Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30635 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30635 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il 11/05/1981
avverso l’ordinanza del 21/03/2025 della CORTE APPELLO di LECCE
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; lette/~ le conclusioni del PG
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Letta la requisitoria del dott. NOME COGNOME Sostituto Procuratore generale della Repubb presso la Corte di cassazione, con cui è stato chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Lecce, in funzione di giudi dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME diret ad ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato in executivis in relazione alle fattispecie di cui a due sentenze specificamente in essa indicate.
Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, COGNOME deducendo violazione degli artt. 671 cod. proc. pen. e 81 cod. pen. e vizio d motivazione.
Si duole del mancato riconoscimento della disciplina della continuazione tra i reati di cui sentenze indicate nell’istanza, omogenei, perché consistenti in violazioni della legge sug stupefacenti, e commessi in un arco temporale abbastanza circoscritto (dal 10 giugno 2014 al 24 aprile 2018) e nel territorio di Copertino/Nardò, sempre con lo stesso modus operandi e la medesima finalità da parte del condannato di sostentare se stesso e la propria famiglia.
Il difensore insiste, alla luce di tali motivi, per l’annullamento dell’ordinanza impugnata
Con successiva memoria la difesa chiede la trattazione orale del procedimento, che non è stata autorizzata poiché non consentita, trattandosi di rito camerale non partecipato in relazio al quale la legge non prevede tale tipo di trattazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
1.1. Va, invero, premesso che:
il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità sp temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abit programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fin valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comu frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074);
in tema di esecuzione, grava sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina del reato continuato l’onere di allegare elementi specifici e concreti a sostegno, non essend sufficiente il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti ovvero all’iden
analogia dei titoli di reato, in quanto indici sintomatici non di attuazione di un progetto cri unitario quanto di una abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistema contingente consumazione di illeciti (Sez. 5, n. 21326 del 06/05/2010, COGNOME, Rv. 247356; in senso conforme: Sez. 1 n. 35806 del 20/04/2016, Rv. 267580, e Sez. 3, n. 17738 del 14/12/2018, COGNOME, Rv. 275451).
1.2. L’ordinanza impugnata fa corretto uso dei principi sopra indicati e ne dà conto co argomentazioni assolutamente logiche e non contraddittorie.
Invero, nell’escludere l’unicità del disegno criminoso, evidenzia che : – pur concernend entrambe le sentenze esecutive condotte relative a cessioni di sostanze stupefacenti (la prima anche reati in materia di armi), la prima riguarda fatti commessi tra il 2014 e il 2015 e la seco fatti posti in essere dall’1.8.2017 all’11.12.2017; – l’istante non ha allegato alcuna circos specifica che consenta di ritenere che i reati in oggetto siano frutto di un’unica deliberazion fondo; – appare arduo, in considerazione del notevole iato temporale tra le condotte, ipotizzar che COGNOME, mentre poneva in essere le condotte di cui alla prima sentenza, avesse programmato, sia pure nelle linee essenziali, di commettere altri reati concernenti le sostanz stupefacenti almeno due, se non tre o quattro, anni dopo; – il Giudice della prima sentenza riconosceva la continuazione tra i fatti di cui alla stessa con quelli giudicati con altra sen irrevocabile, in quanto commessi nello stesso periodo di tempo lontano da quelli di cui all seconda sentenza; – non è vero, infine, che in alcuni casi i reati siano stati commessi in concor con le stesse persone, dal momento che NOME COGNOME che risulta avere ceduto la sostanza stupefacente in due occasioni a Drazza nel 2017, non compare in alcuno degli episodi di cui alla prima sentenza, e non vi sono altri soggetti che commettono in concorso con Drazza i fatti a quest’ultimo addebitati; – le condotte in esame sono frutto della generale inclinazione di NOME a commettere reati della stessa indole e tra le stesse non vi è alcun reale collegamento.
A fronte di tali argomentazioni, scevre da vizi logici e giuridici anzi conformi alla consol giurisprudenza di questa Corte (si veda, quanto all’ultimo profilo evidenziato dall’ordinanza, ex plurimis, Sez. 1, n. 39222 del 26/02/2014, B., Rv. 260896, secondo cui in tema di reato continuato, la mera inclinazione a reiterare violazioni della stessa specie, anche se dovuta a una determinata scelta di vita, o ad un programma generico di attività delittuosa da sviluppar nel tempo secondo contingenti opportunità, non integra di per sé l’unitaria e anticipata ideazio di più condotte costituenti illecito penale, già insieme presenti alla mente del reo, che caratte l’istituto disciplinato dall’art. 81, secondo comma, cod. pen.), che evidenziano i dati disson rispetto alla prospettata unitarietà progettuale criminosa, quali la distanza temporale dei f nonché le diverse modalità e, quindi, l’estemporaneità delle violazioni, il ricorso, che lamenta mancata considerazione degli indici rivelatori dell’unicità del disegno criminoso sottostante fatti, invece considerati, si rivela infondato.
Al rigetto dell’impugnazione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2025.