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Reato continuato: calcolo pena tra reclusione e multa

La Corte di Cassazione interviene sul corretto calcolo della pena in caso di reato continuato tra delitti puniti con sanzioni eterogenee. Un imputato, condannato per danneggiamento (reclusione) e minaccia (multa), aveva ricevuto un aumento di pena in giorni di reclusione per il secondo reato. La Suprema Corte ha annullato la sentenza su questo punto, chiarendo che l’aumento per il reato satellite punito con sola pena pecuniaria deve essere ragguagliato a una sanzione dello stesso genere, applicando i criteri di conversione previsti dalla legge.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato: La Cassazione sul Calcolo della Pena tra Reclusione e Multa

La recente sentenza n. 14966/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento tecnico sul calcolo della sanzione nel caso di reato continuato, specialmente quando i delitti commessi sono puniti con pene di genere diverso, come la reclusione e la multa. Questa decisione sottolinea l’importanza di rispettare il principio di legalità della pena, assicurando che l’aumento per i reati satellite sia coerente con la natura della sanzione prevista per essi.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per i reati di danneggiamento (art. 635 c.p.) e minaccia (art. 612 c.p.), unificati dal vincolo della continuazione. La Corte di Appello, pur riformando parzialmente la prima sentenza, aveva determinato la pena finale applicando un aumento in giorni di reclusione per il reato di minaccia, nonostante quest’ultimo fosse sanzionato dal codice penale con la sola pena della multa. L’imputato, tramite il suo difensore, proponeva quindi ricorso per cassazione, lamentando diversi vizi della sentenza, tra cui l’errata determinazione del trattamento sanzionatorio.

I Motivi del Ricorso e l’analisi del reato continuato

Il ricorrente basava la sua impugnazione su quattro motivi principali:

1. Mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.): La difesa sosteneva che i precedenti penali non fossero ostativi e che il fatto fosse di lieve entità. La Cassazione ha ritenuto questo motivo infondato, confermando la valutazione dei giudici di merito sulla gravità della condotta e sulla non abitualità del comportamento, esclusa dai precedenti.

2. Mancato riconoscimento dell’attenuante del risarcimento del danno (art. 62 n. 6 c.p.): L’imputato aveva offerto una somma a titolo di risarcimento e inviato una lettera di scuse. La Corte ha respinto anche questa doglianza, ribadendo il principio secondo cui, per l’applicazione dell’attenuante, il risarcimento deve essere integrale e non parziale. La valutazione sulla congruità è rimessa al giudice, e la mancata costituzione di parte civile non implica un’accettazione del risarcimento offerto.

3. Errata applicazione della legge penale nel calcolo della pena per il reato continuato: Questo è il punto cruciale accolto dalla Suprema Corte. La difesa ha correttamente evidenziato che la Corte di Appello aveva aumentato la pena per il reato base (danneggiamento, punito con reclusione) aggiungendo altri giorni di reclusione per il reato satellite (minaccia), che però è punito esclusivamente con la multa.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondati i motivi relativi al trattamento sanzionatorio, annullando la sentenza impugnata su questo punto specifico. Il Collegio ha riaffermato un principio di diritto consolidato, anche dalle Sezioni Unite (sent. n. 40983/2018), secondo cui in caso di concorso di reati puniti con sanzioni eterogenee (detentive e pecuniarie) e uniti dal vincolo del reato continuato, il calcolo della pena deve seguire regole precise.

Il criterio è quello della pena unica progressiva: si parte dalla sanzione prevista per il reato più grave e la si aumenta per i reati satellite. Tuttavia, per il principio di legalità, l’aumento deve rispettare il genere della pena prevista per il reato satellite. Pertanto, se il reato satellite è punito con la sola pena pecuniaria, l’aumento della pena detentiva derivante dal reato principale deve essere ragguagliato, ovvero convertito, in una pena pecuniaria, secondo i criteri stabiliti dall’art. 135 del codice penale.

Nel caso di specie, la Corte di Appello aveva errato determinando un aumento di mesi e giorni di reclusione per un reato sanzionato con la sola multa. La Cassazione, rilevando questo errore di diritto, ha proceduto direttamente, ai sensi dell’art. 620, comma 1, lett. l), c.p.p., a rideterminare la pena finale, annullando senza rinvio la sentenza e applicando un aumento corretto in euro 2.500 di multa.

Le Conclusioni

La sentenza in esame costituisce un’importante lezione sulla tecnica di commisurazione della pena nel reato continuato. Essa chiarisce che il principio del favor rei e di legalità della pena impone al giudice di rispettare la natura delle sanzioni previste per ciascun reato, anche all’interno dell’unificazione fittizia della continuazione. Un aumento di pena detentiva per un reato che prevede solo una multa è illegittimo. La decisione della Cassazione di annullare senza rinvio e rideterminare direttamente la pena dimostra l’oggettività dell’errore e la volontà di assicurare una rapida ed corretta applicazione della legge.

In un reato continuato, come si calcola l’aumento di pena se il reato satellite è punito solo con una multa e quello principale con la reclusione?
L’aumento di pena detentiva previsto per il reato più grave deve essere ragguagliato a pena pecuniaria, secondo i criteri di conversione stabiliti dall’art. 135 del codice penale. È illegittimo applicare un aumento in termini di reclusione per un reato che prevede solo una sanzione pecuniaria.

Un risarcimento parziale del danno è sufficiente per ottenere l’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p.?
No, la sentenza ribadisce che il risarcimento del danno, per configurare la circostanza attenuante, deve essere integrale. La valutazione sulla congruità del risarcimento spetta al giudice e non può basarsi su una valutazione sommaria.

La mancata costituzione di parte civile della vittima implica l’accettazione del risarcimento offerto?
No, la Corte ha chiarito che la mancata costituzione di parte civile non costituisce di per sé motivo per ritenere che la vittima sia stata integralmente soddisfatta da un’offerta di risarcimento parziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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