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Reato continuato: come si calcola la pena finale?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un condannato che contestava l’aumento di pena applicato in sede esecutiva per un reato continuato. La sentenza chiarisce che il giudice dell’esecuzione ha un potere discrezionale nel determinare l’aumento per i reati satellite, non essendo vincolato né dalla pena originaria né da quella inflitta a un coimputato, purché fornisca una motivazione adeguata basata sulla gravità del fatto e la personalità del reo.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato: Guida al Calcolo della Pena in Fase Esecutiva

L’istituto del reato continuato rappresenta un pilastro del diritto penale sostanziale, volto a mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più reati sotto l’impulso di un ‘medesimo disegno criminoso’. Tuttavia, la sua applicazione in fase esecutiva, quando le condanne sono già definitive, solleva questioni complesse. Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre chiarimenti cruciali sui poteri del giudice dell’esecuzione nel rideterminare la pena complessiva, sottolineando l’ampia discrezionalità e i confini dell’obbligo di motivazione.

Il Caso: La Rideterminazione della Pena in Esecuzione

La vicenda trae origine dalla richiesta di un condannato di vedere riconosciuta la continuazione tra due diverse sentenze definitive. La Corte di Appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, accoglieva l’istanza. Individuava la pena più grave in quella inflitta con una sentenza del 2022 (quattro anni, otto mesi e venti giorni di reclusione) e applicava un aumento per il reato ‘satellite’, oggetto di una precedente condanna del 2017. L’aumento veniva quantificato in dieci mesi di reclusione, portando la pena unica e complessiva a cinque anni, sei mesi e venti giorni.

Il Ricorso in Cassazione: Aumento di Pena Illogico?

Il condannato, tramite il suo difensore, presentava ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. Il punto centrale della doglianza era l’illogicità dell’aumento di dieci mesi. Si evidenziava come tale aumento fosse superiore al triplo della pena inflitta a un coimputato nello stesso reato (solo tre mesi) e sproporzionato, dato che al ricorrente era stata riconosciuta l’ipotesi di lieve entità del reato di spaccio.

Reato Continuato e Potere del Giudice: Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato e cogliendo l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia di calcolo della pena per il reato continuato in sede esecutiva.

Il Calcolo della Pena per il Reato Continuato

I giudici hanno chiarito che, quando il giudice dell’esecuzione applica la continuazione tra reati giudicati separatamente, deve seguire una procedura precisa. Prima di tutto, deve individuare il reato più grave (quello per cui è stata inflitta la pena più alta). Successivamente, sulla pena base di tale reato, deve operare autonomi aumenti per i cosiddetti reati satellite.

Questo significa che il giudice non è vincolato all’aumento di pena già calcolato nel giudizio di cognizione per eventuali altri reati già unificati, ma deve determinare ex novo l’aumento per ogni singolo reato satellite. Tale determinazione è un esercizio di potere discrezionale, guidato dai parametri degli articoli 132 e 133 del codice penale, ovvero la gravità del fatto e la personalità del reo.

L’Irrilevanza del Confronto con il Coimputato

La Corte ha inoltre specificato che la disparità di trattamento lamentata rispetto al coimputato è irrilevante. Le vicende processuali sono distinte e la valutazione sulla congruità della pena deve essere fatta in relazione alla specifica posizione del ricorrente. Il giudice dell’esecuzione, quindi, non è tenuto a parametrare l’aumento di pena sulla base di quanto deciso per altri soggetti coinvolti nello stesso fatto.

Le Motivazioni e Le Conclusioni

La sentenza conclude che, a fronte di un aumento di pena ‘assolutamente contenuto’ come quello di dieci mesi, la motivazione fornita dal giudice dell’esecuzione era adeguata. Il richiamo alla gravità del fatto e alla personalità del reo è stato ritenuto sufficiente a giustificare la scelta discrezionale, garantendo il controllo sul corretto uso del potere di determinazione della pena. Questa pronuncia riafferma un principio fondamentale: nel calcolo del reato continuato, il giudice dell’esecuzione possiede un’ampia discrezionalità, il cui unico limite risiede nell’obbligo di fornire una motivazione congrua e logica, anche se sintetica, che dia conto delle ragioni della sua decisione.

Come calcola la pena il giudice dell’esecuzione in caso di reato continuato?
Il giudice individua il reato più grave (pena base) e su questa applica autonomi aumenti per ciascun reato satellite, determinandoli ex novo sulla base della gravità del fatto e della personalità del reo (art. 132 e 133 c.p.), senza essere vincolato agli aumenti stabiliti nei precedenti giudizi.

La pena inflitta a un coimputato può influenzare l’aumento per il reato continuato?
No. La Corte ha stabilito che la disparità di trattamento con un altro coimputato è irrilevante, poiché si tratta di vicende processuali distinte e la valutazione sulla pena è specifica per la posizione di ogni singolo imputato.

Il giudice deve motivare l’entità dell’aumento di pena per i reati satellite?
Sì, il giudice è tenuto a motivare l’entità dei singoli aumenti per i reati satellite. Il grado di dettaglio della motivazione è correlato all’entità degli aumenti stessi. Anche una motivazione sintetica può essere sufficiente se l’aumento è contenuto e consente di verificare il rispetto della proporzione e dei limiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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