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Reato complesso: minaccia assorbita nel danno

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di danneggiamento di un bene accompagnato da minacce contestuali, si configura un unico reato complesso. Di conseguenza, la minaccia viene assorbita nel delitto di danneggiamento, escludendo l’aumento di pena per la continuazione. La sentenza riduce la pena dell’imputato, annullando la condanna per il reato di minaccia.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Complesso: Quando la Minaccia è Assorbita dal Danneggiamento

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26817/2025, chiarisce un importante principio in materia di reato complesso, stabilendo che le minacce formulate contestualmente a un danneggiamento non costituiscono un reato autonomo, ma vengono assorbite in quest’ultimo. Questa decisione ha implicazioni significative sulla determinazione della pena, escludendo l’applicazione dell’aumento previsto per la continuazione tra reati.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per i reati di minaccia aggravata e danneggiamento. L’accusa si basava sul fatto che l’imputato avesse danneggiato l’autovettura della persona offesa utilizzando una zappa e, nello stesso frangente, avesse proferito gravi minacce di morte nei suoi confronti. I giudici di merito avevano unificato i due reati sotto il vincolo della continuazione, condannando l’imputato a una pena complessiva di sette mesi di reclusione.

Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, sollevando due principali motivi: la presunta inattendibilità delle dichiarazioni della persona offesa e l’errata applicazione della legge penale riguardo al concorso tra i reati di minaccia e danneggiamento.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Reato Complesso

La Suprema Corte ha analizzato distintamente i due motivi di ricorso, giungendo a conclusioni opposte per ciascuno di essi.

La Valutazione della Prova e l’Attendibilità della Persona Offesa

Il primo motivo, relativo alla presunta inattendibilità della vittima, è stato dichiarato inammissibile. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: le dichiarazioni della persona offesa possono, da sole, costituire la base per un’affermazione di colpevolezza, purché la loro attendibilità sia stata attentamente vagliata dal giudice. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente motivato la loro decisione, basandosi sulla coerenza delle accuse, confermate da elementi esterni come le fotografie del veicolo danneggiato e la testimonianza di un carabiniere intervenuto sul posto.

L’Assorbimento della Minaccia nel Danneggiamento come Reato Complesso

Il secondo motivo di ricorso è stato invece accolto. La Corte ha riconosciuto che la condotta di danneggiamento e quella di minaccia erano state contestuali, come emergeva chiaramente sia dal capo d’imputazione sia dalla ricostruzione dei fatti.

In questa situazione, si configura un’ipotesi di reato complesso ai sensi dell’art. 84 del codice penale. La fattispecie di danneggiamento (art. 635 c.p.), quando commessa con violenza o minaccia alla persona, contiene già al suo interno l’elemento della minaccia. Pertanto, la minaccia (art. 612 c.p.), che di per sé costituirebbe un reato autonomo, viene ‘assorbita’ nel delitto più grave di danneggiamento.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che, in presenza di un reato complesso, non è possibile applicare l’istituto della continuazione (art. 81 c.p.). Quest’ultimo presuppone una pluralità di reati, mentre nel caso di specie, a causa dell’assorbimento, il reato è giuridicamente unico. La condotta minatoria perde la sua autonomia e diventa un elemento costitutivo del delitto di danneggiamento.

Di conseguenza, l’aumento di pena applicato dai giudici di merito per il reato di minaccia era illegittimo. Poiché il minimo edittale per il danneggiamento è di sei mesi di reclusione e la pena inflitta era di sette mesi, la Corte, in un’ottica di favor rei (principio che impone di scegliere l’interpretazione più favorevole all’imputato), ha presunto che il mese aggiuntivo fosse stato inflitto a titolo di aumento per la continuazione.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di minaccia, ritenendolo assorbito in quello di danneggiamento. Ha quindi eliminato la relativa pena di un mese, rideterminando la sanzione finale in sei mesi di reclusione. Questa pronuncia riafferma l’importanza di una corretta qualificazione giuridica del fatto, sottolineando come la contestualità di più azioni possa dar vita a un unico reato complesso, con effetti diretti e significativi sul trattamento sanzionatorio.

Quando la minaccia e il danneggiamento costituiscono un unico reato?
Quando la condotta di minaccia è contestuale a quella di danneggiamento, si configura un unico reato complesso ai sensi dell’art. 635 c.p., e la minaccia viene assorbita nel reato di danneggiamento.

È possibile condannare una persona sulla base delle sole dichiarazioni della vittima?
Sì, la testimonianza della persona offesa può essere sufficiente per una condanna, a condizione che il giudice ne abbia verificato attentamente la credibilità e l’attendibilità attraverso una motivazione rigorosa, preferibilmente supportata da elementi di riscontro esterni.

Cosa comporta la qualificazione di un fatto come reato complesso ai fini della pena?
La qualificazione come reato complesso esclude l’applicazione dell’aumento di pena previsto per il concorso di reati o per la continuazione. Si applica solo la pena prevista per il reato complesso, che già tiene conto di tutte le condotte illecite che lo compongono.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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