Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2447 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2447 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME NOME COGNOME nato a Gagliano del capo il 06/12/1964 avverso la sentenza del 22/11/2023 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; lette le richieste del difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma del 9 febbraio 2023 che, all’esito del giudizio abbreviato, aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per il delitto di tentato furto aggravato (capo A) e per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 (capo B) e, applicate le circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alle aggravanti ed alla
recidiva reiterata specifica, lo aveva condannato alla pena così determinata «pena di mesi 8 di reclusione e C 800 di multa così determinata: pena base per il reato di cui al capo B), mesi dieci di reclusione e C 1.100,00 di multa, aumentata di mesi 2 ed C 100 per la recidiva ad anni 1 di reclusione ed C 1200 di multa, diminuita alla pena finale sopra indicata per la scelta del rito».
La Corte di appello, alla quale, tra l’altro, era stata denunciata la misura eccessiva della pena, ha affermato che il Giudice di primo grado era incorso in un errore, considerando quale reato più grave ai fini dell’art. 81 cod. pen. il reato in materia di sostanze stupefacenti anziché il reato di tentato furto, ed in un refuso, affermando erroneamente di avere aumentato la pena per la recidiva, anziché per la continuazione.
In particolare, la Corte di merito ha sostenuto che l’errore in ordine alla individuazione del reato più grave ha condotto alla irrogazione di una pena inferiore e che comunque, anche prescindendo da tale errore, la pena inflitta risulta «quasi benevola» e non necessita di interventi correttivi, neppure in relazione alla misura dell’aumento per la continuazione.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento ed articolando un solo motivo, con il quale lamenta violazione della legge penale e vizio di motivazione, deducendo che se, come affermato dalla Corte di appello, il Tribunale ha errato nell’individuare nel reato in materia di sostanze stupefacenti il reato più grave ai fini della disciplina del reato continuato, la Corte di merito ha errato nell’individuare in un anno di reclusione la pena minima per il tentato furto, in quanto per effetto delle circostanze attenuanti risultano elise le aggravanti del reato di furto tentato, cosicché la pena base per il reato di tentato furto non aggravato dalla quale occorreva partire era pari a due mesi di reclusione e non un anno di reclusione come affermato dalla Corte di appello; conseguentemente, la pena finale avrebbe dovuto essere di gran lunga inferiore a quella determinata dal Tribunale per essere considerata benevola.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Le Sezioni Unite hanno affermato, in tema di reato continuato, che la violazione più grave va individuata in astratto in base alla pena edittale prevista per il reato ritenuto dal giudice in rapporto alle singole circostanze in cui l fattispecie si è manifestata e all’eventuale giudizio di comparazione fra di esse (Sez. U, n. 25939 del 28/02/2013, COGNOME, Rv. 255347).
Poiché sono state applicate le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti del tentato furto ed alla recidiva reiterata specifica, applicata in relazione ad entrambi i reati, in applicazione del principio sopra esposto il reato più grave va individuato nel reato in materia di sostanze stupefacenti che prevede una pena detentiva massima di anni quattro di reclusione, mentre per il reato di tentato furto non aggravato, dovendosi tenere conto dell’esito del giudizio di bilanciamento tra circostanze attenuanti ed aggravanti, è prevista una pena massima di anni due di reclusione, oltre alla pena pecuniaria.
È, quindi, infondato il motivo di ricorso laddove si afferma che il minimo edittale per il reato più grave, da identificarsi in quello di tentato furto, è par mesi due di reclusione.
La pena minima per il reato di cui al comma 5 del citato art. 73 è pari a mesi sei di reclusione mentre il Tribunale è partito da una pena base di mesi dieci di reclusione ed euro 1.100,00 di multa, ossia leggermente superiore al minimo ed itta le.
Peraltro, la Corte di appello ha confermato anche in ordine al trattamento sanzionatorio la sentenza di primo grado e affermato che la pena inflitta appare equa anche prescindendo dal preteso «errore» in cui, a suo giudizio, sarebbe incorso il Tribunale nell’individuare il reato più grave, cosicché deve escludersi che su tale giudizio di congruità possa avere esercitato una qualche influenza l’errore in cui è incorsa la Corte di appello nel ritenere che il reato più grave dovesse essere individuato nel tentato furto.
Ne deriva che, in tal modo corretta la motivazione della Corte di merito, il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616, comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 05/12/2024.