Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 16614 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 16614 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 09/04/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a FIRENZE il 20/07/2001
NOME COGNOME nato a SASSARI il 26/03/2002
avverso la sentenza del 29/10/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono separatamente avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano che ha confermato la condanna degli imputati per il reato di concorso in furto in abitazione aggravato di cui agli artt. 110, 624 bis, 625, nn. 2 e 5, e 61, n. 7, cod. pen. (capo 1);
Considerato che il primo motivo di ricorso di COGNOME che denunzia violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione ex art. 81, comma 2, cod. pen. tra i fatti oggetto del presente giudizio e quelli già giudicati con sentenza n. 288/2020 del G.I.P. di Firenze, è manifestamente infondato in quanto denunzia violazione di norme smentita dagli atti processuali. Appare infatti improprio il richiamo all’art. 671 cod. proc. pen. tenuto conto che, come sottolineato dal giudice di merito, nel caso in esame non emerge dagli atti alcun indice rivelatore dell’identità di un medesimo disegno criminoso tale da far ritenere le singole violazioni parte integrante, fin dall’inizio, di un unico programma. Dunque, nel caso di specie, la riproduzione di illeciti penali, sebbene a breve distanza temporale, è sintomatica esclusivamente di un’abitualità a delinquere del ricorrente e non dell’unitaria progettazione necessaria per l’applicazione della disciplina del reato continuato;
Ritenuto che il secondo ed ultimo motivo di gravame del suddetto ricorrente, che contesta vizio di motivazione relativamente alla ritenuta irrilevanza del risarcimento del danno ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, e il primo ed unico motivo di ricorso di COGNOME che lamenta violazione di legge e inosservanza di norme processuali relativamente agli artt. 133 e 62 bis cod. pen., non sono consentiti in sede di legittimità e sono manifestamente infondati in presenza (si veda pag. 19 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826 – 01; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane e altri, Rv. 248244). Il diniego di concedere il beneficio richiesto trova infatti giustificazione nelle gravi modalità della condotta tenuta dagli imputati, i quali hanno dimostrato particolare abilità e progettualità nella realizzazione del fatto, non esitando, successivamente, a darsi ad una precipitosa e pericolosa fuga al fine di sfuggire alle autorità. La Corte territoriale ha, inoltre, ampiamente argomentato le ragioni della ritenuta irrilevanza della condotta risarcitoria, la quale, di ammontare irrisorio rispetto al
danno effettivamente arrecato, appare più come un tentativo volto ad ottenere un beneficio sanzionatorio, piuttosto che come una dimostrazione di effettiva
maturazione di un sincero pentimento. Al fine di una valutazione positiva, la condotta degli imputati avrebbe dovuto consistere nella restituzione dei beni
sottratti, nell’indicazione di elementi utili al loro ritrovamento o nell’offerta, a tito di risarcimento, di una somma adeguata, potendosi dimostrare solo in tal modo
un sincero sentimento di resipiscenza;
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 9 aprile 2025
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Il Presidente