Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7243 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7243 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 01/02/1981
avverso l’ordinanza del 13/07/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del
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Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della dott.ssa NOME COGNOME Sostituta Procuratrice generale della Repubblica presso questa Corte, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con atto rivolto alla Corte di appello di Bologna, NOME COGNOME chiedeva l’applicazione della disciplina della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in ordine ai reati per i quali risultava giudicato con le seguenti sentenze, divenute irrevocabili: 1) sentenza di condanna emessa in data 12 maggio 2014 dal Tribunale di Reggio Emilia; 2) sentenza di condanna emessa in data 8 luglio 2014 dal Tribunale di Reggio Emilia; 3) sentenza di applicazione di pena su accordo delle parti emessa in data 5 dicembre 2014 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Emilia; 4) sentenza di condanna emessa in data 9 maggio 2017 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Emilia; 5) sentenza di condanna emessa il 3 maggio 2022 dalla Corte di appello di Bologna.
Con ordinanza del 13 luglio 2024, il giudice dell’esecuzione riconosceva la continuazione fra i reati giudicati con le sentenze indicate sopra ai numeri 1), 4), 5); rideterminava la pena complessiva per tali reati in 3 anni, 11 mesi e 10 giorni di reclusione ed euro 18.200,00 di multa; rigettava l’istanza per il resto.
La difesa di NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, con atto articolato in due motivi volti ad ottenere l’annullamento dell’ordinanza suddetta in relazione al trattamento sanzionatorio e al parziale rigetto dell’istanza.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce che, con riferimento al trattamento sanzionatorio, il giudice dell’esecuzione è incorso in errori materiali, in vizi motivazionali e in violazioni del divieto di riforma peggiorativa delle pene inflitte dal giudice della cognizione.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce vizi di motivazione con riguardo al parziale rigetto dell’istanza. La difesa afferma che il giudice dell’esecuzione è incorso in vizi di motivazione e ha omesso di valutare gli elementi rivelatori della sussistenza di un medesimo disegno criminoso fra tutti i reati indicati nell’istanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato.
1.1. La giurisprudenza di legittimità ha spiegato che, in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il
reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Rv. 282269 – 01; la Corte ha precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia operat surrettiziamente un cumulo materiale di pene).
1.2. Con riferimento al caso concreto ora in esame, è assorbente notare che l’ordinanza impugnata non reca una motivazione precisa in ordine alla determinazione delle singole frazioni di pena relative a ciascun reato posto in continuazione, sicché non risulta rispettato il condivisibile richiamato principio di diritto.
Per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio, quindi, l’ordinanza impugnata risulta priva di adeguata motivazione.
2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
Il giudice dell’esecuzione, nel rigettare l’istanza di riconoscimento della continuazione nei termini più ampi pretesi dal ricorrente, ha rispettato i condivisibili principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo i qual l’istituto in questione postula che l’agente si sia rappresentato e abbia unitariamente deliberato, almeno nelle loro linee essenziali, una serie di condotte criminose, e non si identifica con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione dello stesso a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017 Rv. 270074 – 01; Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Rv. 266615 – 01; Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, dep. 2013, Rv. 255156 – 01).
Il giudice dell’esecuzione, infatti, ha esplicitato, in maniera piana e non illogica, esponendo riferimenti alle epoche di commissione dei vari reati e alla natura di essi, le ragioni poste a fondamento della mancata estensione del vincolo della continuazione nei termini più ampi prospettati nell’istanza.
Con riguardo al mancato accoglimento totale della domanda, l’ordinanza impugnata risulta, quindi, immune da vizi logici e giuridici.
In ordine a tale profilo, il provvedimento supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato deve arrestarsi alla verifica del rispetto delle norme giuridiche, delle regole della logica e della conformità ai canoni che presiedono all’apprezzamento delle circostanze fattuali. Il ricorso, invece, tende ad offrire una ricostruzione alternativa e una rilettura degli elementi disponibili, sulla base di valutazioni di merito precluse in questa sede.
Per le ragioni esposte, l’ordinanza impugnata deve essere annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio alla Corte di appello di Bologna che svolgerà nuovo giudizio sul punto senza incorrere nel vizio riscontrato.
In sede di rinvio, dovrà applicarsi l’art. 34, comma 1, cod. proc. pen., quale risulta a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 183 del 2013, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione e dell’art. 623, comma 1 lett. a), cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedono che non possa partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o rigetto della richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen.
Per il resto, il ricorso deve essere rigettato.
P.Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Bologna. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, 5 novembre 2024.