Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33631 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33631 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Napoli il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/12/2022 del Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso; letta la richiesta della difesa, AVV_NOTAIO, fatta pervenire, con p.e.c. del 15 ap
2024, con la quale ha chiesto la discussione orale.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto la richiesta proposta nell’interesse di NOME COGNOME di applicazione della disciplina del reato continuato in relazione ai reati di cui alle sentenze del 20 dicembre 2017, della Corte di appello di Napoli, divenuta irrevocabile in data 18 dicembre 2018, nonché del 16 maggio 2018, della Corte di appello di Napoli, divenuta irrevocabile in data 29 maggio 2019, rideterminando la pena complessiva in quella di anni 19 di reclusione.
2.Propone tempestivo ricorso per cassazione il condannato, per il tramite del difensore, affidando le proprie doglianze a un unico motivo.
Si deduce violazione ed erronea applicazione degli artt. 81 e 133 cod. pen. nonché vizio di motivazione.
Si contesta, in definitiva, l’entità dell’aumento della pena operato a titolo di continuazione, pari ad anni sei di reclusione, indicato di consistenza tale da vanificare, secondo il ricorrente, l’effetto favorevole dell’istituto di fav riconosciuto.
Il cumulo materiale tra le due sentenze di condanna avrebbe condotto ad una pena complessiva di anni ventitré di reclusione mentre riconosciuta la continuazione, la pena complessiva rideterminata è pari ad anni diciannove, per effetto di una rimodulazione del tutto illogica e immotivata.
La difesa aveva dedotto con l’istanza che i due reati associativi di cui alle due sentenze irrevocabili, erano pressoché l’uno la duplicazione dell’altro, trattandosi di reati permanenti, condotte che, in un caso, venivano realizzati fino a giugno del 2012, mentre, nel secondo caso, si protraevano sino al giugno del 2013.
Si tratta, per il ricorrente, di fatti in prossimità temporale quasi del tut sovrapponibili ai limiti della violazione del principio del ne bis in idem che, dunque, non giustificano l’entità dell’incremento operato.
3.11 Sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO, ha concluso con requisitoria scritta chiedendo la declaratoria di inammissibilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va premesso che è stata respinta l’istanza di discussione orale, proposta dalla difesa a mezzo p.e.c. del 15 aprile 2024, con provvedimento del Presidente di questa sezione Prima penale, del 16 aprile 2024, in quanto il presente procedimento deve essere trattato in camera di consiglio non partecipata, ex art.
611 cod. proc. pen., rito per il quale non è prevista la discussione orale del ricorso.
1.11 ricorso è fondato, nei limiti di seguito indicati.
1.1. Si rileva che la censura non attinge, specificamente, la mancata indicazione dell’entità degli aumenti operati per ciascuno dei reati riuniti in continuazione con la seconda sentenza irrevocabile ma devolve, comunque, il tema dell’entità dell’aumento, ritenuta, dal ricorrente, incongrua e non motivata adeguatamente, così introducendo il punto relativo all’entità del trattamento sanzionatorio e al vizio di motivazione che riguarda lo stesso.
Va rilevato che le due sentenze in esame sono state emesse all’esito di rito abbreviato e che la seconda ritiene la continuazione interna con altro reato (art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, aggravato ai sensi dell’art. 7 legge n. 203 del 1991) rispetto a quello associativo ex art. 416-bis cod. pen.
Trattandosi di continuazione riconosciuta tra reati giudicati con sentenze rese all’esito di rito abbreviato, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, il Giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen., deve considerare come “pena più grave inflitta”, la violazione più grave, cioè quella concretamente irrogata dal giudice della cognizione, siccome indicata nel dispositivo di sentenza (Sez. U, n. n. 7029 del 28/09/2023, dep. 2024, Giampà, Rv. 285865 – 01).
Inoltre, si deve procedere, dapprima, a scorporare tutti i reati che il giudice della cognizione abbia riunito in continuazione, individuare quello più grave e solo successivamente, sulla pena come determinata per quest’ultimo dal giudice della cognizione, operare autonomi aumenti, per i reati satellite, compresi quelli già riuniti in continuazione con il reato posto a base del nuovo computo (Sez. 5, n. 8436 del 27/09/2013, dep. 2014, Romano, Rv. 259030). Tanto, specificando di aver tenuto conto della riduzione per il rito abbreviato, la quale, essendo aritmeticamente predeterminata, non necessita di alcuna motivazione in ordine al quantum (sul punto Sez. 1, n. 12591 del 13/03/2015).
Si evidenzia, poi, che il riconoscimento in sede esecutiva della continuazione tra reati e oggetto di condanne emesse all’esito di distinti giudizi abbreviati comporta, previa individuazione del reato più grave, la determinazione della pena base nella sua entità, precedente all’applicazione della diminuente per il rito abbreviato, l’applicazione dell’aumento per continuazione su detta pena base e, infine, il computo sull’intero in tal modo ottenuto della diminuente per il rit abbreviato (Sez. 1, n. 37168 del 19/07/2019, Rv. 276838 -01).
Infine, secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità, il Giudice dell’esecuzione deve dare conto dei criteri utilizzati nella rideterminazione della pena per l’applicazione della continuazione, in modo da rendere noti all’hterno
non solo gli elementi che sono stati oggetto del suo ragionamento, ma anche i canoni adottati, sia pure con le espressioni concise caratteristiche dei provvedimenti esecutivi (Sez. 1, n. 23041 del 14/05/2009, Rv. 244115) soprattutto qualora i singoli aumenti risultino significativi rispetto a que riconosciuti in sede di cognizione per reati satellite (Sez. 1, n. 32870 del 10/06/2013, Rv. 257000) principio da ultimo ribadito dalle Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Rv. 282269 – 01, ove si è affermato che, in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite.
1.2.Ciò posto, va rilevato che, nel caso al vaglio, il Giudice dell’esecuzione si è limitato ad indicare la violazione più grave e a ritenere tale quella di cui all prima sentenza, per la quale è stata irrogata la pena finale più elevata (anni tredici di reclusione) operando, poi, un unico aumento, per entrambi i reati satellite della seconda sentenza, ritenuto detttr’aumento già ridotto per il rito speciale prescelto, così giungendo alla pena finale di anni diciannove di reclusione.
Tanto, senza nulla specificare, come dedotto, circa i criteri utilizzati nella rideterminazione della pena per applicazione della continuazione, in modo da rendere noti i canoni adottati, tenuto conto dell’entità complessiva dell’aumento operato, senza motivare, infine, l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite.
2.Segue l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, al giudice dell’esecuzione competente da individuarsi secondo Corte Cost. n. 183 del 2013, il quale, in piena autonomia quanto all’esito del nuovo esame, dovrà sanare il lamentato difetto di motivazione, seguendo i canoni interpretativi indicati nella parte motiva.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli.
Così deciso, il 9 maggio 2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente