionata alla valutazione sottesa alla scelta della pena. E ciò facendo architrave del percorso motivazionale che ha condotto alla commisurazione della pena e degli aumenti l’espressa considerazione alla particolare gravità del fatto, caratterizzato dalla spiccata e immotivata aggressività, per l’utilizzazione di armi di potenzialità lesiva micidiale, per la finalità prevaricatrice e per il contenutissimo lasso di tempo entro il quale le condotte sono state commesse.
2.1.3 Come ha affermato Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Rv. 282260 – 01, «in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato piø grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite. (La Corte ha precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena Ł correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene).(Conf. Sez. U, n.7930/95, Rv.201549-01)».
La costanza del principio rende coerente con esso sia le pronunce secondo le quali «il giudice di merito, nel calcolare l’incremento sanzionatorio in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, non Ł tenuto a rendere una motivazione specifica e dettagliata qualora individui aumenti di esigua entità, essendo in tal caso escluso in radice ogni abuso del potere discrezionale conferito dall’art. 132 cod. pen.» ( Sez. 6, n. 44428 del 05/10/2022, Rv. 284005 – 01); sia anche le pronunce che, pur ritenendo insufficiente il rispetto del limite legale del triplo quando la motivazione sia limitata alla misura pena base (come invece affermava, ad esempio, Sez. 5, n. 32511 del 14/10/2020, Rv. 279770 – 01), richiedono che il giudice eserciti il suo potere discrezionale secondo i parametri fissati dagli artt. 132 e 133 cod. pen., motivando non solo in ordine all’individuazione della pena-base, ma anche in ordine all’entità dei singoli aumenti per i reati-satellite ex art. 81, comma secondo, cod. pen., in modo da rendere possibile un controllo effettivo del percorso logico e giuridico seguito nella determinazione della pena (Sez. 1, n. 800 del 07/10/2020, dep. 2021, Rv. 2821601 – 01).
I parametri necessari per ricostruire il percorso logico sono quindi costituiti dalla indicazione quantitativa dell’aumento di pena riferito ad ogni singolo reato e dall’esplicitazione delle ragioni che spiegano la maggiore o minore entità dell’aumento nel duplice riferimento di proporzione ricavabile per relazione alla pena edittale del reato satellite e alla pena base del reato piø grave posto in continuazione.
2.1.4 Nel caso di specie per l’illecito di cui al capo A), per il quale Ł prevista la pena della reclusione da due a dieci anni e della multa da 4.000 euro a 40.000 euro (art. 4 legge n. 895/1967),
la Corte territoriale ha motivatamente scelto – richiamando gli elementi che danno contezza dell’estrema gravità del fatto, che peraltro deriva anche dall’aver concorso con soggetto che si sottraeva volontariamente ad un ordine di carcerazione – una pena base sensibilmente superiore al minimo edittale, comunque riducendola ai sensi dell’art. 7 l. n. 895/67 (anni due, mesi undici e giorni venti di reclusione ed euro 5.000 di multa). Il giudice di appello ha poi esplicitato che tale misura si giustifica anche per il fatto che NOME COGNOME aveva utilizzato personalmente l’arma da sparo in entrambi gli episodi, stagliandosi nella vicenda la sua condotta per un piø marcato protagonismo.
I giudici di merito hanno ritenuto la recidiva, dando applicazione all’ipotesi di cui al comma 2 dell’art. 99 cod. pen., profilo questo non contestato dal ricorso e aderente alle risultanze del certificato penale, che con congrua valutazione il giudice d’appello ha considerato gravi e reiterati tali da mostrare come i fatti oggetto del presente giudizio rappresentino «una rinnovata e piø accentuata pericolosità sociale» (pag. 17 della sentenza impugnata).
E’ stata pertanto aumentata della metà la pena base, sicchŁ il parametro di riferimento per gli aumenti era pari ad anni quattro, mesi cinque e giorni quindici di reclusione ed euro 7.500,00.
A questo punto, tenuto anche conto del fatto che anche in relazione ai reati satellite si deve tenere conto della ritenuta recidiva, risulta trasparente e congrua la determinazione dell’aumento per la continuazione interna (per le plurime condotte di detenzione e porto di armi e munizioni) in mesi quattro di reclusione ed euro 250,00 di multa e per il reato di cui al capo b) (danneggiamento aggravato di due autovetture e del portone di un’abitazione) nella misura di mesi sei di reclusione ed euro 500,00 di multa, che non appare per nulla elevata visto che compendia una continuazione interna in cui confluiscono tre condotte di offesa al bene giuridico tutelato.
2.2 Con il secondo motivo NOME COGNOME lamenta l’inosservanza degli artt. 545 bis cod. proc. pen., 53, 56 e 58 l.n. 689/81 con violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., nonchØ mancanza e contraddittorietà della motivazione in ordine alla mancata applicazione della detenzione domiciliare con violazione dell’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen. La censura rileva in sostanza che il giudice di appello non avrebbe espressamente esaminato la richiesta di sanzione sostitutiva e non avrebbe dedicato nessuno spazio nella sua motivazione alla valutazione della sussistenza dei presupposti per la sua concessione, come illustrati dal difensore.
Il Collegio, tuttavia, rileva che dalla ricostruzione dei fatti e dalla valutazione della personalità dell’imputato, dalla congrua motivazione sulla pericolosità sociale da lui manifestata e sull’accertata sua insofferenza alle regole del vivere civile nonostante le pregresse condanne, emerge incontrovertibile dal testo del provvedimento impugnato l’insussistenza delle condizioni per concedere la detenzione domiciliare, che richiedono un giudizio di affidabilità del condannato all’osservanza delle prescrizioni connesse; basti richiamare le considerazioni circa la sussistenza della recidiva, l’accentuata e rinnovata manifestazione di pericolosità, l’avere agito in concorso con il fratello che si sottraeva ad un ordine di carcerazione, la reiterazione dell’azione a distanza di poco tempo, in un ambito territoriale ristretto e in pubblica via.
E poichØ, come pacificamente ritiene la giurisprudenza di legittimità, «non Ł censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente in relazione a una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando il suo rigetto risulti dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza» (Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, Rv. 284096 – 01; così anche Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, Rv. 275500 – 01), non appare rinvenibile alcun vizio che possa giustificare l’annullamento della decisione impugnata.
Il ricorso di NOME COGNOME Ł inammissibile perchØ, sotto le mentite spoglie
della denuncia di una motivazione apparente in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche e alla ritenuta recidiva, chiede in effetti una rivalutazione nel merito delle congrue valutazioni svolte dalla Corte di appello.
I giudici di merito hanno fatto riferimento ai precedenti penali spiegando che la rinnovata pericolosità si correla non solo alla natura degli illeciti già commessi ma anche al fatto che i reati oggetto di questo procedimento sono stati commessi dopo l’evasione dal carcere, realizzata approfittando di un permesso premio. Quest’ultimo elemento Ł granitico ancoraggio alla valutazione della correlazione della pericolosità sociale manifestata con le condotte oggetto di questo procedimento e quelle precedenti e dell’insensibilità dell’imputato sia alle sanzioni già da lui subite sia alle occasioni di risocializzazione già a lui offerte.
La costante giurisprudenza richiede concreti elementi positivi a favore dell’imputato per fondare il giudizio di meritevolezza delle circostanze attenuanti generiche (tra le tante, sez. 4, n. 32872 dell’08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01); il giudice di merito ha evidenziato – con considerazioni sul punto incontrastate dal ricorso – che non vi era stata compiuta dimostrazione di ulteriori obiettive emergenze favorevoli, tale non potendo essere qualche generica condizione di fragilità, e che in vece vi erano specifici elementi in senso contrario; sicchŁ già per questo non si sarebbe potuto procedere all’applicazione in suo favore dell’art. 62bis cod. pen. (Sez. 2, n. 9299 del 07/11/2018, dep. 2019, Rv. 275640-01).
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, il ricorso di NOME COGNOME deve essere respinto, mentre quello di NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna di entrambi i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di NOME COGNOME – non sussistendo ipotesi di esclusione della colpa nella determinazione della causa di inammissibilità ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n.186 del 07/06/2000 – anche al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso di NOME COGNOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Rigetta il ricorso di NOME COGNOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 18/12/2024
Il Consigliere estensore
COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME