Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 37666 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 37666 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME
NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Catania il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Catania dell’11/2/2025 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 11.2.2025, la Corte d’appello di Catania ha provveduto, in funzione di giudice dell’esecuzione, su una richiesta di applicazione della disciplina del reato continuato alle seguenti due sentenze irrevocabili di condanna di NOME COGNOME: 1) sentenza della Corte di appello di Catania del 3.2.2022 di condanna, all’esito di giudizio abbreviato, alla pena di otto anni di reclusione per il reato di partecipazione all’associazione mafiosa denominata RAGIONE_SOCIALE, in Catania e provincia dall’ottobre 2016 in permanenza; 2) sentenza della Corte di appello di Catania dell’1.7.2024 di condanna, all’esito di giudizio abbreviato, alla pena di quattro anni, due mesi di reclusione e 1.000 euro di multa per i reati di estorsione aggravata ex art. 416bis .1 cod. pen., commessi nell’interesse del RAGIONE_SOCIALE dal gennaio 2015 a novembre 2017.
I giudici dell’esecuzione hanno reputato sussistente il medesimo disegno criminoso tra i reati giudicati con le predette sentenze e, quanto alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio, hanno ritenuto piø grave il reato associativo, aumentando la pena base di otto anni di reclusione di ulteriori tre anni di reclusione (quattro anni e sei mesi di reclusione, ridotti di un terzo per il giudizio abbreviato) per i reati di estorsione di cui alla sentenza sub 2), tenuto conto della gravità oggettiva dei fatti, del lungo tempo lungo il quale sono state poste in essere le condotte, del metodo mafioso utilizzato e del consistente danno patrimoniale cagionato alle persone offese, che pagavano un ‘pizzo’ mensile fino alla cifra di 1.500 euro. Di contro, la Corte d’appello ha considerato che l’avvenuta confessione dell’imputato fosse stata già presa in considerazione dal giudice della cognizione per la concessione delle circostanze attenuanti generiche.
2.Avverso la predetta ordinanza, ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME,
articolando due motivi.
2.1 Con il primo motivo, deduce erronea applicazione della legge in relazione all’aumento operato per la continuazione.
Il ricorso sostiene che per i reati posti in continuazione dal giudice dell’esecuzione, NOME era stato condannato in fase di cognizione a una pena solo di poco superiore a quella rideterminata nella fase dell’esecuzione, mentre ad altri imputati il giudice della cognizione aveva applicato per i reati-fine pene che andavano dai sei mesi a un anno.
La quantificazione dell’aumento ex art. 81, comma 2, cod. pen. per il ricorrente ha portato ‘ad una rimodulazione in peius del giudicato intervenuto sul trattamento sanzionatorio dei reati minori’, sebbene la disciplina della continuazione sia fondata sul presupposto della minore riprovevolezza dei comportamenti posti in essere in attuazione di un unico disegno criminoso.
2.2 Con il secondo motivo, deduce la mancanza di motivazione in relazione all’applicazione dell’aumento di pena per la continuazione.
Il ricorso lamenta che il giudice dell’esecuzione non abbia ha dato conto con adeguata motivazione dei singoli aumenti per i reati-satellite e dei criteri in base ai quali ha esercitato il suo potere discrezionale.
Con requisitoria scritta trasmessa il 6.8.2025, il AVV_NOTAIO Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile, in quanto risultano rispettati i limiti imposti dagli artt. 81 cod. pen., 671 cod. proc. pen. e 187 disp. att. cod. proc. pen. e la motivazione sui singoli aumenti Ł stata espressa con riferimento alla gravità oggettiva dei fatti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł complessivamente infondato per le ragioni di seguito esposte.
Il primo motivo, che sviluppa una doglianza di ‘reformatio in peius’, deve essere disatteso.
Va premesso, a tal proposito, che, in sede di applicazione della continuazione a reati già giudicati con sentenza irrevocabile, il giudice Ł vincolato non dal divieto di “reformatio in peius” di cui all’art. 597, comma 3, cod. proc. pen., quanto piuttosto dal limite stabilito dall’art. 671, comma 2, stesso codice, a norma del quale la pena complessiva non può eccedere la somma di quelle inflitte con ciascuna sentenza o decreto di condanna (v. Sez. 3, n. 23949 del 29/4/2015, Susto, Rv. 263848 – 01; Sez. 2, n. 43768 drell’8/10/2013, Bacio Terracino e altro, Rv. 257664 – 01).
Ciò posto, deve osservarsi innanzitutto che l’aumento a titolo di continuazione operato in sede esecutiva per i reati oggetto della seconda sentenza dell’1.7.2024 (tre anni di reclusione) Ł certamente inferiore alla pena che era stata inflitta a COGNOME in sede di cognizione (quattro anni e due mesi di reclusione): pertanto, nessuna violazione della regola di cui all’art. 671, comma 2, cod. proc. pen. Ł ravvisabile.
NØ, in secondo luogo, si può richiamare, quale pretesa inosservanza del limite fissato da tale norma, la circostanza che ad alcuni coimputati di COGNOME sia stato applicato in sede di cognizione un aumento a titolo di continuazione piø contenuto rispetto a quello deciso dal giudice dell’esecuzione nei confronti del ricorrente.
La doglianza Ł, per un verso, indimostrata, nel senso che non offre alcun elemento per documentare che la posizione degli altri imputati fosse sovrapponibile a quella di COGNOME, quanto al grado di colpevolezza in termini di coinvolgimento personale nei reati e quanto alla valutazione della pericolosità individuale di ciascun colpevole.
Per altro verso, la circostanza non determinerebbe, comunque, alcun automatismo
favorevole per l’odierno ricorrente, in quanto il giudice dell’esecuzione conserva la sua autonomia valutativa rispetto alla posizione di COGNOME e non può sindacare incidentalmente un provvedimento di altro giudice riguardante un soggetto diverso per estenderlo acriticamente al condannato che ha proposto successivo incidente di esecuzione.
Il primo motivo, pertanto, Ł infondato.
2. Il secondo motivo di ricorso non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato.
Lamenta, infatti, che il giudice dell’esecuzione non abbia dato conto delle ragioni sottese all’aumento di pena praticato a titolo di continuazione, laddove, invece, l’ordinanza per giustificare il trattamento sanzionatorio relativo a piø reati, a loro volta già unificati sotto il vincolo della continuazione nel giudizio di cognizione – richiama convenientemente la gravità dei fatti, valutata con riferimento alla protrazione nel tempo delle condotte delittuose, alla loro commissione con metodo mafioso e in funzione agevolativa di un’associazione di tipo mafioso, al rilevante danno patrimoniale cagionato alle persone offese.
In questo modo, la Corte d’appello di Catania ha adeguatamente reso ragione dell’esercizio del suo potere discrezionale secondo i parametri fissati dall’art. 133 cod. pen., in modo da rendere possibile un controllo effettivo del percorso logico e giuridico seguito nella determinazione della pena (v. Sez. 1, n. 800 del 7/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280216 – 01; Sez. 1, n. 17209 del 25/5/2020, Trisciuoglio, Rv. 279316 – 01).
Dal canto suo, il ricorso articola una doglianza generica di mancanza di motivazione, che non arriva in alcun modo ad inficiare la tenuta del provvedimento impugnato, provvisto, invece, di una motivazione del tutto congrua.
Anche il secondo motivo, pertanto, deve essere disatteso.
3. Per quanto fin qui complessivamente osservato, dunque, il ricorso deve essere rigattato, con la conseguente condanna del ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 02/10/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME