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Reato continuato: calcolo pena dopo assoluzione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15695/2025, ha stabilito che in caso di assoluzione dal reato più grave, il giudice di rinvio non è vincolato a criteri di ‘simmetria aritmetica’ nel ricalcolare la pena per il reato continuato. La corte ha rigettato il ricorso di un imputato, condannato per cessione continuata di stupefacenti, il quale lamentava un aumento di pena per i reati satellite sproporzionato rispetto al primo grado di giudizio. La Suprema Corte ha affermato la piena autonomia del giudice nel rimodulare la sanzione sulla base di criteri di congruità e proporzionalità rispetto alla nuova pena base, una volta venuto meno il reato principale.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato continuato: come cambia il calcolo della pena se si viene assolti dal reato più grave?

La gestione del reato continuato nel calcolo della pena è una delle questioni più tecniche e delicate del diritto penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 15695 del 2025, offre un importante chiarimento su come il giudice debba procedere quando, in appello, l’imputato viene assolto dal reato più grave che fungeva da base per la pena complessiva. La decisione sottolinea la discrezionalità del giudice nel ridefinire la sanzione, senza essere vincolato a una mera proporzione matematica rispetto al primo grado.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale riguarda un imputato inizialmente condannato per due distinti capi d’imputazione: il reato associativo finalizzato al traffico di stupefacenti (art. 74 D.P.R. 309/90) e una serie di episodi di cessione di sostanze stupefacenti (art. 73 D.P.R. 309/90), unificati sotto il vincolo del reato continuato. In primo grado, la pena era stata determinata partendo dal reato associativo, considerato più grave, con successivi aumenti per gli episodi di spaccio.

Successivamente, in sede di giudizio di rinvio, la Corte d’Appello ha escluso la sussistenza del reato associativo, assolvendo l’imputato da tale accusa. Di conseguenza, ha dovuto ricalcolare la pena per i soli episodi di spaccio. La Corte ha individuato il più grave tra questi, ha fissato una pena base e ha poi applicato un aumento per ciascuno degli altri 64 episodi in continuazione. Il risultato è stata una condanna a sette anni e nove mesi di reclusione e 32.400 euro di multa. La difesa ha però proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che l’aumento complessivo per la continuazione (un anno e nove mesi) fosse superiore a quello applicato in primo grado (un anno), violando così i principi stabiliti dal codice di procedura penale.

La questione giuridica e il calcolo della pena nel reato continuato

Il cuore del ricorso si basava sulla presunta violazione dell’art. 597 c.p.p., che regola i poteri del giudice d’appello e pone il divieto di reformatio in peius (divieto di peggiorare la condanna dell’imputato in assenza di appello del pubblico ministero). La difesa sosteneva che, pur essendo la pena finale inferiore a quella del primo grado, il metodo di calcolo dell’aumento per il reato continuato fosse illegittimo perché proporzionalmente più afflittivo.

In sostanza, la domanda era: una volta venuto meno il reato più grave, il giudice del rinvio deve mantenere la stessa proporzione di aumento per i reati ‘satellite’ decisa dal primo giudice, oppure può ridefinire autonomamente gli aumenti in base alla nuova pena base?

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, fornendo una motivazione chiara e lineare. I giudici hanno affermato che non è applicabile un criterio di ‘simmetria aritmetica’ nel ricalcolo della pena. Quando il reato più grave, che costituiva il fondamento della struttura sanzionatoria originale, viene meno, l’intera impalcatura crolla. Il giudice del rinvio ha quindi il dovere di ricostruire il trattamento sanzionatorio da capo.

Questa ricostruzione non può prescindere da una nuova e autonoma valutazione di congruità, adeguatezza e proporzionalità. Il giudice deve:
1. Individuare il nuovo reato più grave tra quelli rimasti.
2. Fissare una pena base per tale reato.
3. Applicare gli aumenti per i reati satellite, valutandone la gravità in concreto e senza essere vincolato alla proporzionalità o agli importi decisi in primo grado, quando il quadro accusatorio era diverso.

L’operazione, sottolinea la Corte, non è un semplice ‘scomputo’ matematico, ma una ricalibratura complessiva della pena basata sui reati per cui è stata confermata la condanna. Il giudice del rinvio non era quindi tenuto a rispettare la proporzionalità degli aumenti applicati dal primo giudice, poiché la base di calcolo e il contesto giuridico erano radicalmente mutati.

Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale: l’assoluzione dal reato più grave in un contesto di reato continuato conferisce al giudice del rinvio una piena autonomia nel rideterminare la pena complessiva. L’unico limite invalicabile resta il divieto di infliggere una pena finale superiore a quella del giudizio precedente. La valutazione degli aumenti per i reati satellite non deve seguire una rigida logica aritmetica legata al primo grado, ma deve essere il risultato di un nuovo e ponderato giudizio di adeguatezza e proporzionalità rispetto alla mutata realtà processuale. Questa decisione rafforza la discrezionalità del giudice nel commisurare la pena alla reale gravità dei fatti accertati.

Quando un giudice ricalcola una pena per reato continuato dopo aver assolto dall’accusa più grave, è vincolato ai criteri di aumento usati nel primo giudizio?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che il giudice di rinvio non è tenuto a rispettare una ‘proporzionalità aritmetica’ con gli aumenti applicati dal primo giudice. Esclusa l’ipotesi di reato più grave, il giudice deve rimodulare l’intero trattamento sanzionatorio basandosi su criteri di congruità e adeguatezza per i reati residui.

Cosa significa che il giudice deve effettuare una valutazione di ‘congruità e adeguatezza’ dei singoli aumenti di pena?
Significa che il giudice, nel determinare l’aumento di pena per ciascun reato satellite in un reato continuato, non deve seguire un calcolo puramente matematico ma deve valutare la gravità di ogni singolo episodio in relazione alla pena base fissata per il nuovo reato più grave, assicurando che la sanzione finale sia giusta e proporzionata.

L’aumento di pena per i reati in continuazione può risultare, in termini relativi, più severo di quello applicato in primo grado se il reato principale viene escluso?
Sì. La sentenza stabilisce che, una volta escluso il reato originariamente considerato più grave, la nuova determinazione della pena per gli episodi residui è autonoma. Pertanto, l’aumento per la continuazione può essere superiore a quello applicato dal giudice di primo grado, purché la pena finale complessiva non superi quella inflitta in precedenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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