Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6673 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6673 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LEONFORTE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 01/10/2024 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata; letto il ricorso)._ GLYPH u-A-m-étA-0-e -· rilevato che:
la Corte di appello di Caltanissetta, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’opposizione proposta nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordine di esecuzione per la carcerazione emesso dalla Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Caltanissetta il 9 maggio 2024, in relazione alla determinazione della pena da espiare per effetto del riconoscimento della continuazione tra distinti reati di associazione di stampo mafioso;
il ricorso propone tre motivi di censura, i primi due dei quali riferiti a violazione di legge e vizi di motivazione in ordine al computo della pena complessiva concretamente eseguibile, tenuto conto della intera espiazione della pena, nella misura determinata originariamente in sede di cognizione, per uno dei reati unificati in continuazione, il terzo avente ad oggetto l’asserita affermazione del giudice dell’esecuzione secondo cui «non si poteva configurare una continuazione fra i reati»;
ritenuto che:
si verte in tema di unificazione in continuazione tra reati per uno dei quali (quello satellite) la pena risulta essere stata espiata interamente (nella misura quantificata in cognizione) dal 24 giugno 2009 al 7 giugno 2016 e che, per effetto del riconoscimento del vincolo con altro reato, la misura della pena è stata ridotta (quale aumento) ad anni quattro di reclusione;
in sede di rideterminazione della pena da eseguire, per effetto del riconoscimento del vincolo della continuazione, è stata eliminata la sola porzione di quattro anni di reclusione, non anche quella maggiore originariamente stabilita in cognizione;
l’assunto del ricorrente, secondo cui lo scomputo dalla pena finale rideterminata avrebbe dovuto avere ad oggetto non già la pena determinata in aumento, bensì quella concretamente espiata, si contrappone all’orientamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte secondo cui «il riconoscimento del vincolo della continuazione tra reati in sede esecutiva, con la conseguente determinazione di una pena complessiva inferiore a quella risultante dal cumulo materiale, non comporta che la differenza residua possa essere automaticamente imputata alla pena da eseguire, a ciò ostando la disposizione di cui all’art. 657, comma 4, cod. proc. pen., per cui vanno computate a tale fine solo la custodia cautelare o le pene espiate “sine titulo” dopo la commissione del reato e dovendosi conseguentemente scindere il reato continuato nelle singole violazioni che lo compongono» (Sez. 1, n. 17531 del 22/02/2023, COGNOME, Rv. 284435; Sez. 1, n. 6072 del 24/05/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272101; Sez. 1, Sentenza n.
45259 del 27/09/2013, Sapia, Rv. 257618; Sez. 1, n. 8109 del 11/02/2010, COGNOME, Rv. 246383; Sez. 1, n. 25186 del 17/02/2009, COGNOME, Rv. 243809; Sez. 1, n. 1680 del 06/03/2000, COGNOME, Rv. 216418; Sez. 4, n. 27948 del 29/05/2001, COGNOME, Rv. 219607);
correttamente, alla luce del fatto che la pena della quale si controverte risulta essere stata espiata alla data del 7 giungo 2016 e che l’altro reato che compone il reato continuato è stato commesso dal novembre 2018 all’aprile 2019 (e, quindi, in epoca successiva), il giudice dell’esecuzione ha rigettato l’opposizione avverso l’ordine di esecuzione;
da ciò consegue la manifesta infondatezza dei primi due motivi di ricorso;
il terzo motivo è del tutto eccentrico rispetto al contenuto della decisione impugnata che non ha, né poteva farlo, escluso la continuazione già riconosciuta con sentenza n. 708/2023 della Corte di appello di Caltanissetta;
considerato che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16/01/2025