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Reato continuato: abitualità vs. disegno criminoso

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una condannata che chiedeva l’applicazione del reato continuato per una serie di furti. La Corte ha confermato la decisione del giudice dell’esecuzione, stabilendo che la commissione ripetuta di reati simili, anche se ravvicinati nel tempo, non dimostra un unico disegno criminoso, ma piuttosto un’abitualità e una “dedizione al crimine”, escludendo così i benefici della continuazione.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato: La Sottile Linea tra Disegno Criminoso e Abitualità

L’istituto del reato continuato, previsto dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta un meccanismo fondamentale per mitigare il trattamento sanzionatorio quando più reati sono il frutto di un’unica programmazione. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una distinzione cruciale tra un piano delinquenziale preordinato e una semplice inclinazione a delinquere. Con la sentenza n. 13995 del 2024, la Corte di Cassazione torna a tracciare i confini di questa figura giuridica, chiarendo quando la ripetizione di illeciti debba essere considerata espressione di un’abitualità criminale piuttosto che l’attuazione di un singolo disegno.

Il Caso in Esame: Una Richiesta di Continuazione Respinta

Il caso trae origine dal ricorso di una persona condannata con diverse sentenze definitive per reati di furto (art. 624-bis c.p.) e altri illeciti. La condannata si era rivolta al Tribunale di Udine, in qualità di giudice dell’esecuzione, per chiedere che le pene inflittele venissero unificate sotto il vincolo della continuazione. A suo avviso, la vicinanza temporale e territoriale dei reati, la loro omogeneità e le modalità esecutive simili erano tutti elementi che indicavano l’esistenza di un medesimo disegno criminoso.

Tuttavia, il Tribunale aveva respinto la richiesta, ritenendo che la pluralità di reati fosse piuttosto indice di una scelta di vita orientata al crimine e non l’esecuzione di un piano unitario. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Cassazione sul Reato Continuato

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la valutazione del giudice dell’esecuzione. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: per il riconoscimento del reato continuato, non basta la presenza di alcuni indicatori esteriori, ma è necessaria una prova rigorosa dell’esistenza di un programma criminoso unitario, deliberato prima della commissione del primo reato.

Distinzione Cruciale: Abitualità vs. Disegno Criminoso

Il punto centrale della pronuncia risiede nella netta distinzione tra un ‘medesimo disegno criminoso’ e una ‘abitualità criminosa’.

* Disegno Criminoso: Implica che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali. È un piano unico che abbraccia una serie di violazioni.
* Abitualità Criminosa: Descrive una situazione in cui i reati sono frutto di determinazioni estemporanee, ispirate da una scelta di vita dedita all’illecito. In questo scenario, ogni reato nasce da una decisione contingente, anche se facilitata da una generale propensione a delinquere.

Nel caso specifico, la Corte ha osservato che la ricorrente aveva commesso reati omologhi anche in un’epoca molto precedente a quelli per cui chiedeva la continuazione. Questo elemento, unito alla ripetitività delle condotte, è stato interpretato come la prova di una ‘stabile dedizione ad attività illecita’, incompatibile con la nozione di singolo disegno criminoso.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che l’onere di provare l’esistenza del disegno criminoso grava sul condannato. Non è sufficiente fare un generico riferimento alla contiguità cronologica o all’identità dei titoli di reato. Questi sono ‘indici sintomatici’ che, da soli, non dimostrano l’attuazione di un progetto unitario, ma possono altrettanto bene indicare un’abitudine al crimine.

La difesa aveva lamentato la mancata acquisizione di tutte le sentenze da parte del giudice, ma la Cassazione ha chiarito che, sebbene sia dovere del giudice disporre l’acquisizione dei documenti necessari, nel caso di specie le sentenze erano comunque state esaminate. La decisione, pertanto, non si fondava su un vizio procedurale, ma sulla valutazione di merito: le condotte, esaminate nel loro complesso, non erano riconducibili a un unico piano iniziale, ma a una ‘opzione di vita’ e a una ‘evidente dedizione al crimine’. Anche per i reati commessi nello stesso giorno, la ricorrente non ha fornito elementi sufficienti a superare questa valutazione.

Conclusioni

La sentenza n. 13995/2024 ribadisce un principio fondamentale in materia di reato continuato: i benefici derivanti dall’unificazione delle pene sono riservati a chi agisce in esecuzione di un piano delinquenziale preordinato e non a chi manifesta una generica tendenza a commettere reati. La distinzione, seppur sottile, è cruciale e spetta al condannato fornire la prova concreta di tale programmazione unitaria. In assenza di tale prova, la ripetizione di illeciti verrà interpretata come espressione di un’abitualità criminale, con la conseguente applicazione del cumulo materiale delle pene.

È sufficiente commettere reati simili in un breve periodo di tempo per ottenere il riconoscimento del reato continuato?
No. Secondo la sentenza, la contiguità temporale e l’omogeneità dei reati sono solo indici, ma non sono sufficienti. È necessario provare l’esistenza di un unico e preordinato disegno criminoso che lega tutte le condotte.

Su chi grava l’onere di provare l’esistenza di un ‘medesimo disegno criminoso’?
L’onere grava sul condannato che richiede l’applicazione del reato continuato. Egli deve allegare elementi specifici e concreti a sostegno della sua richiesta, non potendosi limitare a indicare la somiglianza dei reati.

Come distingue la Corte un disegno criminoso da una semplice ‘abitualità a delinquere’?
La Corte distingue sulla base della programmazione. Il disegno criminoso è un programma unico e iniziale che prevede la commissione di più reati. L’abitualità, invece, è una scelta di vita ispirata alla consumazione sistematica e contingente di illeciti, senza un piano originario che li leghi tutti, ma come espressione di una ‘dedizione al crimine’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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