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Reato continuato: come si calcola la pena?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di sostanze stupefacenti. La Corte conferma la decisione di merito che aveva escluso l’uso personale basandosi su elementi come la quantità (208 dosi) e la suddivisione della sostanza. Viene inoltre chiarito che, in caso di reato continuato tra fatti omogenei, l’aumento minimo di pena non richiede una motivazione eccessivamente dettagliata, essendo sufficiente che sia rispettato il criterio di proporzionalità.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato e Spaccio: La Cassazione Fa Chiarezza

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato due questioni centrali nel diritto penale: la distinzione tra detenzione di stupefacenti per uso personale e per spaccio, e i criteri di calcolo della pena in caso di reato continuato. Questa decisione offre importanti spunti sulla valutazione degli indizi di colpevolezza e sull’obbligo di motivazione del giudice.

I Fatti del Caso: Detenzione di Stupefacenti

Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello che, riformando due precedenti decisioni di primo grado, aveva condannato un individuo per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90. La Corte territoriale, riconoscendo l’esistenza di un reato continuato tra i diversi episodi, aveva rideterminato la pena complessiva in un anno e sei mesi di reclusione e 4.600 euro di multa.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Omessa motivazione: Si contestava alla Corte d’Appello di non aver adeguatamente spiegato perché il quantitativo di hashish detenuto non potesse essere considerato per esclusivo uso personale.
2. Entità dell’aumento di pena: Si lamentava l’entità dell’aumento di pena applicato a titolo di continuazione, ritenendolo ingiustificato.

L’Analisi della Corte: Distinzione tra Uso Personale e Spaccio

La Suprema Corte ha respinto il primo motivo, giudicandolo manifestamente infondato. I giudici hanno sottolineato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica e adeguata, basata su elementi di prova concreti. In particolare, la destinazione a terzi della sostanza era stata desunta da una serie di indizi convergenti:
– Il quantitativo di hashish, dal quale era possibile ricavare ben 208 dosi.
– La suddivisione della sostanza in frammenti, tipica modalità di preparazione per la vendita.
– Le modalità di conservazione: la droga era detenuta a vista su un tavolo, lo stesso luogo in cui l’imputato riceveva i suoi ‘clienti’.

Questi elementi, valutati nel loro complesso, deponevano inequivocabilmente, secondo la Corte, per la destinazione allo spaccio, rendendo inattendibile la tesi difensiva dell’uso personale.

Il Calcolo della Pena per il Reato Continuato

Anche il secondo motivo è stato rigettato. La Cassazione ha richiamato un importante principio stabilito dalle Sezioni Unite (sent. n. 47127/2021), secondo cui il giudice, in caso di reato continuato, deve determinare la pena base per il reato più grave e poi calcolare distintamente gli aumenti per ciascun reato satellite. Tuttavia, il livello di dettaglio della motivazione richiesta per tali aumenti è proporzionale alla loro entità.
Nel caso specifico, trattandosi di reati omogenei e di un aumento di pena minimo rispetto alla pena base, la Corte ha ritenuto che l’obbligo di motivazione fosse stato implicitamente assolto. Il giudice di merito, applicando un aumento contenuto, ha dimostrato di aver rispettato il principio di proporzionalità e i limiti previsti dall’art. 81 del codice penale, senza operare un mero cumulo materiale delle pene.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni alla base della declaratoria di inammissibilità del ricorso risiedono nella manifesta infondatezza dei motivi proposti. La Cassazione ha evidenziato come le censure dell’imputato non fossero altro che una riproposizione di argomenti già correttamente esaminati e respinti dai giudici di merito. La decisione impugnata si basava su argomentazioni giuridiche solide e su una valutazione logica delle prove, non lasciando spazio a una critica fondata in sede di legittimità.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce due principi fondamentali. Primo, la distinzione tra uso personale e spaccio non dipende solo dalla quantità di droga, ma da un insieme di indicatori fattuali che il giudice deve valutare complessivamente. Secondo, nell’ambito del reato continuato, l’obbligo di motivazione del giudice per gli aumenti di pena è flessibile: un aumento minimo per reati simili non necessita di una giustificazione analitica, purché sia proporzionato e ragionevole. La decisione conferma quindi un approccio pragmatico, volto a garantire che la pena finale sia giusta ed equilibrata rispetto alla gravità complessiva dei fatti commessi.

Quali elementi distinguono la detenzione di droga per uso personale da quella per spaccio?
Secondo la Corte, elementi cruciali sono: il quantitativo della sostanza (in questo caso, sufficiente per 208 dosi), la sua suddivisione in frammenti e le modalità di detenzione (a vista su un tavolo usato per ricevere clienti), che complessivamente indicano una destinazione a terzi.

Come deve essere motivato l’aumento di pena in caso di reato continuato?
Il giudice deve calcolare e motivare l’aumento per ogni reato ‘satellite’. Tuttavia, il grado di dettaglio della motivazione è correlato all’entità dell’aumento stesso. Per reati omogenei e aumenti minimi, è sufficiente una motivazione implicita che dimostri il rispetto della proporzionalità e dei limiti di legge.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene giudicato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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