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Reato continuato: abitualità non è disegno criminoso

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un condannato che chiedeva l’applicazione del reato continuato per reati di droga commessi in periodi diversi. La Corte ha stabilito che la mera ripetizione di reati simili, anche se per lo stesso scopo, non prova un unico disegno criminoso, ma può indicare una semplice ‘abitualità criminosa’, specialmente in presenza di un notevole intervallo di tempo tra i fatti.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Continuato: La Cassazione chiarisce la differenza con l’Abitualità Criminosa

L’istituto del reato continuato, previsto dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per garantire una pena proporzionata a chi commette più reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione, specialmente in fase esecutiva, richiede una prova rigorosa dell’esistenza di un piano unitario. Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce sulla sottile ma cruciale differenza tra un progetto criminoso preordinato e una semplice abitudine a delinquere.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato con due distinte sentenze per reati legati al traffico di sostanze stupefacenti, commessi in un arco temporale che andava dal 2014 al 2018. L’interessato, tramite il suo difensore, ha presentato un’istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere il riconoscimento del reato continuato tra le diverse condotte, sostenendo che fossero tutte parte di un unico piano finalizzato a sostenere sé stesso e la propria famiglia.

La richiesta si basava su alcuni elementi: l’omogeneità dei reati, la commissione degli stessi in un territorio circoscritto (Copertino/Nardò) e il medesimo modus operandi. La Corte d’Appello di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha però rigettato l’istanza, spingendo la difesa a ricorrere per Cassazione.

Il ricorso in Cassazione e la prova del reato continuato

Il ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 671 c.p.p. e dell’art. 81 c.p., sostenendo che la Corte territoriale non avesse adeguatamente valutato gli indici della continuazione. La difesa ha insistito sulla presenza di un unico disegno criminoso che legava tutti i reati contestati.

La Corte di Cassazione, nel decidere sul ricorso, ha colto l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia. Per il riconoscimento del reato continuato, non è sufficiente la mera presenza di alcuni indicatori come la somiglianza delle violazioni, la contiguità spaziale o un generico scopo di vita. È necessario dimostrare, con elementi specifici e concreti, che al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha ritenuto infondato il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. Le argomentazioni dei giudici di legittimità si sono concentrate sulla distinzione tra ‘disegno criminoso’ e ‘abitualità criminosa’.

1. L’intervallo temporale: I giudici hanno evidenziato il ‘notevole iato temporale’ tra i due gruppi di reati (i primi commessi tra il 2014 e il 2015, i secondi tra il 2017 e il 2018). Questo lungo intervallo rende ‘arduo’ ipotizzare che l’imputato avesse pianificato i secondi reati già al tempo dei primi.
2. L’onere della prova: Grava sul condannato l’onere di allegare elementi concreti a sostegno della sua tesi. Nel caso di specie, il ricorrente non ha fornito alcuna prova specifica dell’esistenza di un piano unitario, limitandosi a indicare elementi generici.
3. La diversità dei concorrenti: È stato accertato che le persone coinvolte nei reati del secondo periodo erano diverse da quelle del primo, un altro dato che depone contro l’ipotesi di un unico progetto criminoso.

La Corte ha quindi concluso che le condotte non erano frutto di un’unica deliberazione, ma di una ‘generale inclinazione’ dell’imputato a commettere reati dello stesso tipo. Questa non è un’ideazione anticipata, ma una scelta di vita e una propensione a delinquere che si manifesta in modo estemporaneo, sfruttando le opportunità contingenti. Tale ‘abitualità criminosa’ non può essere confusa con il reato continuato.

Le conclusioni

La sentenza riafferma un principio cruciale: per ottenere il beneficio del reato continuato, è indispensabile provare l’esistenza di un progetto criminoso unitario e preordinato. La semplice ripetizione di reati, anche se dello stesso tipo e motivati da necessità economiche, non è di per sé sufficiente. Questa decisione serve da monito: l’applicazione di un istituto di favore come la continuazione richiede una dimostrazione rigorosa che vada oltre la mera somiglianza delle condotte, per approdare alla prova di una deliberazione originaria e onnicomprensiva.

Cosa è necessario dimostrare per ottenere il riconoscimento del reato continuato?
È necessario dimostrare, con elementi specifici e concreti, che al momento della commissione del primo reato, quelli successivi erano già stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, come parte di un unico piano criminoso. L’onere di fornire tale prova grava sul condannato.

La ripetizione di reati simili è sufficiente per applicare il reato continuato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la mera inclinazione a reiterare violazioni della stessa specie, la contiguità temporale o l’analogia dei reati non sono sufficienti. Questi elementi possono essere indici di una ‘abitualità criminosa’, ma non provano di per sé l’esistenza di un unico e anticipato disegno criminoso.

Qual è la differenza tra ‘disegno criminoso’ e ‘abitualità criminosa’?
Il ‘disegno criminoso’ è un piano unitario e preordinato che lega più reati, ideato prima della commissione del primo. L”abitualità criminosa’, invece, è una generica tendenza o scelta di vita a commettere reati, che si manifesta in modo estemporaneo e contingente, senza un programma complessivo predefinito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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