Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36867 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36867 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/01/2025 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME;
letta la memoria ex art. 611 cod. proc. pen., tardivamente depositata (in data 30/09/2025) dalla difesa del ricorrente;
rilevato che i due motivi di ricorso, con si deducono in ogni forma vizi della motivazione, sono manifestamente infondati, poiché il vizio censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett e) cod. proc. pen., è quello che emerge dal contrasto dello sviluppo argomentativo della sentenza con le massime di esperienza o con le altre affermazioni contenute nel provvedimento; che, invero, l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074); che la motivazione della sentenza impugnata non presenta alcun vizio riconducibile alla nozione delineata nell’art. 606, comma 2, lett. e) cod. proc. pen.;
che, in particolare, il primo motivo di ricorso, che deduce in ogni forma il vizio di motivazione in relazione alla mancata derubricazione del reato di rapina in quelli di percosse e furto o in quello di tentata rapina è totalmente reiterativo in assenza di confronto con la motivazione (Sez.2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 27697001; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01) e non tiene conto, con ciò manifestandosi nella sua aspecificità, di quanto argomentato alla pagina 5 della sentenza impugnata (ove si è valorizzato come, nel caso in esame, la violenza, consistita nel colpire la persona offesa, sia stata esercitata dall’imputata proprio nei confronti della persona offesa al fine di impossessarsi, come effettivamente avvenuto, di una cassetta di lattine di bevanda energizzante, così come riscontrato da plurimi elementi di prova acquisiti, quali testimonianze e visione delle videocamere di sorveglianza);
che tale motivo, inoltre, è manifestamente infondato, perché volto alla prospettazione di enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui, (come chiarito alla pagina 4 della sentenza impugnata) essendo la fattispecie della rapina un reato complesso, non è possibile parcellizzare la violenza e l’impossessamento della res, finalisticamente collegati tra loro, per ravvisare nel caso di specie i reati d percosse e furto;
che, in particolare, il secondo motivo di ricorso, che deduce in ogni forma il vizio di motivazione sul mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. o della fattispecie attenuata del fatto di lieve ent
(come risultante dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 86 del 2024), non si confronta con il percorso argomentativo della sentenza impugnata, benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive (dando conto alla pagina 4 di una valutazione globale dell’evento dannoso e pericoloso, atteso che la ricorrente, in concorso con altre, ha messo a soqquadro il locale, rovesciato e danneggiato la cassa, colpito con pugni e schiaffi la persona offesa), non potendo dunque valorizzarsi isolatamente il modesto valore economico del bene effettivamente sottratto;
atteso che, quanto al tema della c.d. attenuante costituzionale, nessuna richiesta in tal senso da parte della difesa è stata formulata sia con i motivi di appello, che con le conclusioni, con conseguente interruzione della catena devolutiva sul punto (Sez. 3, n. 2343 del 28/09/2018, dep. 18/01/2019, Di Fenza, Rv. 274346-01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il giorno 10 ottobre 2025.