Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 31884 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 31884 Anno 2025
Presidente: NOME
Data Udienza: 15/05/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ARZANO il 03/04/1978 avverso l’ordinanza del 11/02/2025 del TRIBUNALE di Benevento udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, in persona di NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Benevento, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza di applicazione della continuazione avverso i reati oggetto delle seguenti sentenze:
n. 7842/2019 emessa dalla Corte di Appello di Napoli in data 8/11/2019 divenuta irrevocabile il 24/02/2021;
n. 6893/2021 emessa dalla Corte di Appello di Napoli in data 22/9/2021 divenuta irrevocabile il 5/4/2022;
n. 62/2020 emessa dal Tribunale di Piacenza in data 21/01/2020 divenuta irrevocabile il 11/9/2020;
n. 3791/2022 emessa dalla Corte di Appello di Napoli in data 1/4/2022 divenuta irrevocabile il 20/12/2022;
emessa dalla Corte di Appello di Napoli in data 2/10/2019 divenuta irrevocabile il 16/7/2020.
Il Tribunale ha rigettato la richiesta di applicazione dell’istituto della continuazione tra i reati suindicati ritenendo che il ricorrente avrebbe dovuto allegare elementi specifici a sostegno della continuazione, non essendo sufficienti l’omogeneità dei reati nØ la contiguità temporale tra gli stessi; ad avviso del Collegio di merito Ł improbabile che il Vettosi il 10 giugno 2016 (data di commissione del primo reato giudicato con sentenza della Corte di Appello di Napoli in data 8/11/2019) avesse programmato la consumazione dei reati di furto e ricettazione commessi in data 24 gennaio 2019, giudicati dalla Corte di Appello di Napoli il 2/10/2019; il Collegio evidenzia per le sentenze sub 1), 2), 3), 4) Ł intervenuto provvedimento di rigetto di richiesta della continuazione in data 13/10/2023, poi confermato anche in sede di legittimità (precisamente dalla Sez. 1 del 2/5/2024); sostiene, infine, che
non sussista il vincolo della continuazione tra i reati oggetto delle sentenze sub 3) e 5), rispettivamente rapina-lesioni-ricettazione (commessi in data 13 ottobre 2018) e furtoricettazione-possesso di armi clandestine (commessi in data 24 gennaio 2019).
Avverso tale provvedimento ricorre, con rituale ministero difensivo, NOME COGNOME affidandosi ad un unico motivo.
Con tale motivo, egli denuncia la violazione di legge in relazione all’art. 81 cod. pen. nonchØ il vizio della motivazione ritenuta mancante, contraddittoria ovvero manifestamente illogica. In particolare, si ritiene che il Tribunale, dopo aver ricordato il precedente rigetto della richiesta di cui alle prime quattro sentenze avrebbe dovuto indicare specificamente le ragioni per cui non era ravvisabile la continuazione tra la sentenza sub 5) e le quattro precedenti ovvero ancora tra la n. 3 3 e la n. 5, senza richiedere all’interessato di allegare le specifiche ragioni per cui poteva essere ravvisata laddove quelle espresse non sono state considerate.
Il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato, quindi, meritevole di un rigetto.
Appare opportuno ribadire alcuni principi relativi al giudizio sull’istituto della continuazione in executivis di cui agli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen. come già espressi con Sez. 1, n. 12914 del 23/02/2022, Rv. 283083.
2.1. Nel procedimento di valutazione della richiesta di applicazione dell’istituto della continuazione Ł demandato un giudizio, proprio della sede di cognizione, in ordine alla riconducibilità dei reati oggetto della istanza ad un comune disegno criminoso. Quanto alla nozione di ‘medesimo disegno criminoso’, Ł stato chiarito che si tratta della rappresentazione, in capo al soggetto agente, della futura commissione dei reati, e dunque di elemento, che attiene alla sfera psicologica del soggetto, risalente a un momento precedente la commissione del primo fra i reati della serie considerata. La ratio propria dell’istituto del reato continuato risiede nella considerazione che l’esistenza di un unitario momento deliberativo di piø reati giustifica untrattamento sanzionatorio piø favorevole e discrezionalmente determinato, non secondo i limiti edittali individuati da ciascuna fattispecie incriminatrice, bensì nel rispetto delle regole di cui all’art. 81 cod. pen. In ordine al contenuto della rappresentazione delle future condotte criminose, va osservato che, da una parte, non può riguardare una scelta di vita, che implica la reiterazione di determinate condotte criminose, nØ una generale tendenza a porre in essere determinati reati: la dedizione al delitto, il ricorso abituale ai proventi dell’attività criminosa e la soggettiva inclinazione a commettere gravi delitti dolosi sono connotazioni proprie del profilo soggettivo del reo che determinano, ai sensi degli artt. 102-108 cod. pen., un piø grave trattamento sanzionatorio, e quindi risultano incompatibili con l’istituto della continuazione fra reati. Dall’altra, la nozione di continuazione non può ridursi all’ipotesi che tutti i singoli reati siano stati dettagliatamente progettati e previsti, in relazione al loro graduale svolgimento, nelle occasioni, nei tempi, nelle modalità delle condotte, giacchØ siffatta definizione di dettaglio, oltre a non apparire conforme al dettato normativo – che parla soltanto di ‘disegno’ – e a non risultare necessaria per l’attenuazione del trattamento sanzionatorio, non considera la variabilità delle situazioni di fatto e la loro prevedibilità normalmente solo in via di larga approssimazione. Quello che occorre, invece, e che Ł sufficiente, Ł che si abbia una programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte delineate in vista di un unico fine. La programmazione può essere, perciò, ab origine anche priva di specificità, purchØ i reati da compiere risultino
previsti almeno in linea generale – con l’inevitabile riserva di ‘adattamento’ alle eventualità del caso – come mezzo diretto al conseguimento di un unico scopo o intento, parimenti prefissato e sufficientemente specifico. ¨ significativo che anche la Corte costituzionale (sentenza n. 183 del 2013) abbia precisato che il giudizio sulla continuazione fra reati richiede sia accertato che il soggetto agente, prima di dare inizio alla serie criminosa, abbia avuto una rappresentazione, almeno sommaria, dei reati che si accingeva a commettere e che detti reati siano stati ispirati ad una finalità unitaria. L’accertamento dell’esistenza di un momento ideativo e deliberativo comune a piø reati va compiuto, come ordinariamente avviene per l’accertamento degli stati soggettivi, secondo le regole della prova indiziaria. Sono stati individuati, con elencazione non tassativa, ma esemplificativa, una serie di elementi (il contesto di tempo e di luogo, le modalità esecutive, la comunanza di correi, il bene giuridico) rilevanti nell’accertamento in parola, da considerare con apprezzamento analitico, quanto alla specifica rilevanza di ciascuno, e complessivo, che li valuti in maniera unitaria.
2.2. Quanto alla ripartizione dell’onere probatorio nel giudizio ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., si Ł affermato che la parte istante ha l’onere di indicare le sentenze che riguardano i reati in relazione ai quali Ł chiesto il riconoscimento della continuazione, ma non anche quello di produrre le sentenze, dato che in esecuzione si applica, diversamente dal giudizio di cognizione, la norma di cui all’art. 186 disp. att. cod. proc. pen., che onera il giudice dell’acquisizione della copia delle sentenze (Sez. 2, 18.11.2010, Rv. 249205; Sez. 2, 14.2.2014, Rv. 259069). Quanto al principio, ricorrente in giurisprudenza, secondo cui l’istante, in sede esecutiva, avrebbe l’onere di allegare gli elementi che dovrebbero fondare il riconoscimento della continuazione (Sez. 1, 25.11.2009, Rv. 245970; Sez. 5, 6.5.2010, Rv. 247356; Sez. 1, 20.4.2016, Rv. 267580), il collegio rileva che impropriamente si parla di onere, istituto che, secondo la tradizionale dottrina, significa l’esistenza, a carico di una parte, di un dovere, seppur diverso dall’obbligo e dalla soggezione. D’altra parte, la giurisprudenza che afferma l’esistenza del menzionato ‘onere di allegazione’ di elementi specifici a sostegno dell’istanza, in realtà, sottolinea la necessità che la prova dell’esistenza di un comune disegno criminoso sia effettiva, e non si limiti a registrare l’esistenza di elementi, come la prossimità spazio-temporale e l’identità del bene giuridico leso, che, di per sØ, sono neutri, essendo anche compatibili con la mera inclinazione a delinquere, fenomeno ben diverso dalla unitaria programmazione, anche generica, di piø reati. Piuttosto, dunque, si deve affermare che, trattandosi di una indagine che ha ad oggetto il momento ideativo e deliberativo del reato, spesso non rilevante e quindi trascurato nell’accertamento di merito, Ł interesse della parte rappresentare ed evidenziare al giudice gli elementi significativi dell’esistenza di un disegno criminoso comune a piø reati, elementi che potrebbero non risultare dalle sentenze di merito. La configurazione, quindi, di un mero interesse della parte, e non di un onere giuridico, comporta che la mancata allegazione di elementi specifici a sostegno dell’istanza non può, di per sØ, essere valorizzata dal giudice in senso negativo all’accoglimento della stessa. 1.3. La motivazione del provvedimento del giudice dell’esecuzione deve, confrontandosi con quanto, eventualmente, rappresentato nell’istanza dellaparte, indicare gli elementi, desumibili da quanto accertato dalle sentenze di condanna, ritenuti rilevanti nella formulazione del giudizio sulla richiesta continuazione. Motivazione sindacabile, nel giudizio di legittimità, nei limiti del controllo consentito ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.
2.3. Quanto al rapporto specifico con il giudizio di cognizione, a norma dell’art. 671 cod. proc. pen., innanzitutto, la continuazione può essere riconosciuta dal giudice
dell’esecuzione ‘sempre che la stessa non sia stata esclusa dal giudice della cognizione’. Sul punto, si Ł precisato che, se Ł pur vero che ‘il giudice della cognizione può riconoscere d’ufficio la continuazione tra il reato rimesso alla sua cognizione e altro per cui l’imputato ha riportato in precedenza condanna divenuta definitiva’ (Sez. 1, 24/01/2017, Rv. 269822), peraltro il giudicato si forma in relazione alle questioni decise dal giudice, e non anche in ordine alle questioni che non sono state devolute alla cognizione del giudice e che questi, pur potendole decidere d’ufficio, non ha esaminato (Sez. 1, 24/09/2015, Rv. 265251). D’altra parte, con specifico riferimento alla domanda, posta nella cognizione, di riconoscimento della continuazione così detta esterna, si Ł precisato che, da una parte, la difesa ha l’onere di indicare e depositare le sentenze condanna già divenute irrevocabili e, dall’altra, in caso di inosservanza di tale onere, il mancato esame nel merito della sussistenza del reato continuato non comporta giudicato negativo sul punto e non preclude perciò l’esame della questione ai sensi dell’art. 671, comma 1, cod. proc. pen. (Sez. 6, 14/01/1999, Rv. 212706; Sez. 1, 4/11/2009, Rv. 244947). Con riguardo ai rapporti tra i giudizi di cognizione e quello instaurato ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., Ł consolidato l’orientamento, condiviso da questo collegio, secondo il quale, anche ove fosse stato possibile, la mancata prospettazione dell’unitarietà del disegno criminoso in sede di cognizione non costituisce indice negativo della sua esistenza, che può essere quindi riconosciuta nella fase esecutiva (Sez. 1, 13/07/2018, Rv. 274327; Sez. 1, 11/07/2019, Rv. 277483; Sez. 1, 03/06/2020, Rv. 279188; contra, Sez. 1, 4/04/2014, Rv. 260088). In particolare, le scelte processuali compiute nel giudizio di cognizione – come il silenzio tenuto in ordine a dati fattuali che potrebbero essere rilevanti al fine del riconoscimento della continuazione ovvero la scelta di non formulare la richiesta ai sensi dell’art. 81 cod. pen. con riguardo a reati già giudicati noncostituiscono di per sØ dati rilevanti nel giudizio sulla continuazione, trattandosi di scelte dettate dall’interesse difensivo nel giudizio di cognizione. Piuttosto, va rilevato che il giudice dell’esecuzione deve fondare il proprio giudizio sulla base di quanto accertato nei giudizi di cognizione e quindi quelle scelte difensive possono incidere sulla formazione dei dati valutabili nel giudizio ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen.
Nel caso in esame giudice dell’esecuzione ha valorizzato taluni principi di diritto ed ha fondato il giudizio negativo su alcuni accertamenti in fatto. Da una parte il Tribunale ha negato che vi fossero elementi indicativi della possibile sussistenza del medesimo disegno criminoso tra le prime quattro sentenze già oggetto di rigetto, confermato anche in sede di legittimità su cui, invero, il ricorso non contesta nulla, dall’altra, il Tribunale ritiene ‘inverosimile’ e indimostrato il medesimo disegno criminoso tra la prima (reato non meglio indicato – neanche in ricorso – commesso nel 2016) e la quinta (reati di furto e ricettazione commessi nel 2019) sentenza e, infine esclude, per omessa allegazione delle relative ragioni, la possibilità di unificare i reati di cui alla terza sentenza (rapina, lesioni e ricettazione di una Fiat 500 consumati in Casoria il 13 ottobre 2018) con la quinta (furto, ricettazione e possesso di armi clandestine, in Giugliano il 24 gennaio 2019). La comune natura patrimoniale del danno cagionato da queste ultime condotte criminose evidentemente non hanno consentito, in assenza di specifiche indicazioni da parte del difensore – invero neanche con il ricorso in sede di legittimità – alcun contributo nell’accertamento necessario sul momento deliberativo dei reati.
Nel quadro delineato, il motivo svolto dal ricorrente non si rivela fondato, in quanto il Tribunale ha operato con motivazione, sia pure sintetica, ma pur sempre adeguata e coerente il riferito giudizio, stimando determinante anche, ma non solo, l’assenza di indicazioni da parte della difesa la quale, senza alcuna allegazione delle sentenze
solamente citate nei riferimenti temporali, lamenta, anche in questa sede, la non correttezza della decisione assunta senza, però, fornire elementi concreti su cui fondare la sussistenza dei vizi denunciati in modo generico.
5. Il ricorso, per tali ragioni, deve essere rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 15/05/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME FILOCAMO