Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26817 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26817 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/06/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Sinagra il 19/9/1972 avverso la sentenza resa il 12/2/2025 dalla Corte di appello di Messina visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiarare l’inammissibilità del ricorso. lette le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Messina ha confermato la sentenza resa il 27 settembre 2024 dal Tribunale di Patti che ha affermato la responsabilità di NOME COGNOME in ordine ai delitti di minaccia aggravata (capo A) e di danneggiamento (capo B)’commessi nel 2020 e, unificati i detti reati per continuazione, lo ha condannate) alla pena di sette mesi di reclusione.
Si addebita all’imputato di avere danneggiato l’autovettura della persona offesa utilizzando una zappa e di avere contemporaneamente formulato all’indirizzo della stessa gravi minacce di morte.
2.Avverso detta pronunzia ha proposto ricorso l’imputato deducendo:
2.1.violazione di legge e in particolare dei criteri di valutazione delle prove di cu all’articolo 192 cod.proc.pen. e vizio di motivazione con riferimento al giudizio d complessiva attendibilità intrinseca ed estrinseca delle dichiarazioni accusatorie della persona offesa. L’imputato avrebbe dovuto essere assolto in ragione dell’assoluta inattendibilità della persona offesa, la quale si era costituita parte civile chiedendo risarcimento del danno subito e riconosceva nel corso dell’esame dibattimentale di avere pessimi rapporti con COGNOME .
Il Tribunale e la Corte non avrebbero potuto condannare l’imputato sulla base delle sole dichiarazioni del COGNOME poiché la testimonianza della persona offesa, ove ritenuta intrinsecamente attendibile, costituisce fonte di prova purché la relativa valutazione sia sorretta da adeguata motivazione e sia oggetto di un’approfondita verifica che nel caso in esame è mancata. In particolare, non sono emersi elementi esterni che possano confermare le pesanti accuse formulate dalla persona offesa.
2.2 Violazione di legge e in particolare degli artt. 612 e 84, ultimo comma, cod. pen. poiché secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità la Cassazione ha stabilito che per l’integrazione della fattispecie di danneggiamento con minacce alla persona prevista dall’articolo 635, primo comma, cod.pen. è sufficiente che le minacce siano contestuali alla condotta di danneggiamento, con la conseguenza che il reato di minacce è assorbito in quello di danneggiamento.
Nel caso in esame invece i due reati sono stati posti in continuazione con un indebito aumento sanzionatorio a carico dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei limiti che verranno esposti.
1.1.11 primo motivo di ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato e generico. Giova ricordare che la denunziata violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. non configura il vizio di cui all’art. 606 comma c, cod.proc.pen. non trattandosi di norma processuale a pena di decadenza o inammissibilità, ma può al più integrare vizio della motivazione, quando il giudizio di attendibilità sia manifestamente illogico o contraddittorio.
E’ stato infatti autorevolmente affermato che, in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), stesso codice, per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo
al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 04),
Nel caso in esame, il Tribunale e la Corte territoriale hanno condiviso il positivo giudizio di attendibilità della persona offesa, che non risulta contestato in modo specifico dal ricorrente il quale si limita ad enfatizzare la costituzione di parte civile e i pess rapporti con l’imputato, all’origine dell’aggressione.
E’ noto che le regole dettate dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone. (In motivazione la Corte ha altresì precisato come, nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi). (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 253214 – 01),
Nel caso in esame, il positivo giudizio di attendibilità si fonda sulla coerenza e costanza delle accuse formulate nell’immediatezza e confermate in giudizio e ha trovato conferma non soltanto nelle fotografie raffiguranti la Fiat Panda danneggiata, ma anche nella deposizione del carabiniere COGNOME il quale, subito dopo i fatti, aveva avuto modo di vedere l’auto e costatare i danni. A ciò si aggiunga che l’imputato non ha offero elementi specifici da cui desumere la volontà calunniatoria del querelante e non ha fornito alcuna versione alternativa, sicchè alla stregua di questi elementi, il giudizio attendibilità della ricostruzione offerta dalla persona offesa è immune dai vizi dedotti.
1.2,11 secondo motivo di ricorso è fondato.
Non è ostativa rispetto alla sua valutazione, la circostanza che il ricorrente non avesse eccepito la violazione di legge con l’atto di appello. Infatti, emergendo il dato dal capo di imputazione e dalla non contestata ricostruzione in fatto della vicenda, il Collegio è nelle condizioni di rilevare la contestualità dell’azione di danneggiamento e di minaccia, senza ricorrere ad alcun ulteriore accertamento di fatto ed in presenza di ricorso reso ammissibile anche dalla sola circostanza di aver rilevato una violazione di legge emendabile.
E’ stato infatti affermato che, in tema di impugnazioni, è rilevabile d’ufficio ne giudizio di cassazione il vizio di violazione di legge non dedotto con l’atto d’appello, nel caso in cui sia prospettata, con il ricorso, una violazione di legge emendabile ed essa emerga dal capo di imputazione e dalla non contestata ricostruzione della vicenda, non essendo necessario alcun ulteriore accertamento in fatto. (Sez. 2, n. 8654 del 23/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284430 – 01 in fattispecie in cui la Suprema Corte
ha annullato la decisione con la quale l’imputato era stato condannato per i delitti di cui all’art. 635, comma primo, e 612 cod. pen., con aumento di pena ex art. 81 cod. pen., sebbene il delitto di minaccia dovesse ritenersi assorbito, ai sensi dell’art. 84 cod. pen., da quello di danneggiamento in ragione della contestualità delle rispettive azioni integrative, rilevabile già dall’imputazione).
La sentenza impugnata ha dato atto della circostanza che la condotta di danneggiamento e quella di minaccia erano state contestuali, conformemente a quanto già indicato nei capi di imputazione. Pertanto, non avrebbe potuto darsi luogo ad alcun aumento di pena in continuazione per il reato di minaccia di cui all’art. 612 cod. pen., dal momento che la fattispecie prevista dall’art. 635, primo comma, cod. pen. – alla quale è stato correttamente ricondotto il fatto commesso dall’imputato – configura, dopo la novella normativa, un’ipotesi di reato complesso ex art. 84 cod. pen., contenendo al suo interno, quale elemento costitutivo, un fatto (quello di minaccia) che integrerebbe, di per sé stesso, altro reato, che rimane assorbito; con la conseguenza che andava esclusa l’applicazione della disposizione di cui all’art. 81 cod. pen. così come prevede l’art. 84 cod. pen..
Alla luce delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nella parte in cui ha ritenuto sussistente il reato di minaccia di cui al capo A) d’imputazione ( da ritenersi assorbito nel capo B) ed inflitto, in relazione ad esso, un aumento di pena in continuazione.
Deve, al riguardo, rilevarsi che i giudici di merito non hanno operato alcuna esplicita distinzione tra la pena base per il più grave reato di danneggiamento e l’aumento sanzionatorio per il delitto di minaccia, applicando una pena complessiva di sette mesi di reclusione per i due reati unificati; poiché il minimo edittale per il deli ex art. 635 cod.pen. è di sei mesi di reclusione e la pena inflitta per questo reato non può esser stata determinata in misura inferiore, il Collegio ritiene, in un’ottica di favor rei, di poter eliminare la porzione di sanzione che supera detta minimo edittale e che può essere attribuita al reato satellite ritenuto assorbito. Ne consegue che occorre eliminare un mese di reclusione e rideterminare per l’effetto la pena per il reato di danneggiamento, in esso assorbito quello di minaccia, in sei mesi di reclusione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente al reato di minaccia di cui al capo A), perché assorbito nel reato di danneggiamento di cui al capo B) ed elimina la relativa pena di mesi uno di reclusione.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Roma 17 giugno 2025
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Il Consigliere estensore la COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME l,legrino