Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 648 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 648 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 02/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a BAGNARA CALABRA il 31/07/1963
avverso l’ordinanza del 12/04/2024 del TRIBUNALE di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del dott. NOME COGNOME Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, che ha concluso chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata relativamente alla determinazione della pena, con rinvio al Tribunale di Torino.
RITENUTO IN FATTO
Con atto rivolto al Tribunale di Torino, in funzione di giudice dell’esecuzione, veniva richiesta, nell’interesse di NOME COGNOME l’applicazione della disciplin della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in ordine ai reati per quali costui risultava condannato in forza delle sentenze divenute irrevocabili emesse, rispettivamente: a) dalla Corte di appello di Torino il 17 novembre 2020; b) dal Tribunale di Torino il 3 aprile 2023; c) dalla Corte di appello di Torino il luglio 2015; d) dalla Corte di appello di Torino il 18 aprile 2016; e) dal Tribunale di Asti il 30 settembre 2015.
La Corte di appello di Torino, con ordinanza del 10 giugno 2020, aveva riconosciuto il vincolo della continuazione fra i reati giudicati con la quarta e quinta delle sentenze predette ed aveva rideterminato la pena complessiva per essi in anni quattro di reclusione ed euro 1.050,00 di multa.
Con ordinanza del 12 aprile 2024, il giudice dell’esecuzione riconosceva il vincolo della continuazione fra i reati giudicati con tutte le sentenze citate rideterminava in anni otto e mesi otto di reclusione ed euro 3.500,00 di multa la pena complessiva per essi
Il difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, con atto articolato in due motivi diretti a criticare il profilo della menzionata ordinan riguardante la determinazione della pena.
3.1. Con il primo motivo, la difesa deduce, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b) e c) , cod. proc. pen., violazioni degli artt. 81, secondo comma, cod. pen.; 671 cod. proc. pen.; 187 disp. att. cod. proc. pen. Il ricorrente afferma che il Tribunale di Torino non ha applicato il principio stabilito dalla giurisprudenza di legittimità, in base al quale il giudice dell’esecuzione, ai fini della rideterminazio della pena, deve scorporare tutti i reati giudicati con sentenze irrevocabili oggetto di riconoscimento della continuazione; individuare quello più grave; rideterminare poi la pena in misura congrua e proporzionata per ciascuno di essi.
3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., errore di fatto, che sarebbe stato commesso dal giudice dell’esecuzione nell’indicare in un anno e dieci mesi di reclusione,
anziché in un anno e dieci giorni di reclusione, la pena che risultava inflitta in forz della sentenza emessa dalla Corte di appello di Torino il 3 aprile 2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Sono fondate – con il conseguente assorbimento di ogni altra – le censure riguardanti l’individuazione della pena inflitta per il reato più grave e l’indicazio dei singoli aumenti per i reati satellite.
1.1. La giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che, in tema di reato continuato, il giudice dell’esecuzione, che ridetermini le pene inflitte con distinte condanne, ciascuna delle quali pronunciata per una pluralità di reati unificati a norma dell’art. 81, comma secondo, cod. pen., deve scorporare i reati già riuniti dal giudice della cognizione, individuare quello più grave ed infine operare, sulla pena che è stata inflitta per quest’ultimo, autonomi aumenti per ciascun reato satellite, compresi quelli già riuniti in continuazione con il reato post a base del nuovo computo (Sez. 1, n. 17948 del 31/01/2024, Rv. 286261-01; Sez. 1, n. 21424 del 19/03/2019, Rv. 275845-01; Sez. 5, n. 8436 del 27/09/2013, dep. 2014, Rv. 259030-01).
1.1. Il richiamato principio di diritto, pienamente condivisibile, è estensibil naturalmente, per identità di ratio, ai casi in cui il precedente riconoscimento della continuazione sia stato già pronunciato dal giudice dell’esecuzione per taluni dei reati oggetto di nuova istanza.
Nel caso ora in esame, dall’ordinanza impugnata emerge che il giudice dell’esecuzione non ha rispettato tale principio, perché non ha individuato la pena inflitta per il singolo reato più grave – da individuare ai sensi dell’art. 187 disp. cod. proc. pen. – fra quelli per il quale ha riconosciuto la continuazione, né ha indicato in modo specifico le singole frazioni di pena che ha inteso determinare in aumento per ciascun reato satellite.
Per le ragioni esposte, fermo restando il riconoscimento della continuazione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata relativamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio al Tribunale di Torino, giudice dell’esecuzione, che svolgerà nuovo giudizio sul punto nel rispetto delle norme di legge e senza incorrere nel vizio riscontrato. Dovrà applicarsi l’art. 34, comma 1, cod. proc. pen., quale risulta a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 183 del 2013, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione e dell’art. 623, comma 1 lett. a), cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedono che non possa partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o rigetto della
richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata relativamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Torino. Così deciso in Roma, 2 ottobre 2024.