Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44270 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44270 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BARI il 03/07/1984
avverso l’ordinanza del 07/06/2024 del GIP TRIBUNALE di FROSINONE
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 7 giugno 2024 il Tribunale di Frosinone, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza di NOME COGNOME di applicazione della disciplina della continuazione tra i reati oggetto delle seguenti sentenze di condanna emesse nei suoi confronti:
sentenza della Corte di appello di Lecce del 16 novembre 2020, per reati di cui all’art. 73 d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309, commessi dal 27 giugno 2006 al 9 dicembre 2006;
sentenza della Corte d’assise d’appello di Bari del 22 febbraio 2017, cui, con separata ordinanza, sono stati unificati in continuazione i reati oggetto di altre tre sentenze tra cui quella della Corte d’appello di Bari del 17 aprile 2013, per reato di cui all’art. 74 d.pr. n. 309 del 1990 commesso dal 1° agosto 2006, e per
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diversi reati di cui all’art. 73 stesso decreto commessi il 13 giugno 2007, il 27 febbraio 2007, il 12 marzo 2007, il 30 maggio 2007.
In particolare, nel respingere l’istanza, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto non vi fossero elementi che potessero deporre per la programmazione unitaria dei reati, evidenziando in particolare che non è sufficiente la coincidenza temporale, occorrono anche elementi specifici da cui poter desumere la programmazione da parte dell’associato degli specifici reati fine nel momento di ingresso nell’associazione, inoltre i concorrenti dei reati di cui all’art. 73 sono soggetti diversi dagli aderenti all’associazione.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con unico motivo in cui deduce violazione di legge e vizio di motivazione per essere stata respinta l’istanza nonostante che la programmazione unitaria dei reati fosse desumibile dalla coincidenza temporale e dalla circostanza che il reato di spaccio rientrasse nel programma dell’associazione criminale.
Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato.
Il ricorso deduce che nel caso in esame si era in presenza di indici astratti dell’esistenza di una volizione unitaria tra i reati oggetto dell’istanza, e che tali indici non sono stati valutati adeguatamente nella ordinanza impugnata.
L’argomento è fondato.
La norma dell’art. 81 cod. pen. non detta una definizione di “medesimo disegno criminoso”, e, per riempire di contenuto la previsione, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che alla individuazione del “medesimo disegno criminoso” si debba arrivare attraverso criteri indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita (cfr. Sez. U, Sentenza n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01: Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al
momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea).
L’ordinanza ha, in effetti, svalutato l’esistenza di tali criteri indicatori, in particolare quelli della vicinanza temporale e dell’omogeneità delle violazioni, affermando che, oltre ad essi, occorrono anche elementi specifici da cui poter desumere la programmazione da parte dell’associato degli specifici reati fine nel momento di ingresso nell’associazione, argomento che in astratto è corretto, ma che non è stato sviluppato in modo logico nel caso in esame, essendosi risolto in concreto nell’evidenziare che i correi dei reati di cui all’art. 73 d.p.r. n. 309 del 1990 oggetto dell’istanza non sono coincidenti con gli associati del reato di cui all’art. 74 stesso decreto, ovvero utilizzando a sua volta, in modo contraddittorio, un criterio indicatore astratto dell’esistenza o meno della volizione unitaria che non è stato approfondito nell’ordinanza evidenziando in concreto quali sono le condotte concrete per cui vi è stata condanna ex art. 73 citato e quali il ruolo svolto in esse dai correi.
Inoltre, il percorso logico dell’ordinanza non si confronta con il riconoscimento della continuazione tra il reato associativo ed altri episodi di cui all’art. 73, molto vicini temporalmente a quelli oggetto dell’istanza, avvenuto con separata ordinanza. Il giudice dell’esecuzione, investito di una richiesta ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen. per il riconoscimento del vincolo della continuazione, nella sua piena libertà di giudizio, non può, infatti, trascurare la valutazione già compiuta in sede cognitoria ai fini della ritenuta sussistenza di detto vincolo tra reati commessi in un lasso di tempo al cui interno si collocano, in tutto o in parte, quelli oggetto della domanda sottoposta al suo esame (Sez. 1, Sentenza n. 54106 del 24/03/2017, COGNOME, Rv. 271903).
Ne consegue che l’ordinanza impugnata non resiste alle censure che le sono state rivolte, e che il ricorso deve essere accolto con rinvio per nuovo giudizio.
Il giudizio di rinvio si dovrà svolgere in diversa composizione, in applicazione della pronuncia Corte Cost. 3 luglio 2013, n. 183, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimi gli artt. 34, comma 1, e 623, comma 1, lettera a), cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedono che non possa partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o rigetto della richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Frosinone. Così deciso il 16 ottobre 2024.