Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 12710 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 12710 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME (CUI 03AVN3H) nato il 21/06/1981
avverso la sentenza del 30/10/2024 della CORTE APPELLO di GENOVA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG , in persona del Sostituto Procuratore COGNOME
COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 30 ottobre 2024. la Corte di appello di Genova ha riformato, quanto al trattamento sanzionatorio, la sentenza pronunciata, all’esito di giudizio abbreviato, dal Tribunale di Genovaí il 6 marzo 2024/nei confronti di NOME COGNOME. La Corte di appello ha confermato l’affermazione della responsabilità dell’imputato per i reati a lui ascritti e ha ritenuto la continuazione tra questi rea e quello oggetto della sentenza pronunciata dal Tribunale di Genova in data 22 febbraio 2024, irrevocabile il 9 aprile 2024, determinando la pena per il reato continuato nella misura finale di complessivi anni due, mesi quattro di reclusione ed C 4.400 di multa.
Per miglior comprensione della vicenda e dei motivi di ricorso è utile riferire quanto segue.
Con la sentenza confermata in appello, COGNOME è stato ritenuto responsabile dei seguenti reati, tutti commessi in Genova/il 20 febbraio 2024:
artt. 81, comma 2, 110, cod. pen. e 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 (capo 1);
artt. 61, comma 1, n. 2 e 337 cod. pen. (capo 2);
artt. 81, comma 2, 582, 585 in relazione all’art. 576 n. 5 bis cod. pen. (capo 3);
art. 635 comma 2, 625, comma 1, n. 7 cod. pen. (capo 4).
Con la sentenza oggetto del presente ricorso la Corte di appello ha ritenuto questi reati uniti dal vincolo della continuazione (confermando sul punto la sentenza di primo grado), ma ha ritenuto tale vincolo sussistente anche con una violazione della legge in materia di stupefacenti, giudicata con sentenza definitiva, commessa il 27 gennaio 2024. La sentenza definitiva, pronunciata dal Tribunale di Genova il 22 febbraio 2024, irrevocabile il 9 aprile 2024 (emessa all’esito di giudizio abbreviato), ha qualificato il fatto come violazione degli artt. 73, comma 5, e 80, comma 2, d.P.R. 309/90, ha applicato la recidiva contestata (reiterata, specifica ed infraquinquennale) e ha determinato la pena nella misura di anni due di reclusione ed C 4.000 di multa.
La sentenza impugnata ha ritenuto più grave tra i reati in continuazione quello oggetto della condanna definitiva e ha rideterminato la pena complessiva in anni due, mesi quattro di reclusione ed C 4.400,00 di multa.
Contro la sentenza della Corte di appello del 30 ottobre 2024 il difensore di COGNOME ha proposto tempestivo ricorso / . lamentando violazione di legge e illogicità della motivazione in ordine alla determinazione della pena.
Osserva il ricorrente che la Corte territoriale, individuata quale pena base quella inflitta con la sentenza definitiva, ha operato due distinti aumenti per continuazione per gli altri reati e ha indicato tali aumenti nella misura di mesi quattro di reclusione ed C 300 di multa (ridotta a mesi tre, giorni venti di reclusione ed C 200 di multa ai sensi dell’art. 442 cod. proc. pen.) per i reati di cui ai capi 2), 3) e 4) e, nella misura di mesi due di reclusione ed C 300 di multa (ridotta a mesi uno, giorni dieci di reclusione ed C 200 di multa per la scelta del rito) in relazione al reato di cui al capo 1) che in primo grado era stato ritenuto più grave.
Secondo la difesa /sarebbe manifestamente illogico aver operato, per il reato che in primo grado era stato valutato più grave, un aumento inferiore a quello indicato per gli altri reati satellite. Così operando, inoltre, la Corte territor avrebbe violato l’art. 81, comma 2, cod. pen. che impone di operare l’aumento per continuazione in relazione a ciascuno dei reati satellite tenendo conto della diversa gravità di questi reati.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte (chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
La Corte di appello ha ritenuto la continuazione tra i reati oggetto del presente procedimento (commessi il 20 febbraio 2024) e il reato di cui agli artt. 73, comma 5, e 80, comma 2, d.P.R. 309/90, commesso da Fall RAGIONE_SOCIALE, il 27 gennaio 2024, oggetto di una sentenza pronunciata dal Tribunale di Genova il 22 febbraio 2024 (irrevocabile il 9 aprile 2024).
La sentenza impugnata e quella irrevocabile sono state emesse entrambe all’esito di giudizio abbreviato. In entrambi i casi è stata ritenuta applicabile l recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale. La pena irrevocabilmente inflitta per il reato commesso il 27 gennaio 2024 è stata determinata nella misura di anni tre di reclusione ed C 6.000 di multa e ridotta ad anni due di reclusione ed C 4.000 di multa per la scelta del rito. La sentenza impugnata ha operato un aumento per continuazione per complessivi mesi sei di reclusione ed C 600 di multa ridotto a mesi quattro ed C 400 ai sensi dell’art. 442 cod. proc. pen.
La difesa si duole che l’aumento per continuazione per i reati di cui ai capi 2), 3) e 4) – considerati meno gravi dal giudice di primo grado – sia maggiore (mesi quattro di reclusione ed C 200 di multa) rispetto a quello (mesi due di reclusione ed C 300 di multa) che la sentenza impugnata ha operato per il reato di cui al
capo 1), considerato il più grave tra quelli ritenuti in continuazione dalla sentenza di primo grado.
Così argomentando, la difesa del ricorrente sembra ignorare che l’aumento di mesi quattro di reclusione ed C 300 di multa (poi ridotto ex art. 442 cod. proc. pen.) era stato operato per tre reati (resistenza a pubblico ufficiale, lesioni volontarie aggravate e danneggiamento) – corrispondeva, quindi, a poco più di un mese di reclusione e ad C 100 di multa per ciascun reato – ed era, per ciascuno di questi reati, inferiore all’aumento di mesi due di reclusione ed C 300 di multa (ridotto di un terzo per la scelta del rito) operato con riferimento al reato di cui capo 1). Alla luce di ciò non può dirsi che i criteri adottati per determinare l’entit dell’aumento per continuazione siano manifestamente illogici.
3. Come noto, sulla base dei principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte, nel determinare la pena complessiva da infliggere per più reati uniti dal vincolo della continuazione, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, il giudice deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269). Nell’affermare questo principio di diritto, il supremo Collegio ha chiarito che tale obbligo motivazionale richiede modalità di adempimento diverse a seconda dei casi e che, riguardo alla determinazione della pena per i reati satellite, devono operare i principi che emergono dall’ampia giurisprudenza formatasi in materia di vizio di motivazione relativo alle statuizioni concernenti il trattamento sanzionatorio. Ha conseguentemente ritenuto di dover condividere, facendolo proprio, «il realistico giudizio espresso da Sez. 6, n. 8156 del 12/01/1996, COGNOME, Rv. 205540» secondo il quale la motivazione dell’entità dell’aumento per continuazione previsto per ciascun reato deve consentire di valutare: «che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen.; che no sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene; che sia stato rispettato, ove ravvisabile, il rapporto di proporzione tra le pene, riflesso anche della relazione interna agli illeciti accertati» (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269, pag. 27 della motivazione). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel caso di specie, la pena inflitta – con sentenza irrevocabile – per il reato ritenuto più grave è pari ad anni tre di reclusione ed C 6.000 di multa (ridotta di un terzo per la scelta del rito) e l’aumento di pena per i reati satellite è sta complessivamente determinato nella misura di mesi sei di reclusione ed C 600 di multa (ridotta a mesi quattro ed C 400 per la scelta del rito). Pertanto, non v’è dubbio che i limiti previsti dall’art. 81, commi 1 e 3, cod. pen. siano stati rispett e non può dirsi che sia stato surrettiziamente operato un cumulo materiale di pene.
Per quanto riguarda la relazione interna tra le pene inflitte per i reati satellite, le censure formulate dal ricorrente non colgono nel segno. Come già chiarito, infatti, l’aumento operato per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90 contestato al capo 1) (ritenuto più grave dal giudice di primo grado) è pari a mesi due di reclusione ed € 300 di multa sicché l’aumento per questo reato è superiore a quello operato per ciascuno degli altri tre reati satellite [capi 2), 3) e 4 complessivamente indicato in mesi quattro di reclusione ed C 300 di multa.
La difesa non si duole che l’entità dei singoli aumenti relativi ai reati di cui a capi 2), 3) e 4) non sia stata specificata, ma sostiene che si tratterebbe di un aumento eccessivo perché complessivamente superiore a quello indicato per il capo 1). Trascura così: da un lato, che questo aumento non è stato operato per un unico reato, ma per tre reati; dall’altro – e questo argomento è assorbente che l’aumento per continuazione, complessivamente operato nella misura di mesi sei di reclusione ed C 600 di multa, è inferiore al minimo previsto dalla legge.
Si osserva in proposito:
che la sentenza definitiva di condanna in relazione alla quale l’aumento per continuazione è stato disposto ha applicato all’imputato la recidiva reiterata, specifica, infraquinquennale e gli ha inflitto una pena di anni tre di reclusione ed € 6.000 di multa (ridotta per il rito ad anni due di reclusione ed C 4.000 di multa);
che, ai sensi dell’art. 81, ultimo comma, cod. pen., «se i reati in concorso formale o in continuazione con quello più grave sono commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall’articolo 99, quarto comma, l’aumento della quantità di pena non può essere comunque inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave»;
che, pertanto, nel caso di specie, l’aumento minimo per continuazione non avrebbe potuto essere inferiore ad anni uno di reclusione ed € 2.000 di multa e su questo aumento avrebbe dovuto essere operata la riduzione di pena conseguente alla scelta del rito.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del Ammende.
Così deciso il 28 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente