Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22605 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22605 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a Popoli il DATA_NASCITA;
COGNOME NOME nata in Argentina il DATA_NASCITA; il avverso la sentenza della Corte di appello di L’Aquila del 24/11/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udita la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
sentito l’AVV_NOTAIO, difensore di COGNOME NOME, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso riportandosi ai relativi motivi.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza pronunciata il giorno 13 dicembre 2021 il Tribunale di Pescara, in composizione monocratica, aveva dichiarato NOME COGNOME e NOME COGNOME responsabili dei reati loro ascritti (artt. 110 cod. pen., 2 e 7 1.895/67, 648 e 697 cod. pen., tutti commessi in Castiglione a Casauria il 24 aprile 2018), riuniti sotto il vincolo della continuazione e riconosciuto più grave il delitto di ricettazione, e li aveva condannati alla pena di anni due e mesi quattro di reclusione ed euro 800 di multa ciascuno (pena base di anni due di reclusione ed euro 600 di multa per il reato di ricettazione considerato più grave, aumentata di mesi tre ed euro 150 per il reato di cui agli artt. 2 e 7 1.895/67, ulteriormente aumentata di mesi uno ed euro 50 per il reato di cui all’art.697 cod. pen.).
1.1. Le imputazioni a carico dei predetti riguardavano i seguenti reati; A) reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 2 e 7 1.895/67 perché, in concorso morale e materiale tra loro, illegalmente detenevano un fucile a canne sovrapposte marca EffebiRAGIONE_SOCIALE matricola TARGA_VEICOLO; B) reato di cui agli artt. 110 e 648 cod. pen. perché, in concorso morale e materiale tra loro, fuori dai casi di concorso nel reato presupposto, acquistavano o comunque ricevevano un fucile a canne sovrapposte marca Effebi-RAGIONE_SOCIALE matricola NUMERO_DOCUMENTO, provento del furto commesso la notte del 21 maggio 2015 ai danni di NOME COGNOME; C) reato di cui agli artt.110 e 697 cod. pen. perché, in concorso morale e materiale tra loro, illegalmente detenevano n.12 cartucce calibro 12, di cui 5 a palla unica, n.8 a pallettoni e 13 a pallini.
1.2. La Corte di appello di L’Aquila, con la sentenza in epigrafe, decidendo sugli appelli proposti da entrambi gli imputati, ha dichiarato non doversi procedere in ordine al reato di cui al capo B) in quanto estinto per prescrizione ed ha rideterminato la pena per la residua imputazione in anni due di reclusione confermando per il resto la gravata sentenza.
In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto dimostrata la penale responsabilità di entrambi gli appellanti essendo stato provato che il fucile e le cartucce erano nella disponibilità di entrambi in quanto rinvenuti all’interno dell’armadio della camera da letto della loro abitazione e che NOME COGNOME aveva dichiarato che l’arma veniva utilizzata dal COGNOME per andare a caccia.
Avverso la predetta sentenza NOME COGNOME, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art.173 disp. att. cod proc. pen., insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato.
La ricorrente lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza ed erronea applicazione dell’art.20-bis cod. pen. ed il relativo vizio di motivazione osservando che la Corte di appello – nonostante la specifica richiesta di applicazione della pena sostitutiva della detenzione domiciliare avanzata con le conclusioni dal difensore – ha omesso di motivare al riguardo.
Anche NOME COGNOME, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi insistendo per l’annullamento della sentenza impugnata.
3.1. Con i primi due motivi denuncia, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in tema di valutazione della prova ed il relativo vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la Corte di appello nel confermare il giudizio di penale responsabilità nei suoi confronti, anche con riguardo all’elemento soggettivo del reato ed alla ritenuta funzionalità dell’arma oggetto di imputazione.
3.2. Con il terzo motivo il ricorrente deduce che avendo la Corte di appello dichiarato prescritto il reato di cui alla lettera B) ritenuto il più grave, la prescrizione si doveva necessariamente estendere anche agli altri due reati uniti ad esso dal vincolo della continuazione.
Inoltre, l’imputato lamenta la eccessività e sproporzione della pena comminata nonostante la prescrizione del reato di ricettazione.
Infine, nel corso della discussione, le parti hanno concluso nei termini sopra riportati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso di NOME COGNOME è fondato nei limiti appresso indicati.
I primi due motivi sono infondati; al riguardo deve ricordarsi che, in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell’elemento frainteso o ignorato, fermi restando il limite del ‘clevolutum’ in caso di cosiddetta “doppia conforme” (come nel caso di specie fatta eccezione per la declaratoria di prescrizione del reato di ricettazione) e l’intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (ex multis Cass. Sez. 5, Sentenza n.48050 del 02/07/2019, Rv. 277758).
Orbene, come chiarito in seguito, le critiche esposte dal ricorrente riguardano profili in fatto, coerentemente scrutinati nel corpo della decisione impugnata e la cui riproposizione è tesa – in tutta evidenza – ad una rivalutazione del peso dimostrativo degli elementi di prova. In tal senso, quindi il ricorso finisce con il proporre argomenti di merito la cui rivalutazione è preclusa in sede di legittimità.
E’ costante, infatti, l’ insegnamento di questa Corte per cui il sindacato sulla motivazione del provvedimento impugnato va compiuto attraverso l’analisi dello sviluppo motivazionale espresso nell’atto e della sua interna coerenza logicogiuridica, non essendo possibile compiere in sede di legittimità «nuove» attribuzioni di significato o realizzare una diversa lettura dei medesimi dati dimostrativi e ciò anche nei casi in cui si ritenga preferibile una diversa lettura, maggiormente esplicativa (si veda, ex multis, Sez. 6 n. 11194 del 08/03/2012, Lupo, Rv. 252178). Così come va ribadito che l’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ‘ictu ocu/i’, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento ( Sez. U., n. 24 del 24/11/1999 Rv. 214794; Sez. U., n. 47289 del 24/09/2003 Rv. 226074).
2.1. Ciò posto, i fatti sono stati ricostruiti da entrambi i giudici di merito ne seguenti termini. Il giorno 24 aprile 2018, nel corso di una perquisizione effettuata da militari dell’RAGIONE_SOCIALE presso l’abitazione della coppia, era stato trovato il fucile e le cartucce di cui al capo di imputazione all’interno dell’armadio della camera da letto dei due imputati, nel quale erano riposti anche gli indumenti dei figli; pertanto tali armi erano state considerate nella disponibilità di entrambi. Inoltre, gli odierni ricorrenti erano risultati privi di autorizzazione alla detenzion dell’arma (risultata di provenienza furtiva) che era funzionante in quanto, come riferito NOME COGNOME, il COGNOME COGNOME utilizzava per andare a caccia.
2.2. Pertanto il ricorrente, pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione, chiede a questa Corte una non consentita differente valutazione degli elementi processuali, rispetto a quella svolta in modo coerente dalla Corte territoriale per confermare il giudizio di responsabilità.
Parzialmente fondato, invece, risulta il terzo motivo del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME poiché la Corte di appello ha dichiarato prescritto il reato più grave (di cui al capo B) al quale erano stati riuniti sotto il vincolo del continuazione gli altri due indicati sotto le lettere A) e C) della rubrica, ma ha
rideterminato la pena per detti reati in complessivi anni due di reclusione (escludendo del tutto la pena pecuniaria), senza però indicare quale sia stato considerato il reato più grave, la relativa pena base e quella in continuazione riguardante il c.d. ‘reato -satellite’.
3.1. In tal modo la Corte territoriale – dopo avere dichiarato estinta la ricettazione (profilo rispetto alla cui correttezza in questa sede è preclusa ogni valutazione, non essendo stata proposta di impugnazione sul punto) – ha omesso di considerare che in tema di reato continuato, non è sufficiente per la legalità del calcolo determinare la pena nell’ambito quantitativo previsto dalla legge – pari al triplo della pena base – dovendo il giudice, nella motivazione, dare conto delle decisioni assunte su ogni aspetto dell’esercizio del suo potere discrezionale, ivi compresa la indicazione della pena base per il reato più grave e la determinazione dell’aumento di pena per i singoli reati satellite (Sez. U, Sentenza n. 22471 GLYPH del 26/02/2015, GLYPH Rv. 263716 – 01, Stabile; Sez. 4, Sentenza n. 28139 del 23/06/2015, Rv. 264101 – 01).
3.2. Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata con riferimento al trattamento sanzionatorio affinché, nel rispetto del divieto di reformatio in peius (rispetto alla pena di anni due di reclusione inflitta con la sentenza impugnata) venga determinata la pena per i due reati dichiarati non prescritti (di cui alle lettere A e C della rubrica) mediante la individuazione della pena base per il reato considerato più grave e l’aumento per la continuazione riguardante quello satellite.
3.3. Il disposto annullamento relativo al trattamento sanzionatorio produce i suoi effetti anche nei confronti di NOME COGNOME a norma dell’art. 587, comma 1, cod. proc. pen. trattandosi di motivo di impugnazione di natura non strettamente personale.
Deve poi accogliersi l’unico motivo del ricorso proposto nell’ interesse dell’imputata atteso che, a fronte della specifica richiesta di pena sostitutiva della detenzione domiciliare richiesta dalla difesa (come risultante dalle conclusioni riportate nella sentenza impugnata), la Corte territoriale ha effettivamente omesso di pronunciarsi neppure implicitamente sul punto stante l’assenza di qualsiasi riferimento a detta istanza nella decisione impugnata.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Perugia per nuovo giudizio limitatamente al trattamento sanzionatorio sulla base dei principi sopra indicati e, quanto alla sola ricorrente NOME COGNOME, anche per la valutazione della richiesta di applicazione della pena sostitutiva della detenzione domiciliare; il ricorso di NOME COGNOME deve poi essere respinto nel resto.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME e, per l’effe estensivo, anche nei confronti di COGNOME NOME, limitatamente al trattamento sanzionatorio e, per la COGNOME, anche i ordine al punto concernente l’applicazione della pena sostitutiva, con rinvio nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia. Rigetta nel resto il ricor COGNOME NOME.
Così deciso in Roma, il 29 aprile 2024.