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Reato continuato: calcolo pena e obbligo di motivare

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20582/2025, ha annullato un’ordinanza per errato calcolo della pena in un caso di reato continuato. La Corte ha ribadito che il giudice dell’esecuzione deve prima ‘scorporare’ i reati già unificati, individuare la pena base per il reato più grave e solo dopo applicare gli aumenti per i reati satellite, motivando adeguatamente ogni incremento. La mancanza di questo procedimento e di una motivazione chiara viola la legge e porta all’annullamento della decisione.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato continuato: la Cassazione ribadisce le regole per il calcolo della pena

Il corretto calcolo della pena è uno dei cardini del diritto penale, soprattutto quando si tratta di applicare l’istituto del reato continuato. Questa finzione giuridica permette di mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Con la recente sentenza n. 20582/2025, la Corte di Cassazione è intervenuta per chiarire, ancora una volta, la procedura che il giudice dell’esecuzione deve seguire per rideterminare la pena, sottolineando l’importanza cruciale della motivazione.

I fatti di causa

Il caso nasce dal ricorso di un condannato avverso un’ordinanza del Tribunale di Modena. Quest’ultimo, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva accolto la richiesta di riconoscere la continuazione tra reati giudicati con due sentenze diverse. Tuttavia, nel calcolare la pena unica finale, il Tribunale si era limitato a individuare la pena più grave e ad applicare un aumento complessivo per gli altri reati, senza seguire la procedura richiesta dalla legge e senza fornire un’adeguata motivazione sull’entità degli aumenti applicati.

Il ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 81 del codice penale, sostenendo che il giudice avrebbe dovuto prima ‘scorporare’ tutti i reati precedentemente unificati dal giudice della cognizione, per poi procedere a un nuovo e autonomo calcolo degli aumenti per ogni singolo reato satellite.

La procedura corretta nel calcolo del reato continuato

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno riaffermato un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: quando il giudice dell’esecuzione deve applicare la continuazione tra reati già giudicati separatamente (e magari già oggetto di unificazione interna), deve seguire una procedura precisa e inderogabile.

1. Scorporo dei reati: Il primo passo è ‘smontare’ la continuazione già operata nelle precedenti sentenze. Il giudice deve isolare ogni singolo reato e la relativa pena inflitta originariamente.
2. Individuazione del reato più grave: Successivamente, ai sensi dell’art. 187 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, va individuato il reato per il quale è stata inflitta in concreto la pena più grave. Questa diventerà la ‘pena base’ per il nuovo calcolo.
3. Applicazione degli aumenti: Solo a questo punto, sulla pena base così determinata, il giudice può operare i singoli aumenti per tutti gli altri reati, considerati ‘satellite’, compresi quelli che in origine erano già stati unificati.

Questa operazione garantisce che il calcolo sia trasparente e che ogni reato riceva la giusta considerazione nel determinare l’aumento di pena.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte ha censurato la decisione del Tribunale di Modena non solo per l’errore procedurale, ma anche e soprattutto per la carenza di motivazione. Il giudice dell’esecuzione, infatti, è titolare di un potere discrezionale nel determinare l’entità degli aumenti di pena, ma tale potere non è arbitrario. Esso deve essere esercitato secondo i parametri degli artt. 132 e 133 del codice penale e, soprattutto, deve essere motivato.

Non è sufficiente rispettare il limite legale del triplo della pena base; il giudice deve spiegare il percorso logico-giuridico che lo ha portato a stabilire un certo aumento per ciascun reato satellite. Questo obbligo di motivazione è fondamentale per permettere un controllo effettivo sulla correttezza della decisione e sulla congruità della pena inflitta. Nel caso di specie, il giudice non aveva fornito alcuna spiegazione, né aveva fatto riferimento alle motivazioni dei giudici della cognizione, rendendo la sua decisione del tutto incomprensibile e arbitraria.

Le conclusioni

In conclusione, la Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Modena, che dovrà procedere a un nuovo esame attenendosi scrupolosamente ai principi enunciati. Questa sentenza rafforza due garanzie fondamentali del sistema penale: la necessità di un calcolo della pena rigoroso e conforme alla legge e il diritto del condannato a una decisione motivata in ogni sua parte. Per i giudici dell’esecuzione, rappresenta un monito a non procedere a calcoli sommari, ma a seguire un iter trasparente che rispetti pienamente le norme sul reato continuato e sull’obbligo di motivazione.

Come deve procedere il giudice dell’esecuzione per calcolare la pena in caso di reato continuato tra reati giudicati separatamente?
Il giudice deve prima ‘scorporare’ tutti i reati che il giudice della cognizione aveva già unito in continuazione. Successivamente, deve individuare il reato più grave (quello con la pena più alta) e, partendo da quella pena base, applicare autonomi e singoli aumenti per tutti gli altri reati satellite.

Il giudice dell’esecuzione è obbligato a motivare l’entità degli aumenti di pena per i reati satellite?
Sì, assolutamente. Il giudice è tenuto a motivare non solo la scelta della pena base, ma anche l’entità di ogni singolo aumento per i reati satellite. Non è sufficiente il semplice rispetto del limite legale del triplo della pena base; deve essere reso esplicito il percorso logico-giuridico seguito per la determinazione della pena.

Cosa succede se il giudice non segue la procedura di scorporo e non motiva gli aumenti di pena?
La sua decisione è viziata da violazione di legge e carenza di motivazione. Come nel caso di specie, l’ordinanza può essere annullata dalla Corte di Cassazione, con rinvio a un altro giudice per un nuovo esame che rispetti i principi di diritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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