Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 27496 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 27496 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore Generale presso Corte d’appello di Trieste nel procedimento a carico di:
NOME NOME nato a Milano il 07/11/1970 avverso la sentenza del 18/09/2024 del Tribunale di Gorizia; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento gravato.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Gorizia, con sentenza del 18 settembre 2024, ha dichiarato COGNOME NOME responsabile dei reati pluriaggravati di furto della carta bancomat di COGNOME NOME e utilizzo indebito di tale carta, commessi a Gorizia il 25/6/2022.
Il Tribunale ha concesso all’imputato le circostanze attenuanti generiche in misura equivalente alle contestate aggravanti e ha unificato i reati sotto il vincolo della continuazione. Considerato il reato di cui al capo a) (relativo al furto della tessera bancomat) come il più grave, in ragione del giudizio di equivalenza tra attenuanti e aggravanti, e operata la riduzione per il rito abbreviato, il Tribunale ha condannato COGNOME Giulio alla pena finale di un anno e due mesi di reclusione, oltre a 300,00 euro di multa.
Avverso tale sentenza, il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Trieste ha proposto ricorso per Cassazione, sulla base di due motivi che denunciano violazioni di legge.
2.1. Col primo motivo lamenta l’e rronea individuazione del reato più grave.
Il ricorrente sostiene che il Tribunale abbia errato nell’individuare la fattispecie più grave nel reato di furto, ai fini della determinazione della pena base. Si assume che, dopo aver concesso le circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza alle aggravanti contestate, la pena edittale per il reato di furto torna ad essere quella prevista dal comma 1 dell’art. 624 cod. pen., ovvero la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa da 154 a 516 euro. Per contro, il reato di utilizzo indebito di carte di pagamento ( di cui all’ art. 493ter cod. pen.), contestato al capo b), prevede una pena edittale da uno a sei anni di reclusione e da 310 a 1.550 euro di multa. Risulta pertanto evidente, secondo il Procuratore Generale, che la fattispecie prevista dall’art. 493ter cod. pen. sia più grave nel massimo edittale.
2.2. Col secondo motivo deduce l’i nosservanza del disposto di cui all’art. 493ter , comma 2 , cod. pen. e l’ omessa disposizione della confisca obbligatoria.
Tale norma prevede la confisca obbligatoria delle cose che servirono a commettere il reato, del profitto o prodotto, o, in alternativa, di beni, somme di denaro e altre utilità per un valore corrispondente a detto profitto o prodotto. Il ricorrente rileva che il Tribunale avrebbe completamente omesso di provvedere a tale doverosa confisca
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini oltre precisati.
Pur se le circostanze attenuanti generiche, laddove riferibili all’imputato sulla base di elementi di fatto di natura soggettiva (come nella specie, avendo il giudice del merito richiamato la collaborazione processuale e le condizioni di difficoltà familiare dell’imputato ), vanno, di norma, e salva l’indicazione di specifiche ragioni ostative (qui non dedotte), riferiti indistintamente a tutti i reati uniti dal vincolo della continuazione (Sez. 2, n. 25273 del 11/04/2024, Rv. 286681-01; Sez. 5, n. 19366 del 08/06/2020, Rv. 279107-02), resta, comunque, indiscusso che anche con l’ipotetica applicazione delle menzionate attenuanti al delitto ex art. 493ter cod. pen. è sempre quest’ultimo ad essere il reato più grave.
Infatti, in tema di reato continuato, la violazione più grave va individuata in astratto in base alla pena edittale prevista per il reato ritenuto dal giudice in rapporto alle singole circostanze in cui la fattispecie si è manifestata e all’eventuale
giudizio di comparazione fra di esse (Sez. U, n. 25939 del 28/02/2013, COGNOME, Rv. 255347-01). In particolare, il delitto è da considerare sempre più grave della contravvenzione, in presenza di una pluralità di delitti o di contravvenzioni si devono considerare più gravi il delitto o la contravvenzione che hanno il massimo edittale più elevato e, a parità di massimo edittale, quelli con il minimo edittale più elevato (Sez. U, n. 15 del 26/11/1997, dep. 1998, COGNOME, Rv. 209487-01; Sez. U, n. 748 del 12/10/1993, dep. 1994, Cassata, Rv. 195805-01; sulla necessità di individuare la violazione più grave in base alla pena da irrogare per i singoli reati, tenendo conto della eventuale applicazione di circostanze aggravanti o attenuanti, dell’eventuale giudizio di comparazione tra circostanze di segno opposto, e di ogni altro elemento di valutazione, si vedano anche, tra le tante, Sez. 3, n. 225 del 28/06/2017, dep. 2018, Rv. 272211-01 e Sez. 6, n. 44368 del 15/10/2014, Rv. 260625-01).
Nella specie, anche ipotizzata -si ripete e sempre che il giudice del rinvio lo riterrà in concreto -l’estensione delle circostanze attenuanti generiche al delitto di cui all’art. 4 93ter cod. pen., essendo questo punito nel massimo edittale con cinque anni di reclusione (e non sei, come si sostiene in ricorso), il massimo edittale sarebbe comunque è pari a tre anni e quattro mesi di reclusione: pena che resta pur sempre più grave del massimo edittale previsto per il delitto di furto ex art. 624 cod. pen. (tre anni di reclusione).
S icché è effettivamente errata l’individuazione del reato più grave ai fini della determinazione della pena base.
3. Anche il secondo motivo è fondato.
L’art. 493ter cod. pen. prevede che, in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per il delitto di cui al primo comma, «è ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, nonché del profitto o del prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca di beni, somme di denaro e altre utilità di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto».
Si tratta di confisca obbligatoria che il Tribunale ha omesso di ordinare.
Come già più volte chiarito, in tema di confisca prevista dall’art. 12sexies , d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv. in legge 7 agosto 1992, n. 356 (ora art. 240bis cod. pen.), la stessa non deve essere necessariamente preceduta dal sequestro preventivo, essendo solo necessario che i beni siano individuabili nel momento in cui il provvedimento deve essere eseguito (Sez. 1, n. 43812 del 16/04/2018, COGNOME, Rv. 274485-01; confronta, negli stessi termini, tra le tante Sez. 2, n.
6383 del 29/01/2008, Rv. 239448-01), con onere, anche motivazionale, che può essere soddisfatto col richiamo del capo d’imputazione, laddove da esso il dato sia agevolmente ricavabile (Sez. 2, Sentenza n. 15437 del 7/2/2024, non massimata).
Trattasi, peraltro, di una illegalità sul piano quantitativo delle statuizioni conseguenti alla realizzazione del reato per il quale detta confisca è prevista come obbligatoria, tanto che, in tema di patteggiamento, è ammissibile il ricorso per cassazione del Pubblico Ministero, ex art. 448, comma 2-bis cod. proc. pen., volto a denunciare l’omessa applicazione di detta confisca obbligatoria (Sez. 3, n. 29428 del 08/05/2019, Rv. 275896-01).
La sentenza, pertanto, va annullata sul punto, con rinvio ai sensi dell’art. 623, comma 1, lett. d) del codice di rito, trattandosi di una pronuncia che non era appellabile.
Il Giudice del rinvio provvederà a rideterminare la pena, applicando i menzionati principi di diritto, e a disporre la confisca in via diretta, ove possibile, ovvero, laddove questa non sia possibile, per equivalente, previa determinazione dell’importo del profitto del reato di cui al capo b) dell’imputazione (utilizzo indebito della carta bancomat).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e alla confisca e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di Gorizia in diversa persona fisica.
Così è deciso, 05/06/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME