Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 31710 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 31710 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 30/10/2023 del TRIBUNALE di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, dr. NOME
NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con il provvedimento in esame il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzion decidendo in sede di rinvio a seguito di annullamento della Prima Sezione Penale della Cassazione (sentenza n. 43880 del 2022), ha rideterminato la pena inflitta in continuazione ne confronti di COGNOME NOMENOME
NOME, tramite difensore abilitato, ha proposto ricorso contro la citata ordin proponendo un unico motivo, con cui ha denunciato vizi ex art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. per erroneità dell’aumento ai sensi dell’art. 81 cpv. cod. pen. in relazio reato- satellite sub 9) e per assenza di motivazione in ordine all’entità dell’incremento pena così comminata.
Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, AVV_NOTAIO COGNOME, ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
Correttamente l’ordinanza impugnata, nell’ispirarsi ai principi di diritto richiamati sentenza rescindente, ha ricordato che il giudice dell’esecuzione che debba procedere alla rideterminazione della pena per la continuazione tra reati separatamente giudicati con sentenze, ciascuna delle quali per più violazioni già unificate a norma dell’art. 81 cod. deve dapprima scorporare tutti i reati che il giudice della cognizione abbia riunit continuazione, individuare quello più grave e solo successivamente, sulla pena come determinata per quest’ultimo dal giudice della cognizione, operare autonomi aumenti per i reat satellite, compresi quelli già riuniti in continuazione con il reato posto a base del computo (Sez. 5, n. 8436 del 27/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259030; Sez. 1, n. 38244 del 13/10/2010, COGNOME, Rv. 248299; Sez. 1, n. 49748 del 15/12/2009, COGNOME, Rv. 245987); e, ancora, che il giudice dell’esecuzione, nel procedere alla rideterminazione de trattamento sanzionatorio per effetto dell’applicazione della disciplina del reato continuato, può quantificare gli aumenti di pena per i reati-satellite in misura superiore a quelli fiss giudice della cognizione con la sentenza irrevocabile di condanna (Sez. U, n. 6296 del 24/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268735; Sez. 1, n. 3276 del 21/12/2015, dep. 25/01/2016, COGNOME, Rv. 265909; Sez. 1, n. 44240 del 18/06/2014, COGNOME, Rv. 260847).
Lamenta allora il ricorrente che il giudice della cognizione avrebbe posto in continuazione pena inflitta per i reati di cui alla sentenza indicata come sub 9) del cumulo con la p irrogata per i reati di cui alla sentenza indicata come sub 1) del cumulo medesimo, qualificand come più gravi i reati sanzionati con quest’ultima sentenza; ed avrebbe – testualmente comminato “un aumento di anni 3 rispetto alla condanna di cui alla sentenza sub 1”. In virtù di tale ragionamento, si duole che il provvedimento oggetto del ricorso – dopo aver contenuto, per i reati della pronuncia sub 1) – insieme a quelli della sentenza sub 5) – in anni reclusione ed euro 1500 di multa l’aumento in continuazione sulla pena-base calcolata per la sentenza sub 7) – già quest’ultima aumentata ad anni 10 di reclusione ed euro 18.500 di multa per la continuazione interna ad essa – non avrebbe proporzionatamente ridotto il successivo aumento in continuazione per i reati di cui alla sentenza indicata come sub 9), perché il giudice della cognizione li aveva già reputati meno gravi rispetto a quelli giudicat la sentenza sub 1).
2.1. Risulta dalla motivazione dell’ordinanza impugnata che “la sentenza di cui al n. 9) ha riconosciuto la continuazione con il reato giudicato con il titolo riportato al n. 1) e la pena, ex art. 81 c.p., è stata rideterminata in quella di anni tre, in aumento di quella più di anni cinque, irrogata con quest’ultimo titolo; la pena irrogata con quest’ultima sentenz
quella sub 1) n.d.r. – è stata successivamente rideterminata in quella di anni 1 di reclusione ed euro 1.500 di multa per la ritenuta continuazione con i fatti di cui al n. 7) del cumulo”.
2.2. Ne viene l’infondatezza della ragione di ricorso, perché l’ordinanza oggett d’impugnazione non ha valicato l’unico limite imposto dall’approdo ermeneutico della sentenza delle Sezioni Unite COGNOME, ovvero il divieto di non quantificare gli aumenti di pena pe singoli reati-satellite in misura superiore a quelli fissati dal giudice della cognizione, l’incremento della sanzione conteggiato – sulla pena-base stabilita per il reato più grave sub – in relazione ai reati della sentenza sub 1) è notevolmente inferiore rispetto alla pena inf per i reati di cui a quest’ultima decisione, come assunta in sede di cognizione (che era di an cinque, cfr. pag. 2 dell’ordinanza del giudice di rinvio), mentre l’ulteriore aumento per il satellite di cui alla sentenza sub 9) si è assestato sui tre anni di reclusione, già irrogati di cognizione e, in definitiva, rispettosi del dictum del principio di diritto cristallizzato dal massimo consesso nomofilattico.
L’ordinanza impugnata si è del resto conformata all’ulteriore elaborazione della giurisprudenza di legittimità, che ha fissato le linee guida per corrispondere agli obblighi motivazionali in di computo della pena nel reato continuato (cfr. Sezioni Unite, n. 47127 del 24/06/2021, Pizzone, Rv. 282269, che hanno chiarito come, in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pe base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite; con la precisazione che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine singoli aumenti di pena sia correlato all’entità degli stessi e sia tale da consentire di veri che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, in guisa da evitarne il cu materiale). Con enunciati appropriati e ossequiosi di tali direttrici (pagg. 2 e 3) il g dell’esecuzione ha stigmatizzato la somma gravità dei reati desunti dal certificato penale e dato allarmante della personalità del condannato, dedito a delinquere, che hanno suggerito di non ridimensionare ulteriormente l’entità della pena così applicata in executivis per il reato continuato.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al rigetto del ricorso consegue la condanna ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 20/06/2024