Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25740 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25740 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 27/12/1983
avverso l’ordinanza del 05/02/2025 del TRIBUNALE di BERGAMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, dott.ssa NOME COGNOME la quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 5 febbraio 2025 il Tribunale di Bergamo ha rigettato l’istanza, presentata nell’interesse di NOME COGNOME volta al riconoscimento del vincolo della continuazione, in executivis, tra i reati per cui egli è stato condannato con tre separate sentenze.
Il giudice dell’esecuzione ha, in proposito, indicato, in senso ostativo all’accoglimento della richiesta: il decorso, tra le perpetrate condotte criminose, di un significativo scarto temporale; la diversità dei luoghi di commissione dei reati; l’omessa enunciazione, da parte dell’istante, di elementi, diversi ed ulteriori rispetto alla mera identità del bene giuridico offeso (trattasi, invero, di fattispecie di furto aggravato, consumato o tentato), idonei a dimostrare la loro riconducibilità ad un unico disegno criminoso.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’avv. NOME COGNOME ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con il quale denuncia vizio di motivazione sul rilievo che il giudice dell’esecuzione è pervenuto al rigetto dell’istanza ex art. 671 cod. proc. pen. sulla base del fallace presupposto che essa avesse ad oggetto due, anziché tre, reati e della, parimenti imprecisa, indicazione dello iato che li separa dal punto di vista cronologico, e senza tener conto delle circostanze che, debitamente esposte nell’atto introduttivo dell’incidente di esecuzione, concorrono ad attestare la sussistenza delle condizioni per l’applicazione della disciplina del reato continuato.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e deve, pertanto, essere accolto.
Preliminarmente, va ricordato che la giurisprudenza di legittimità, con riferimento al vincolo della continuazione in sede di esecuzione, ha individuato gli elementi da cui desumere l’ideazione unitaria, da parte del singolo agente, di una pluralità di condotte illecite, stabilendo che le violazioni dedotte ai fini dell’applicazione della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen. devono costituire parte integrante di un unico programma criminoso deliberato per conseguire un determinato fine, per il quale si richiede l’originaria progettazione di una serie ben
individuata di illeciti, già concepiti almeno nelle loro caratteristiche essenziali (Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, NOME, Rv. 255156).
Tale programma, a sua volta, non deve essere confuso con la sussistenza di una concezione di vita ispirata all’illecito, perché in tal caso «la reiterazione della condotta criminosa è espressione di un programma di vita improntato al crimine e che dal crimine intende trarre sostentamento e, pertanto, penalizzata da istituti quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso ed opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei» (Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, COGNOME, Rv. 252950).
La verifica di tale preordinazione – ritenuta meritevole di più benevolo trattamento sanzionatorio attesa la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, anziché di spinte criminose indipendenti e reiterate – investendo l’inesplorabile interiorità psichica del soggetto, non può essere compiuta sulla base di indici meramente presuntivi ovvero di congetture processuali, essendo necessario dimostrare che i reati che si ritengono avvinti dal vincolo della continuazione invocato siano stati concepiti ed eseguiti nell’ambito di un programma criminoso unitario (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, COGNOME, Rv. 267596).
Ne discende che «Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Non è, per converso, necessaria la concomitante ricorrenza di tutti i predetti indicatori, potendo l’unitarietà del disegno criminoso essere apprezzata anche al cospetto di soltanto alcuni di detti elementi, purché significativi (in questo senso cfr., tra le tante, Sez. 1, n. 8513 del 09/01/2013, Cardinale, Rv. 254809; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, Lombardo, Rv. 242098).
L’accertamento di tali indici è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti.
3. Tanto premesso sul piano dei principi, ritiene il Collegio che il Tribunale di
Bergamo non vi si sia attenuto, pervenendo al rigetto dell’istanza ex
art. 671 cod.
proc. pen. proposta nell’interesse di NOME COGNOME sulla scorta di considerazioni che risentono, sul piano logico, di significative imprecisioni.
Il riferimento attiene, per un verso, al rilievo, operato dal giudice dell’esecuzione, secondo cui l’istanza avrebbe avuto ad oggetto due reati, anziché
tre, ed alla conseguente esclusione dalla valutazione di una delle fattispecie specificamente menzionate nell’istanza di parte.
La frattura razionale appare ancora più eclatante se si considera che il
Tribunale ha assegnato valenza ostativa al riconoscimento della continuazione al distacco temporale tra le condotte, che ha indicato in «un anno e un mese circa»,
periodo che, però, non corrisponde alla successione dei comportamenti illeciti per cui NOME è stato condannato, intervallati, rispettivamente, di tre mesi (reati di cui
alle sentenze nn. 1 e 2) e di un anno e dieci mesi (reati di cui alle sentenze nn. 2
e 3).
Tanto basta a rendere illegittima l’ordinanza impugnata, frutto di una delibazione Che, nel suo complesso, si palesa, con ogni evidenza, irrimediabilmente viziata dall’erronea considerazione dei dati fattuali pertinenti.
Dalle precedenti considerazioni discende, in conclusione, l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Bergamo per un nuovo giudizio che, libero nell’esito, sia emendato dai vizi riscontrati.
P.Q.M.
annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Bergamo in diversa persona fisica.
Così deciso il 03/06/2025.