Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35478 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35478 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 02/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CAPUA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 02/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 2 aprile 2024, la Corte di appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto l’istanza avanzata nell’interesse di NOME COGNOME volta all’applicazione della disciplina della continuazione tra i fatti giudicat dalle seguenti sentenze:
1) sentenza emessa dalla Corte di appello di Napoli il 18 maggio 2018, irrevocabile il 20 gennaio 2023, che ha condannato l’istante alla pena di anni 10 e mesi 4 di reclusione per i reati di cui agli artt. 56, 628 comma 3 n. 1, 629 comma 2 cod. pen. 7 L. 203/1991 (capo F), commesso in Cancello ed Arnone il 14 aprile 2014, e di cui agli artt. 416 bis commi 1, 3 e 8 cod. pen. (capo Q), commesso in Casa! Di Principe, Cancello e Arnone dal 2013 fino a gennaio 2016, entrambi posti in continuazione con i fatti giudicati dalla sentenza sub 2);
2) sentenza emessa dal Gip del Tribunale di Napoli il 15 dicembre 2014, irrevocabile 1’1 marzo 2015, che ha condannato l’istante alla pena di anni 2, mesi 6 e giorni 20 di reclusione ed euro 800,00 di multa, in relazione ai reati di cui agli artt. 56 e 629 comma 2 cod. pen. (capi A,B,C e D), commessi in Cancello e Arnone e Falciano del Massico il 7 e 1’8 aprile 2014, in seguito unificati in continuazione con i reati di cui alla sentenza sub 1);
3) sentenza emessa dal Gip del Tribunale di Napoli il 25 settembre 2018, irrevocabile il 15 novembre 2018, che ha condannato l’istante alla pena di anni 5, mesi 4 ed euro 2000,00 di multa, per il reato di cui agli artt. 629 cod. pen., 7 L. 203/1991, commesso in Cancello e Arnone nel periodo di Pasqua 2014.
Il giudice dell’esecuzione, riconosciuta la riconducibilità dei reati sopra indicati al medesimo disegno criminoso, ha rideterminato la pena finale in anni 14 di reclusione.
La Corte territoriale, dopo aver preso atto dell’avvenuta unificazione dei reati di cui alle sentenze sub 1) e 2) con pena complessiva pari ad anni 10 e mesi 4 di reclusione, parte da una pena base per il reato di cui al capo Q) della sentenza sub 1) (art. 416 bis cod.pen.) › pari ad anni 11 di reclusione, applicando un aumento di anni 4 e mesi 1 di reclusione per la contestata recidiva, ulteriormente aumentata per il capo F) di 5 mesi, con un ulteriore aumento di anni 2 di reclusione per i reati di cui alla sentenza sub 2), con pena finale pari ad anni 17 e mesi 6 di reclusione, ridotta per il rito ad anni 11 e mesi 8 di reclusione; infine, alla pena cosi determinata per i reati sub 1) e 2) k aggiunge l’ulteriore aumento per la continuazione con il reato sub 3) di anni 3 e mesi 6 di reclusione, per una pena complessiva pari ad anni 21 di reclusione, ridotta per il rito ad anni 14 di
reclusione.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, per mezzo del difensore AVV_NOTAIO, articolando due motivi.
2.1 Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge e mancanza di motivazione con specifico riguardo alla quantificazione della pena complessiva di anni 14 di reclusione. In primo luogo, si duole che i giudici di merito, nel rideterminare la pena per i reati già unificati di cui alle sentenze sub 1) e 2), non hanno operato lo scorporo dei reati di cui alla seconda condanna (capi A, B, C e D), applicando in relazione ad essi un aumento complessivo di anni 2 di reclusione (pari, con la riduzione per il rito, ad anni 1 e mesi 4 di reclusione).
In secondo luogo, lamenta che la Corte territoriale non ha motivato in ordine agli incrementi di pena per ciascun reato satellite.
Inoltre, il condannato deduce che l’incremento praticato per il delitto di estorsione di cui alla sentenza sub 3), pari ad anni 3 e mesi 6 di reclusione (ridotto k” per il rito ad anni 2 e mesi 4) si appalesa irragionevolmente difforme e sproporzionato posto che la Corte territoriale per i quattro delitti di tentata estorsione aggravata di cui alla seconda sentenza ha quantificato l’aumento per h continuazione in anni 2 di reclusione, ridotta per il rito ad anni 1 e mesi 4 di reclusione (a fronte degli originari anni 2, mesi 6 e giorni 20).
Con il secondo motivo, NOME denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla individuazione della pena base indicata nella parte motiva della sentenza sub 1) in luogo di quella indicata nel dispositivo della medesima sentenza.
Dalla lettura dell’ordinanza impugnata emerge che la Corte territoriale, nel rideterminare la pena per i reati sub 1) e 2), già unificati in continuazione tra loro, ha erroneamente tenuto conto della pena complessiva di anni 11 e mesi 8 di reclusione, indicata nella parte motiva della sentenza sub 1), anziché di quella di anni 10 e mesi 4 di reclusione, riportata nel dispositivo della medesima sentenza.
La difesa evidenzia che il provvedimento di cumulo del 4 maggio 2020 precisa che la pena complessiva per la continuazione tra i reati sub 1) e 2) è pari ad anni 10 e mesi 4 di reclusione, a cui va aggiunta la pena di anni 5 e mesi 4 di reclusione ed euro 2.000,00 di multa inflitta per il reato sub 3), con una pena finale di anni 15 e mesi 8 di reclusione.
Dunque, il giudice dell’esecuzione è incorso in errore laddove, nel tenere conto della pena complessiva di anni 11 e mesi 8 di reclusione, ha indebitamente 5> modificato il quantum di pena statuito con sentenza irrevocabile, peraltro recepito da formale provvedimento di pene concorrenti: a tal riguardo, rammenta che la Suprema Corte ha stabilito che quando vi è contrasto tra dispositivo e motivazione della sentenza, prevale l’elemento decisionale su quello giustificativo.
GLYPH Il Sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO NOME COGNOME, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
Considerato in diritto
1. L’impugnazione è fondata.
Invero, la rideterminazione della pena finale per il reato continuato riconosciuto in sede esecutiva – ove risultasse necessario – deve effettuarsi con una previa operazione di scioglimento del cumulo, qualora esso sia stato già riconosciuto per alcuni dei reati da unificare, onde procedere ad individuare tra tutti il reato più grave, la cui pena porre a base del cumulo, e quelli satellite, pe i quali determinare i singoli aumenti per la continuazione. In tali termini si è espressa questa Corte di legittimità: «Il giudice dell’esecuzione che debba procedere alla rideterminazione della pena per la continuazione tra reati separatamente giudicati con sentenze, ciascuna delle quali per più violazioni già unificate a norma dell’art. 81 cod. pen., deve dapprima scorporare tutti i reati che il giudice della cognizione abbia riunito in continuazione, individuare quello più grave e solo successivamente, sulla pena come determinata per quest’ultimo dal giudice della cognizione, operare autonomi aumenti per i reati satellite, compresi quelli già riuniti in continuazione con il reato posto a base del nuovo computo» (Sez. 1, n. 38244 del 13/10/2010, COGNOME, Rv. 248299; Sez. 5, n. 8436 del 27/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259030; Sez. 1, n. 21424 del 19/03/2019, COGNOME, Rv. 275845). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Secondo costante giurisprudenza di legittimità, qualora sia applicata in sede esecutiva la continuazione tra distinte condanne, delle quali quella a pena più grave sia stata pronunciata per una pluralità di reati già uniti nel giudizio di cognizione dal vincolo della continuazione, deve essere assunta come pena base quella inflitta in tale giudizio per la violazione più grave, prescindendosi dall’aumento per i reati satelliti che va determinato ex novo dal giudice dell’esecuzione (Sez. 1, n. 45161 del 27/10/2004, COGNOME, Rv. 229822), anche per quelli già riuniti nella continuazione con il reato più grave posto alla base del nuovo computo (Sez. 1, n. 4911 del 15/01/2009, Neder, Rv. 243375).
Tale modus procedendi consente infatti una ordinata ricostruzione del cumulo giuridico ed una razionale graduazione delle sanzioni, con particolare riguardo ai reati satellite, i cui segmenti di pena vanno armonizzati in relazione alla loro
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gravità, come riconosciuta in sede di cognizione, cosicché per reati accomunati da profili analoghi e dunque trattati in termini quantitativamente omogenei non siano introdotte sperequazioni sanzionatorie in sede esecutiva, e comunque esse siano motivate in modo specifico. Anche su tale profilo, vi sono precise indicazioni dell’esegesi di legittimità, che hanno condotto all’elaborazione del principio di diritto per cui: «Nel procedere alla rideterminazione della pena per la continuazione tra reati separatamente giudicati, il giudice dell’esecuzione deve dare conto con adeguata motivazione dei singoli aumenti qualora essi risultino significativi rispetto a quelli riconosciuti in sede di cognizione per reati satellite (Sez. 1, n. 32870 del 10/06/2013, COGNOME, Rv. 257000; Sez. 1, n. 52531 del 19/09/2018, COGNOME, Rv. 274548; Sez. 1, n. 17209 del 25/05/2020, COGNOME, Rv. 279316). Da ultimo, a suggello dei criteri che si sono illustrati, è intervenuto il massimo consesso di legittimità, affermando che «in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite» (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269). In questa pronuncia, la Corte ha precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia opera surrettiziamente un cumulo materiale di pene.
. )
Nel caso di specie, al contrario, la rideterminazione della pena a seguito del riconoscimento del vincolo della continuazione non è statmperato’in modo corretto, stante la omessa motivazione circa i differenti aumenti operati per i reati satellite, tutti riconducibili alla medesima fattispecie criminosa.
Tale scorretto modus operandi ha potato ad applicare aumenti di pena non proporzionati a fronte di fatti reato del tutto simili, in difetto di qualunq motivazione.
Come lamentato dal ricorrente, infatti, per i quattro episodi di estorsione di cui alla sentenza del 15 dicembre 2014 è stato ritenuto congruo un aumento di pena complessivo di anni due di reclusione, laddove per un solo episodio estorsivo di cui alla sentenza emessa il 25 settembre 20181a Corte territoriale ha ritenuto congruo un aumento di pena di anni due e mesi quattro di reclusione.
Nel calcolo della pena complessiva, con particolare riguardo all’aumento di pena per la continuazione fra i reati di cui alle sentenze in oggetto, la Corte territoriale dovrà, poi, tener conto del fatto che la pena di cui alla sentenza della
Corte di Appello di Napoli, che già riconosce la continuazione con i fatti di cui sentenza del Giudice per le indagini preliminare del Tribunale di Napoli in data dicembre 2014, è stata messa in esecuzione dal Procuratore Generale nella misura di anni dieci e mesi quattro di reclusione, comprensivi dell’aumento di due anni continuazione per i quattro episodi di estorsione di cui a tale ultima sent nonché dell’aumento di mesi cinque per il reato satellite sub F.
Ciò significa che – nel rinnovato calcolo della pena per tali fatti pos continuazione – il giudice del rinvio dovrà tenere presente tale limite come li massimo di pena su cui calcolare l’ulteriore aumento per i residui reati, c quanto «Il giudice dell’esecuzione, nel procedere alla rideterminazione d trattamento sanzionatorio per effetto dell’applicazione della disciplina del continuato, non può quantificare gli aumenti di pena per i reati-satellite in m superiore a quelli fissati dal giudice della cognizione con la sentenza irrevoc di condanna» (Sez. U, n. 6296 del 24/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268735; Sez. 1, n. 3276 del 21/12/2015, dep. 25/01/2016, COGNOME, Rv. 265909; Sez. 1, n. 44240 del 18/06/2014, Palaia, Rv. 260847).
All’accoglimento del ricorso segue l’annullamento del provvedimento impugnato relativamente all’aumento per la continuazione con rinvio a divers sezione della Corte di appello di Napoli per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata relativamente all’aumento di continuazione, con rinvio per nuove) giudizio alla Corte di Appello di Napoli.
Così deciso il 2 luglio 2024
Il Consigliere estensore
I residente