Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9934 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9934 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/03/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Capracotta il 02/10/1960, avverso l’ordinanza del 23/12/2024 del gip del Tribunale di Chieti. Letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto accogliersi il ricorso ed annullarsi con rinvio il provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME formulava al giudice dell’esecuzione istanza ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., chiedendo riconoscersi il vincolo della continuazione tra i reati giudicati con le seguenti sentenze:
sentenza della Corte di Appello di Ancona del 19 giugno 2017, irrevocabile il 10 gennaio 2019, di condanna alla pena di mesi 6 di reclusione per il reato di cui all’art. 10 ter d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (omesso versamento dell’IVA dovuta dalla società RAGIONE_SOCIALE per l’anno di imposta 2010, per un ammontare di € 563.688), commesso in Ancona nel dicembre 2011;
sentenza della Corte di Appello di L’Aquila del 10 ottobre 2018, irrevocabile il 13 settembre 2019, di condanna alla pena di mesi 4 di reclusione per il reato di cui all’art. 10 ter d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (omesso versamento dell’IVA dovuta dalla società RAGIONE_SOCIALE per l’anno di imposta 2010, per un ammontare di € 344.797), commesso in Pescara nel dicembre 2011;
sentenza della Corte di Appello di L’Aquila del 30 settembre 2019, irrevocabile il 21 luglio 2020, di condanna alla pena di mesi 4 di reclusione per il reato di cui all’art. 2, comma 1 bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638 (omesso versamento dei contributi previdenziali dovuti dalla società RAGIONE_SOCIALE per il periodo marzo / agosto 2012, per un ammontare di € 29.481), accertato in Pescara nel febbraio 2013;
sentenza della Corte di Appello di L’Aquila del 10 febbraio 2020, irrevocabile il 9 febbraio 2021, di condanna alla pena di anni 1 di reclusione per i reati di cui agli artt. 316 ter cod. pen. (falsa
attestazione del versamento di contributi assicurativi e previdenziali per € 264.413, così ottenendo l’indebito conguaglio delle maggiori somme dovute all’INPS) omesso versamento dei contributi previdenziali dovuti dalla società RAGIONE_SOCIALE per il periodo marzo / agosto 2012, per un ammontare di € 29.481) e 2, comma 1 bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638 (omesso versamento dei contributi previdenziali dovuti dalla società RAGIONE_SOCIALE per il periodo settembre / novembre 2016, per un ammontare di € 178.702), commessi in Chieti tra il luglio 2014 e l’agosto 2016;
5) sentenza della Corte di Appello di L’Aquila del 7 dicembre 2020, irrevocabile l’8 marzo 2021, di condanna alla pena di mesi 4 di reclusione per il reato di cui all’art. 2, comma 1 bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638 (omesso versamento dei contributi previdenziali dovuti dalla società RAGIONE_SOCIALE per il periodo settembre 2013 / ottobre 2014, per un ammontare di € 142.789), commesso in Chieti tra il settembre 2013 e l’ottobre 2014;
6) sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Chieti del 7 maggio 2021, irrevocabile il 21 aprile 2022, di applicazione della pena di anni 2 di reclusione per plurimi fatti di bancarotta fraudolenta per distrazione delle società RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita il 28 giugno 2016, RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita l’11 ottobre 2016, e RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita l’11 ottobre 2016.
I reati di cui alle sentenze 1), 2), 3), 4) e 5) erano già stati oggetto di precedente provvedimento ex art. 671 cod. proc. pen. dell’1 aprile 2022, con il quale il giudice dell’esecuzione, riconosciuta l’identità del disegno criminoso, aveva rideterminato la pena complessiva in anni uno, mesi sei e giorni ventidue di reclusione, così calcolandola: pena base per i reati di cui alla sentenza sub 4) anni 1 di reclusione, aumentata di mesi 2 di reclusione per i reati di cui alla sentenza sub 1), di mesi 2 di reclusione per i reati di cui alla sentenza sub 2), di mesi 2 di reclusione per i reati di cui alla sentenza sub 3), di giorni 22 di reclusione per i reati di cui alla sentenza sub 5).
Il giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 23 dicembre 2024, accoglieva la nuova istanza, rideterminando la pena complessiva in anni 3 e mesi 2 di reclusione, così calcolandola: pena base per i reati di cui alla sentenza sub 6) anni 2 di reclusione, aumentata di mesi 2 di reclusione per i reati di cui alla sentenza sub 1), di mesi 2 di reclusione per i reati di cui alla sentenza sub 2), di mesi 2 di reclusione per i reati di cui alla sentenza sub 3), così come già disposto nel precedente ed appena citato provvedimento dell’1 aprile 2022; quanto ai reati di cui alla sentenza sub 5), si riteneva di dover disporre un aumento piø consistente rispetto a quello adottato nel precedente provvedimento dell’1 aprile 2022 (da giorni 22 a mesi 2 di reclusione), al fine di «preservare coerenza comminatoria e integralità delle pene, nel rispetto dei criteri commisurativi», essendo il diverso e piø consistente aumento «maggiormente logico e congruente con gli altri aumenti per il medesimo titolo di reato disposti dallo stesso giudice dell’esecuzione»; quanto, infine, ai reati di cui alla sentenza sub 4), la pena veniva aumentata di mesi 5 di reclusione per il delitto di cui all’art. 316 ter cod. pen., e di mesi 1 di reclusione per l’ulteriore reato, aumento ritenuto «sufficientemente retributivo e adeguato al peculiare disvalore del fatto», rilevando, peraltro, per un verso che l’indicata misura rispettava «la proporzione già seguita nelle ordinanze ex art. 671 c.p.p.», ossia quella della «metà delle pene inflitte dalla corte territoriale», e, per altro verso, che «si tratta, quanto all’indebito conseguimento del conguaglio sui contributi assicurativi, del piø grave tra i reati satellite, sia per l’importo dei contributi non versati (€ 264.413,32), sia per la modalità realizzatrice della condotta, di tenore decettivo e comunque basata su una falsificazione posta in danno anche dei lavoratori, secondo un modello produttivo incapace di organizzare risorse patrimoniali proprie per conciliare regole fiscali e previdenziali con l’ordinario rischio d’impresa».
Avverso l’ordinanza in oggetto hanno proposto tempestivo ricorso i difensori di fiducia del COGNOME, Avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME deducendo vizio di motivazione e violazione di legge.
Deducono in particolare che il giudice dell’esecuzione, nel rideterminare la pena complessiva, ha violato il divieto di reformatio in peius , adottando un trattamento sanzionatorio peggiorativo rispetto a quello operato nelle precedenti sedi esecutive con riferimento ai reati di cui alla sentenza sub 5), e aumentando la pena in maniera incongrua quanto ai reati di cui alla sentenza sub 4).
Deducono altresì che il giudice dell’esecuzione ha omesso di indicare in maniera adeguata le ragioni che hanno portato ad una diversa misura dell’aumento di pena per i reati di cui alla sentenza sub 5), non potendosi ritenere sufficiente il generico richiamo al rispetto dei criteri commisurativi, tenuto conto, peraltro, che nel precedente provvedimento dell’1 aprile 2022 il giudice dell’esecuzione, nel rimodulare il trattamento sanzionatorio, aveva fatto riferimento ai principi e criteri di cui agli artt. 132 ss. cod. pen.: Ł stato, dunque, disatteso l’onere di fornire adeguata motivazione dell’entità dei singoli aumenti di pena apportati per i reati satellite, onere ancor piø stringente quando, come nel caso di specie, la decisione entri in contrasto con altra precedente decisione del giudice dell’esecuzione.
Deducono, ancora, che il giudice dell’esecuzione ha fatto improprio riferimento, quanto all’aumento di pena per i reati di cui alla sentenza sub 4), ad un criterio (quello della metà delle pene inflitte in sede di cognizione) che non era stato affatto considerato nei precedenti provvedimenti adottati ex art. 671 cod. proc. pen.
L’illogicità dell’impostazione metodologica sarebbe infine resa evidente, ad avviso dei ricorrenti, dal rilievo negativo attribuito alla materialità della condotta, poichØ al giudice dell’esecuzione non sarebbe richiesto un giudizio in ordine al disvalore della singola azione, già oggetto di valutazione da parte del giudice della cognizione, ma un giudizio complessivo in ordine alla riconducibilità dei reati oggetto della richiesta al dedotto comune disegno criminoso.
Il Sostituto Procuratore generale ha chiesto accogliersi il ricorso ed annullarsi con rinvio il provvedimento impugnato, ritenendo condivisibili le censure prospettate dal ricorrente in ordine alla quantificazione degli aumenti di pena in misura superiore a quelli già adottati in precedenza in sede esecutiva, senza che tale rideterminazione sia accompagnata da idonea e congrua motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato, e deve pertanto essere accolto.
Le doglianze sviluppate dal ricorrente afferiscono alla misura degli aumenti operati per continuazione dal giudice dell’esecuzione: per un verso si ritiene violato il divieto di reformatio in peius, poichØ in relazione al reato di cui alla sentenza sub 5) l’incremento di mesi 2 di reclusione Ł piø elevato di quello, pari a giorni 22 di reclusione, già deliberato dal giudice dell’esecuzione nella precedente ordinanza dell’1 aprile 2022; per altro verso si ritiene incongrua, e comunque non adeguatamente motivata, la misura degli aumenti per i reati di cui alle sentenze sub 4) e sub 5).
La prima doglianza Ł del tutto destituita di fondamento: ed invero, come anche di recente ribadito da questa Corte, «Il giudice dell’esecuzione, nel procedere alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio per effetto dell’applicazione della disciplina del reato continuato, può quantificare un aumento di pena per i reati-satellite in misura superiore a quello fissato in altro provvedimento precedentemente adottato in sede esecutiva, atteso che la discrezionalità del giudice dell’esecuzione incontra un limite solo con riferimento alla valutazione effettuata in sede di
cognizione, rispetto alla quale si Ł formato il giudicato in favore del condannato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure il provvedimento del giudice dell’esecuzione che, nell’estendere il riconoscimento della disciplina del reato continuato, oltre che per i reati di cui a due precedenti condanne, oggetto di provvedimento emesso sempre in fase esecutiva, anche ai reati di cui ad altra successiva sentenza, aveva applicato un aumento di pena per i reati satellite superiore rispetto a quello fissato nel precedente provvedimento)» (Sez. 1, n. 28135 del 28/05/2024, COGNOME, Rv. 281678 – 01).
Dunque, non sussiste la denunciata violazione del divieto di reformatio in peius , poichØ non sussiste alcun divieto di reformatio in peius : il giudice dell’esecuzione Ł certamente libero, nel nuovo contesto che viene a delinearsi per effetto dell’iscrizione di ulteriori delitti nell’unico disegno criminoso già oggetto di precedenti provvedimenti adottati ex art. 671 cod. proc. pen., di rideterminare il trattamento sanzionatorio, adeguandolo ad una rinnovata valutazione del complessivo disvalore dei plurimi fatti illeciti perpetrati dal condannato.
Quanto alle doglianze con le quali il ricorrente attacca la congruità degli aumenti e la loro motivazione, occorre preliminarmente, ed in maniera decisiva, rilevare che, nella determinazione della pena base, il provvedimento impugnato ha violato il principio, da ultimo ribadito da Sez. 1, n. 17948 del 31/01/2024, S., Rv. 286261 – 01, secondo cui «In tema di reato continuato, il giudice dell’esecuzione che ridetermini le pene inflitte con distinte condanne, ciascuna delle quali pronunciata per una pluralità di reati unificati a norma dell’art. 81, comma secondo, cod. pen., deve scorporare i reati già riuniti dal giudice della cognizione, individuare quello piø grave ed infine operare, sulla pena che Ł stata inflitta per quest’ultimo, autonomi aumenti per ciascun reato satellite, compresi quelli già riuniti in continuazione con il reato posto a base del nuovo computo».
In applicazione del principio, il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto determinare la pena base guardando a quella applicata per la piø grave ipotesi di bancarotta fraudolenta di cui alla sentenza sub 6), individuata dal giudice della cognizione nel delitto sub d); su questa pena avrebbe, poi, dovuto operare (e parametrare) gli aumenti per gli ulteriori reati di cui alla sentenza sub 6) (tenendo conto della riduzione per il rito premiale: cfr., per un caso analogo, Sez. 1, n. 26269 del 08/04/2021, De NOME, Rv. 281617 – 01) e per gli ulteriori reati oggetto delle altre cinque sentenze.
L’ordinanza impugnata va, dunque, annullata, con rinvio all’ufficio gip del Tribunale di Chieti perchØ, in diversa persona fisica (Corte cost., sent. n. 183 del 9 luglio 2013), provveda a nuovo giudizio, emendando i vizi motivazionali sopra rilevati, nella piena libertà delle proprie valutazioni di merito.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Chieti, ufficio gip.
Così Ł deciso, 06/03/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME