Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 8887 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 8887 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/01/2025
SENTENZA
Oggi, Di NOMECOGNOME nato a San Giovanni Rotondo il 04/09/1977 COGNOME NOMECOGNOME nato a Torremaggiore il 07/03/1958 COGNOME NOMECOGNOME nato a Milano il 02/07/1983 COGNOME NOMECOGNOME nato a San Severo il 03/04/1987 NOMECOGNOME nato a Lucera il 23/04/1981; COGNOME FrancoCOGNOME nato a San Severo il 31/08/1963 COGNOME NOME COGNOME nato a San Severo il 12/02/1971 COGNOME NOMECOGNOME nato a San Severo il 11/10/1984
sui ricorsi proposti da:
DeposL’uta in Cancelleria
IL FU ZICi . :,? , :,.: 7 :1
‘1
avverso la sentenza del 17/03/2023 della Corte Appello di Bari
GLYPH
NOME
– 4 Vt’,2,. 2025
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME ha concluso riportandosi alle conclusioni scritte rassegnate con le qual chiesto il rigetto dei ricorsi proposti da NOME COGNOME e NOME COGNOME l’inammissibilità di tutti gli altri ricorsi.
Non è comparso all’odierna udienza l’avvocato COGNOME che aveva chiesto la trattazione in presenza autorizzata con provvedimento del Presidente Titolare
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 17 marzo 2023 la Corte di appello di Bari, in parzia riforma della pronuncia di condanna emessa il 4 febbraio 2016 dal Tribunale Foggia in ordine ad una serie di reati di cui agli artt. 81 cpv, 110, 112 n. pen., 73, comma 1, 80, comma 1, lett. b) con riferimento all’art. 112, n. 2 pen. e art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, rispetto ai quali era stata e la circostanza aggravante di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, state concesse le circostanze attenuanti prevalenti sulle aggravanti e la re (esclusa per NOME COGNOME e NOME COGNOME), era stata ritenuta continuazione, ha dichiarato non doversi procedere in relazione ai reati di c capi 98) e 138) perché estinti per prescrizione e, avendo tutti gli im rinunciato ai motivi di appello, ad eccezione di quelli relativi all’aumento continuazione (NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME William, COGNOME COGNOME); alla rideterminazione della pena, con il riconoscimen della continuazione (NOME Lamedica, NOME COGNOME) e all’applicazion delle pene detentive sostitutive delle pene detentive brevi (NOME COGNOME e NOME COGNOME):
nei confronti di NOME COGNOME ha ridotto ad anni uno, mesi sei reclusione ed euro 4.000,00 di multa la pena di anni uno e mesi dieci di reclus ed euro 5.000,00 di multa, inflittagli a titolo di aumento per la continuazio riconosciutagli in primo grado tra i reati ascrittigli e quelli giudicati con emessa dalla Corte di appello di Bari in data 1 luglio 2009;
nei confronti di NOME NOMECOGNOME ha rideterminato la pena di anni cinqu mesi due di reclusione ed euro 25.000,00 di multa inflittagli in primo gr riconoscendo il vincolo della continuazione tra i reati di cui al pr procedimento e quelli giudicati con sentenza del Giudice dell’udienza prelimina del Tribunale di Lucera in data 12 novembre 2008, irrevocabile il 23 aprile 20 così pervenendo alla pena complessiva di anni cinque, mesi due di reclusione euro 22.000,00 di multa;
nei confronti di NOME COGNOME ha ridotto ad anni uno, mesi sei reclusione ed euro 4.000,00 di multa la pena di anni uno e mesi dieci di reclus ed euro 5.000,00 di multa, inflittagli a titolo di aumento per la continuazio riconosciutagli in primo grado tra i reati ascritti nel presente procedimento e giudicati con sentenza emessa dalla Corte di appello di Bari in data 1 luglio 2
nei confronti di NOME COGNOME ha rideterminato la pena di an quattro, mesi sei di reclusione ed euro 20.000,00 di multa, inflittagli in grado, riconoscendo il vincolo della continuazione tra i reati di cui al pr
procedimento e quelli giudicati con sentenza della Corte di appello di Bari in 17 marzo 2009, irrevocabile il 26 febbraio 2010 e così pervenendo alla pe complessiva di anni quattro, mesi sei di reclusione ed euro 20.000,00 di multa
nei confronti di NOME COGNOME ha ridotto ad anni uno, mesi sei reclusione ed euro 4.000,00 di multa, la pena di anni uno e mesi dieci di reclus ed euro 5.000,00 di multa, inflittagli a titolo di aumento per la continuazio riconosciutagli in primo grado tra i reati ascrittigli nel presente procedim quelli giudicati con sentenza emessa dalla Corte di appello di Bari in data 1 l 2009;
nei confronti di COGNOME COGNOME ha ridotto ad anni uno, mesi sei di reclusi ed euro 4.000,00 di multa la pena di anni due di reclusione ed euro 6.000,00 multa, inflittagli a titolo di aumento per la continuazione già ritenuta in grado tra gli indicati reati e quelli giudicati con sentenza emessa dalla Co appello di Bari in data 11 novembre 2010;
nei confronti di NOME COGNOME ha confermato la condanna alla pena d anni uno e mesi dieci di reclusione ed euro 5.000,00 di multa, a titolo di aum per la continuazione già ritenuta in primo grado, tra i reati ascrittigli nel procedimento e quelli giudicati con sentenza emessa dalla Corte di appello di B in data 1 luglio 2009;
nei confronti di NOME COGNOME ha confermato la condanna alla pena di ann uno e mesi dieci di reclusione ed euro 5.000,00 di multa, a titolo di aumento la continuazione già ritenuta in primo grado tra i reati ascrittigli nel procedimento e quelli giudicati con sentenza emessa dalla Corte di appello di B in data 1 luglio 2009.
Avverso l’indicata sentenza hanno proposto ricorso per cassazione tutti imputati, per il tramite dei loro rispettivi difensori di fiducia.
L’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME ha affidato il ricorso proposto per tutti i suoi assistiti ad un unico motivo con lamenta inosservanza ed erronea applicazione della legge in relazione all’art cpv., cod. pen., nonché vizio di manifesta illogicità o contraddittorietà motivazione in ordine alla riduzione dell’aumento ex art. 81 cpv. cod. pen.
2.1 Lamenta il difensore che la motivazione della Corte di appello – che, prendere atto della rinuncia da parte di tutti i suoi assistiti ai motivi d fatta eccezione di quelli relativi all’aumento per la continuazione già ricono (NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME) ed alla determinazione della pena e al riconoscimento della continuazione (NOME COGNOME e NOME COGNOME), ha ridotto e rideterminato nei termi sopraindicati la pena irrogata in aumento per la ritenuta continuazione tra i
ascritti in questo procedimento e quelli giudicati con le sentenze sopraindicate risulta carente nella parte in cui omette di indicare il reato più grave da cui partire e nella parte in cui non esplicita le ragioni dell’entità della riduzione relativa ai v aumenti di pena ex art. 81 cpv, cod. pen., in contrasto con quanto attualmente richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte (Si indica Sez. 3, n. 550 del 11/09/2019).
L’Avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME ha affidato il suo ricorso ad un unico motivo con il quale lamenta vizio di legge e di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità, per violazione del principio del libero convincimento del giudice ai sensi dell’art. 192 cod. proc. pen.
3.1. Si osserva che i giudici di merito hanno ritenuto NOME COGNOME penalmente responsabile sulla scorta di un’unica espressione pronunciata in una conversazione, captata all’interno dell’autovettura Lancia Y in data 9 gennaio 2007, n. 740, nel corso della quale NOME COGNOME avrebbe affermato «vendiamo la droga e non ce la facciamo; se andassimo a lavorare ci dovremmo sparare».
Si contesta che tale frase sia stata pronunciata dal COGNOME e si deduce che la stessa non risulta nella perizia trascrittiva delle captazioni, lamentando un travisamento del fatto e della prova, anche nella parte in cui viene soprannominato “giovane” (e non “kojac”, che sarebbe il suo soprannome), nonché laddove il perito afferma di essere calabrese e dunque non può aver riconosciuto le voci che parlavano in dialetto sanseverese.
Si afferma che NOME COGNOME non è titolare di utenze telefoniche, non possiede autovetture, che è stato sempre detenuto, tranne alcuni mesi, che non risulta dagli atti che siano stati effettuati viaggi, che non ha alcun rapporto con NOME COGNOME il quale ha categoricamente escluso che la droga sequestratagli gliel’avesse fornita NOME COGNOME.
L’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME e NOME COGNOME ha presentato ricorso lamentando violazione di legge e di motivazione in relazione alla mancata sostituzione della pena detentiva in una pena sostitutiva.
4.1. Nel premettere che con dichiarazione del 27 gennaio 2023 aveva rinunciato a tutti i motivi di appello ad eccezione di quello riguardante la rideterminazione della pena, rappresenta di aver chiesto la conversione della pena detentiva nella corrispondente pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità presso la comunità “RAGIONE_SOCIALE” per il Belfonte e degli arresti domiciliari (rectius: detenzione domiciliare sostitutiva) presso la propria residenza per NOME COGNOME, depositando apposita memoria.
Si evidenzia che la Corte territoriale ha rigettato, su parere contrario del procuratore generale, la richiesta di sostituzione della pena detentiva alla luce del disposto di cui all’art. 53, comma terzo, legge n. 689 del 1981 a mente del quale,
ai fini della determinazione dei limiti di pena detentiva, entro i quali possono essere applicate le pene sostitutive, si tiene conto della pena aumentata ai sensi dell’art. 81 cod. pen., sicchè, dal momento che la pena complessiva per il COGNOME risultava essere quella di anni cinque, mesi quattro di reclusione, mentre per il COGNOME era di anni nove, mesi dieci di reclusione, la richiesta non ha trovato accoglimento.
Lamenta il difensore che la Corte territoriale non ha tenuto conto che le pene irrogate ad entrambi gli imputati con la sentenza emessa dalla Corte di appello di Bari in data 1 luglio 2009 – ossia con la sentenza, irrevocabile, che ha giudicato i reati posti in continuazione con i fatti del presente processo – sono state già eseguite, tra l’altro in misura alternativa della semilibertà per il Nardino e della detenzione domiciliare per il Belfonte, ragion per cui la richiesta di sostituzione della pena, ai sensi dell’art. 20-bis cod. pen. riguardava la residua pena ancora da espiare, ossia quella comminata in aumento, pari ad anni uno e mesi dieci di reclusione.
Si afferma che, posto che in fase di esecuzione è previsto che la pena convertita cumulata con le altre pene da eseguire, ove superi i quattro anni di reclusione, impone la revoca della conversione, l’interpretazione logica e costituzionalmente orientata della norma in questione deve portare a ritenere che quando la pena va in continuazione con altre condanne e quella da eseguire non supera i quattro anni di reclusione, può essere disposta la sostituzione ai sensi dell’articolo 20-bis cod. pen.
Diversamente, nel caso in cui la norma dovesse essere interpretata nel senso inteso dai giudici territoriali, va sollevata questione di legittimità costituzionale p irragionevole disparità di trattamento ponendosi la norma in contrasto con il disposto di cui all’articolo 27 Cost.
Si lamenta inoltre vizio di motivazione avendo la Corte territoriale omesso di considerare e valutare le articolate argomentazioni esposte nella memoria difensiva, presentata a sostegno della richiesta di sostituzione della pena detentiva, nella quale si evidenziava che i precedenti penali di cui gli imputati erano gravati non risultavano ostativi alla sostituzione della pena, per le ragioni ivi indicate e non considerate.
Infine, si censurano le argomentazioni addotte dal Procuratore generale ed avallate dai giudici della Corte territoriale laddove hanno rigettato la richiesta d sostituzione della pena in ragione della gravità dei fatti e della personalità degli imputati desunta dai rispettivi certificati penali, ponendosi così in palese contrasto con il disposto di cui all’art. 58 legge n. 689 del 1981, secondo cui è da ritenere ostativa alla sostituzione della pena detentiva la sola sussistenza di fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute da parte del condannato.
Si chiede quindi l’annullamento della sentenza nella parte relativa alla mancata sostituzione della pena detentiva ai sensi dell’art. 20-bis cod. pen.
Con requisitoria scritta il Sost. Procuratore generale ha chiesto rigettarsi il ricorso proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME e dichiararsi inammissibili tutti gli altri ricorsi.
2.1 In relazione al ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME evidenzia che la richiesta, come correttamente rilevato dalla Corte territoriale non poteva essere accolta perché in contrasto con il chiaro disposto normativo della nuova disciplina di cui all’art. 53, comma terzo, legge n. 689 del 1981 ed in tal senso si è già espressa Sez. 5, n. 31761 del 05/06/2023, COGNOME, n.m. In altri termini, l’art. 53 legge cit. nella sua nuova formulazione prevede che si debba tener conto, ai fini della determinazione dei limiti di pena detentiva, entro i quali possono essere applicate pene sostitutive, degli aumenti determinati ai sensi dell’art. 81 cod. pen. per concorso formale o continuazione, ossia della pena finale, senza possibilità di fare riferimento alla pena che dovrebbe infliggersi per il reato più grave o, quando la sostituzione della pena detentiva è ammissibile soltanto per alcuni reati, al solo fine della sostituzione, alla parte di pena per i reat per i quali opera la sostituzione.
2.2. Il ricorso proposto nell’interesse dì NOME COGNOME è inammissibile avendo questi rinunciato a tutti i motivi d’appello ad eccezione di quello relativo all’aumento di pena per la continuazione.
2.3 Tutti gli altri ricorsi sono inammissibili, essendo la giurisprudenza di legittimità concorde nel ritenere che il giudice di merito, nel calcolare l’incremento sanzionatorio in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, non è tenuto a rendere una motivazione specifica e dettagliata qualora individui aumenti di esigua entità, essendo in tal caso escluso in radice ogni abuso del potere discrezionale conferito dall’art. 132 cod. pen (Sez. 6, n. 44428 del 05/10/2022, COGNOME, Rv. 284005), tanto più quando i reati posti in continuazione siano integrati da condotte criminose seriali ed omogenee (Sez. 5, n. 32511 del 14/10/2020, COGNOME, Rv. 279770). Nel caso di specie, poi, l’assai modesta entità degli aumenti disposti consente di verificare che sono stati rispettati i criteri e limit sopraindicati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi proposti da NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME sono inammissibili per quanto di seguito esplicitato, mentre vanno accolti, limitatamente alla determinazione
dell’aumento per la continuazione, quelli presentati nell’interesse di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME
1.1 Va premesso, in via generale, che gli imputati hanno rinunciato parzialmente ai motivi di appello: in particolare, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME hanno rinunciato a tutti i motivi, ad eccezione di quelli relativi all’aumento per la continuazione; NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno rinunciato a tutti i motivi, ad eccezione di quelli relativi alla rideterminazione della pena, con il riconoscimento della continuazione; la rinuncia dei motivi da parte di NOME COGNOME e NOME COGNOME escludeva quello relativo alla rideterminazione della pena con l’applicazione delle pene detentive sostitutive delle pene detentive brevi.
1.2 Ne consegue, in accoglimento del principio di diritto consolidato espresso da questo Corte, al quale questo collegio aderisce, che la rinuncia parziale ai motivi d’appello determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia, onde è inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si propongono censure attinenti ai motivi d’appello rinunciati e non possono essere rilevate d’ufficio le questioni relative ai medesimi motivi (Sez. 2, n. 47698 del 18/09/2019, COGNOME, Rv. 278006-01, in termini anche Sez. 4, n. 9857 del 12/02/2015, COGNOME, Rv. 262448-01; Sez. 5, n. 40278 del 06/04/2016, COGNOME, Rv. 268198-01; Sez. 3, n. 50750 del 15/06/2016, COGNOME, Rv. 268385-01).
Tanto chiarito, rileva questo Collegio che le doglianze formulate con il motivo oggetto dei ricorsi proposti da NOME COGNOME e NOME COGNOME risultano del tutto generiche, non essendo state in alcun modo indicate dalla parte le ragioni, in tesi, giustificative dell’ipotizzata violazione di legge e del prospetta vizio motivazionale.
2.1 La Corte di appello, diversamente da quanto affermato indistintamente per tutti gli assistiti, nell’accogliere il motivo di ricorso cui le parti non aveva rinunciato (ossia il riconoscimento della continuazione e, per il solo Lamedica, anche la concessione delle circostanze attenuanti generiche), ha evidenziato, per quanto riguarda il Lamedica, che il Tribunale aveva riconosciuto già le circostanze attenuanti (e tanto risulta a pag 28 della sentenza di primo grado) ed ha quindi riconosciuto il vincolo della continuazione, rispettivamente, con i reati giudicati con la sentenza pronunciata dal giudice dell’udienza preliminare di Lucera il 12 novembre 2008, irrevocabile il 23 aprile 2009, per il RAGIONE_SOCIALE, e con i reati giudicati con la sentenza pronunciata dalla Corte di appello il 17 marzo 2009, irrevocabile il 26 febbraio 2010, per COGNOME NOME COGNOME individuando tra tutti il reato più grave ed i singoli aumenti per la continuazione (cfr sul punto par. 5.4, pag. 18 e 19 per il RAGIONE_SOCIALE e par. 5.8, pag. 20 e 21 per NOME Pietro COGNOME con motivazione immune da censure perché aderente ai principi espressi dalla
Suprema Corte in tema di riconoscimento della continuazione con reati giudicati in sentenze passate in giudicato (cfr sul punto, da ultimo Sez. 6, n. 3998 del 07/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286114-02 ma anche Sez. 6, n. 29404 del 06/06/2018, COGNOME, Rv. 273447 – 01).
Non essendosi la difesa dei ricorrenti COGNOME e COGNOME NOME COGNOME confrontata adeguatamente con il provvedimento impugnato, i ricorsi da loro proposti vanno dichiarati inammissibili, in applicazione del consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto d’impugnazione, atteso che quest’ultimo non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato (così, da ultimo, Sez. 4, n. 19364 del 14/03/2024, COGNOME, Rv. 286468-01; Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 25942501, nonché, in precedenza, Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568-01 e Sez. 2, n. 19951 del 15/05/2008, COGNOME, Rv. 240109-01).
Il provvedimento della Corte di appello va invece censurato in relazione alla riduzione della pena per la continuazione, già ritenuta in primo grado, tra i fatti oggetto del presente procedimento e quelli ascritti a NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME giudicati con la sentenza irrevocabile emessa dalla Corte di appello di Bari in data 1 luglio 2009.
3.1 E’ bene, in premessa, chiarire quali siano i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, cui aderisce questo collegio.
Sul tema degli aumenti per i reati satelliti in caso di reato continuato Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269-01 ha di recente espresso il principio così di seguito massimato: «In tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite. (La Corte ha precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto d proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risulti rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia opera surrettiziamente un cumulo materiale di pene)».
La decisione sposa un orientamento che si muoveva lungo la scia già tracciata da Sez. U, n. 25956 del 26/3/2009, COGNOME, Rv. 243589-01, Sez. U, n. 25939 del 28/02/2013, COGNOME, Rv. 255347-01, Sez. U, n. 22471 del 26/2/2015, Sebbar, Rv. 263717-01 e Sez. U, n. 40983 del 21/6/2018, COGNOME, Rv. 273750. In particolare, che l’aumento per la continuazione vada operato non in modo onnicomprensivo, bensì specificando l’entità dei singoli aumenti per i reati satellite,
è proprio quanto aveva affermato anche Sez. U, n. 40983 del 21/6/2018, COGNOME, Rv. 273750, in tema di continuazione tra reati satellite puniti con pene eterogenee, trattandosi di una specificazione funzionale non solo per l’applicazione di taluni istituti giuridici ad alcuni dei reati fittiziamente unificati, ma soprattutto consentire il controllo dell’esercizio della discrezionalità del giudice nella determinazione della pena e quindi il rispetto del principio di proporzionalità di essa, dovendo i singoli aumenti corrispondere alla valutazione della gravità degli episodi in continuazione.
Più in generale, la questione sul tema della determinazione della pena per i reati satelliti, tange quella, molto delicata, relativa alla nullità della sentenza, in parte qua, con la quale il giudice di merito, nel pronunciare condanna per più reati, determini la pena complessiva, senza alcuna indicazione della pena stabilita per ciascun reato, di quello ritenuto più grave e dell’aumento per la continuazione (nullità affermata da Sez. U, n. 7930 del 21/05/1995, Zuoine, Rv. 201549-01 e poi in parte superata dalla giurisprudenza delle sezioni semplici successive – cfr Sez. 2, n. 4984 del 21/01/2015, COGNOME Rv. 262290-01), e lumeggia su un principio che connota le pronunce del Supremo consesso sul tema, ossia quello secondo cui proprio la verifica dell’osservanza del limite di cui all’art. 81, comma terzo, cod. pen. e gli effetti dello scioglimento del cumulo giuridico dovuti all’applicazione degli istituti della prescrizione, della sostituzione delle pene detentive brevi, della estinzione delle misure cautelare personali, per citarne alcuni, rendono necessario che sia individuabile la pena stabilità dal giudice, in aumento, per ciascun reato satellite, anche tenendo presente – in questo senso le Sez. U, Sebbar – che la realtà normativa costituita dall’istituto della continuazione è di carattere duttile, che può prestarsi, a seconda delle esigenze, a una lettura unitaria, ovvero ad una analisi frammentata, a seconda delle prospettive che si intendono perseguire (in altri termini, in vista del perseguimento dell’obiettivo del favor rei, coesistono nella figura del reato continuato profili giuridici, tanto di unitarietà, quanto di pluralità). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Sez. U, COGNOME, hanno ritenuto che, diversamente da quanto era stato sostenuto in alcune pronunce che militavano per la tesi dell’aumento unitario, il dato normativo imponga al giudice di individuare in modo distinto e specifico le pene che ritiene congrue per ciascuno dei reati avvinti dal nesso di continuazione.
I principi espressi da Sez. U, COGNOME, vanno poi rapportati anche al tema della determinazione della pena in caso di continuazione in executivis, posto che la continuazione, nel caso di specie, è stata riconosciuta non solo tra i reati in sede di cognizione, ma anche tra questi ultimi e quelli già giudicati con sentenza irrevocabile.
In un inciso (par 13) di Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, R 270074-01 e Rv 270073-01, il Supremo consesso, nel raffrontare l’art. 187 disp att. cod. proc. pen. (che sancisce che il giudice dell’esecuzione deve conside violazione più grave quella per la quale è stata inflitta la pena più grave parallela previsione dell’art. 81, primo e secondo comma, cod. pen., (a norma d quale la violazione con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso dell stessa o di diverse violazioni di legge è punita con la pena che dovrebbe infligg per la violazione più grave), rimarca come nel processo di cognizion l’individuazione della violazione più grave è appunto affidata alla valutazi discrezionale, per quanto vincolata, del giudice, mentre nella fase esecutiva e pur a fronte alla cedevolezza, pro reo, del giudicato, non può che incontrare il limite della pena più grave già inflitta. Nell’uno come nell’altro caso, si d pena-base è sempre quella per la violazione più grave, rispettivamente d determinare o già determinata, così adattando l’istituto della continuazione caratteristiche proprie della esecuzione.
3.2 Di questi principi i giudici di merito non hanno fatto buon governo.
La Corte di appello, adottando la stessa formula per tutti e tre gli imput che avevano rinunciato a tutti i motivi, fatta eccezione per quello rela all’aumento per la continuazione – ha motivato nei seguenti termini «Vi sono condizioni per un adeguamento in melius della sanzione applicata dal Tribunale per i reati residui posti in continuazione con la sentenza della Corte di appe Bari pronunciata il 10 luglio 2008 mediante la riduzione da un uno, mesi dieci di reclusione ed euro 5.000,00 di multa ad un anno, mesi sei di reclusione ed eu 4.000,00 di multa».
Ancor prima il Tribunale, dopo aver riconosciuto la continuazione, si era cos espresso: «ciò posto – e tenuto conto dei criteri previsti dall’art. 133 c.p. affermazione della loro penale responsabilità per tutti i delitti rispettiv ascrittigli la pena loro rispettivamente inflitta con la sentenza datata 2009 dalla Corte di appello di Bari va elevata nella misura – ritenuta congrua anni uno e mesi dieci di reclusione ed euro 5.0000,00 di multa…».
3.3 Emerge dalla lettura della sentenza impugnata e da quella adottata d giudice di prime cure (alla quale la prima sembra implicitamente richiamarsi) no solo che nel calcolo per la continuazione non è stato individuato il reato più g ma che non è stato neanche indicato, per ciascuno dei reati posti in continuazio la pena in aumento, nonostante, in questo procedimento, NOME COGNOME fosse stato dichiarato responsabile dei reati di cui ai capi 1), 2), 3), 4), 5), 6 aver importato dall’Olanda ingenti quantitativi di sostanza stupefacente del cocaina destinata allo spaccio, e 134), per aver acquistato da NOME COGNOME sostanza stupefacente del tipo cocaina non a fini personali; NOME COGNOME
NOME fosse stato dichiarato responsabile dei reati di cui ai capi 1), 2), 3), 4), 5), 6), per aver importato dall’Olanda ingenti quantitativi di sostanza stupefacente del tipo cocaina destinata allo spaccio, 134), per aver acquistato da NOME COGNOME sostanza stupefacente del tipo cocaina non a fini personali e NOME COGNOME fosse stato dichiarato responsabile dei reati di cui ai capi 1), 2), 3), 4), per aver importato dall’Olanda ingenti quantitativi di sostanza stupefacente del tipo cocaina destinata allo spaccio.
3.4. In applicazione dei principi di diritto sopra esposti la sentenza impugnata va quindi annullata con rinvio limitatamente alla determinazione dell’aumento per la continuazione per NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, e, fermo restando l’accertamento definitivo di responsabilità nei loro confronti, va disposta la trasmissione ad altra sezione della Corte di appello di Bari perché proceda a determinare la pena a seguito del riconoscimento della continuazione, applicando i principi di diritto sopraesposti.
Inammissibile è il ricorso proposto da NOME COGNOME come osservato anche dal Sost. Procuratore generale nella requisitoria scritta.
4.1 I motivi di doglianza attengono infatti alla dichiarazione di responsabilità, nonostante NOME COGNOME abbia rinunciato a tutti i motivi di appello, fatta eccezione di quello relativo all’aumento per la continuazione con i reati giudicati con sentenza emessa 1’11 novembre 2010 dalla Corte di appello di Bari.
4.2 Il ricorso va dichiarato inammissibile in applicazione del consolidato principio di diritto in base al quale la rinuncia parziale ai motivi d’appello determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia, onde è inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si propongono censure attinenti ai motivi d’appello rinunciati e non possono essere rilevate d’ufficio le questioni relative ai medesimi motivi (Sez. 2, n. 47698 del 18/09/2019, COGNOME, cit.).
Egualmente inammissibili sono i ricorsi proposti da NOME COGNOME e NOME COGNOME che avevano rinunciato a tutti i motivi di appello, ad eccezione di quello relativo alla rideterminazione della pena, avendo richiesto l’applicazione di una sanzione sostitutiva (della detenzione domiciliare sostitutiva – in questo senso, la memoria presentata – NOME COGNOME del lavoro di pubblica utilità presso la Comunità “RAGIONE_SOCIALE” il COGNOME) in ragione della circostanza che l’aumento di pena in continuazione, disposta dal giudice di primo grado e confermata dalla Corte di Appello, rientrava, esso solo, nei limiti di pena previsti per la sostituzione, essendo stato fissato in anni uno, mesi dieci di reclusione per ognuno.
5.1 Nessuna censura può essere mossa alla Corte di appello che ha rigettato la richiesta di sostituzione della pena detentiva, facendo corretta applicazione del
disposto di cui all’art. 53, comma 3, legge n. 689 del 1981 che, ai fini della determinazione dei limiti di pena detentiva, entro cui possono essere applicate le pene sostitutive, espressamente stabilisce che debba tenersi conto della pena aumentata ai sensi dell’art. 81 cod. pen. e dunque della pena complessiva, non già di quella determinata in aumento.
5.2 Si è sul punto già affermato che ai fini della determinazione dei limiti entro i quali possono essere applicate le sanzioni sostitutive di cui all’art. 53 legge 24 novembre 1981, n. 689, deve tenersi conto, nel caso in cui vengano in rilievo più reati unificati per concorso formale o continuazione, della pena detentiva risultante dagli aumenti effettuati ai sensi dell’art. 81, cod. pen., non potendosi considerare isolatamente la pena inflitta per il reato più grave ovvero, qualora la sostituzione sia ammissibile soltanto per alcuni dei reati unificati, la parte di pena irrogata per questi ultimi (cfr Sez. 1, n. 33971 del 29/03/2024, COGNOME, Rv. 286748-01).
5.3 Nel caso di specie, come risulta da quanto affermato dalla Corte territoriale, non smentito dalla difesa, la pena complessiva per i due imputati supera di gran lunga quella entro cui può procedersi alla sostituzione, posto che per il COGNOME era pari ad anni cinque, mesi quattro di reclusione, mentre per il COGNOME era di anni nove, mesi dieci di reclusione.
Né può ritenersi che i limiti fissati dal legislatore operino solo sulla pena comminata in aumento, laddove parte della pena, se non tutta la pena, posta in continuazione sia stata espiata: la lettura suggerita in questo senso nel ricorso è non solo contraria al disposto normativo, ma anche contraria alla ratio legis essendosi precisato nella Relazione illustrativa al d.lgs. n. 150 del 2022 che con il nuovo art. 53 legge n. 689 del 1981 si è scelto di introdurre «una disciplina del tutto diversa, secondo la quale ai fini della determinazione dei limiti di pena detentiva entro i quali possono essere applicate pene sostitutive, si tiene conto della pena aumentata ai sensi dell’art. 81 c.p. Ciò significa che il giudice potrà sostituire la pena detentiva solo se, dopo aver determinato l’aumento di pena per il concorso formale o la continuazione dei reati, la pena detentiva risulti irrogata in misura non superiore a quattro anni. Tale limite massimo – cui corrisponde la massima estensione possibile del concetto di pena detentiva “breve” – non potrà in ogni caso essere superato» (cfr. Relazione illustrativa cit. pag. 358).
5.4 Deve dunque affermarsi che l’art. 53, comma terzo, legge n. 689 del 1981, nella sua nuova formulazione, prevede che si debba tener conto, ai fini della determinazione dei limiti di pena detentiva entro cui possono essere applicate le pene sostitutive, della pena complessivamente irrogata, senza fare riferimento alla parte elevata in aumento per la ritenuta continuazione con reati già giudicati, e ciò sia quando la pena inflitta per questi ultimi debba essere ancora espiata, sia quando sia già stata eseguita.
Diversamente da quanto ritenuto dalla difesa è questa una scelta frutto d discrezionalità legislativa che risponde a criteri ragionevoli e non arbitrari ed non risulta contraria alle norme costituzionali e non giustifica quindi la rimess della questione alla Corte costituzionale.
5.5 Inammissibile è, infine, anche il rilievo relativo all’omessa valutazi della memoria, con la quale il difensore reitera la richiesta di sostituzione pena detentiva motivandola su elementi di natura soggettiva (la buona condotta assunta dal COGNOME e le condizioni di salute, indicate per inciso, del COGNOME), non superano il rilievo principale mosso dalla Corte di appello alla richie difensiva, posto a fondamento del rigetto, ossia l’assenza dei presuppos oggettivi, ancorati al limite della pena, che consentono l’applicazione di una p sostitutiva di una pena detentiva breve.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod proc. pen., l’onere per i ricorrenti NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME del pagamento delle spese del procedimento nonché, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elem per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa n determinazione della causa di inammissibilità”, quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
Il collegio intende in tal modo esercitare la facoltà, introdotta dall’a comma 64, I. n. 103 del 2017, di aumentare, oltre il massimo edittale, la sanzio prevista all’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ric considerate le ragioni della inammissibilità stessa come sopraindicate
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME COGNOME Mario Luigi e NOME COGNOME William limitatamente alla determinazione dell’aumento per la continuazione con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezion della Corte di appello di Bari.
Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME e COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa del ammende.
Così deciso il 22/01/2025.