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Reato associativo stupefacenti: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di diversi imputati condannati per reato associativo stupefacenti. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, i quali avevano correttamente individuato l’esistenza di una stabile organizzazione criminale dedita al traffico di droga, con una chiara gerarchia e divisione dei ruoli, distinguendola dal semplice concorso di persone in singoli reati. La sentenza ribadisce che per configurare il reato associativo non è necessaria una struttura complessa, ma è sufficiente un vincolo stabile e permanente tra i sodali.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Associativo Stupefacenti: Quando la Pluralità di Reati Diventa Associazione

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 22845 del 2024, offre un’analisi cruciale sulla distinzione tra il concorso di persone in singoli episodi di spaccio e il più grave reato associativo stupefacenti. Questo caso mette in luce i criteri utilizzati dai giudici per identificare l’esistenza di un’organizzazione criminale stabile, anche in assenza di una struttura formale complessa. La decisione conferma che elementi come un ruolo di comando riconosciuto, una divisione dei compiti e la stabilità del vincolo sono sufficienti a configurare l’associazione.

I Fatti di Causa

L’indagine ha portato alla luce un gruppo criminale operante nel territorio pugliese, dedito all’acquisto, detenzione e cessione di varie sostanze stupefacenti, tra cui marijuana, hashish e cocaina. Al vertice dell’organizzazione vi era un soggetto con il ruolo di capo, promotore e organizzatore, che coordinava le attività degli altri membri. Tra questi figuravano partecipi con compiti specifici, come la custodia e la movimentazione della droga.

Le attività investigative, basate su intercettazioni telefoniche, ambientali, sistemi GPS e servizi di osservazione, hanno ricostruito la struttura del sodalizio, i suoi canali di approvvigionamento e le modalità operative. Gli imputati sono stati condannati in primo grado e in appello per il reato di cui all’art. 74 del Testo Unico Stupefacenti, oltre che per diversi reati-fine.

I Motivi del Ricorso in Cassazione per Reato Associativo Stupefacenti

I ricorrenti hanno impugnato la sentenza della Corte d’Appello, sostenendo l’insussistenza del reato associativo stupefacenti. Secondo le difese, le prove raccolte dimostrerebbero al massimo un concorso di persone in singoli episodi criminosi, ma non l’esistenza di una vera e propria associazione.

Le principali argomentazioni difensive si sono concentrate su:

* Mancanza di una struttura organizzativa stabile: Si è sostenuto che non vi fossero basi logistiche comuni, una cassa condivisa o mezzi appositamente predisposti.
* Assenza di ‘affectio societatis’: Gli imputati hanno negato la presenza di un vincolo psicologico permanente e di una volontà condivisa di far parte di un’entità criminale duratura.
* Sporadicità delle condotte: Le difese hanno evidenziato che i contatti e le collaborazioni erano occasionali e limitati a brevi periodi, non indicativi di un patto associativo stabile.

In sostanza, i ricorrenti hanno cercato di derubricare la loro condotta a una serie di accordi estemporanei per la commissione di specifici reati di spaccio.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto tutte le argomentazioni, dichiarando i ricorsi inammissibili. I giudici hanno chiarito che le difese proponevano una rilettura dei fatti e delle prove, un’operazione non consentita in sede di legittimità. La Corte ha invece validato il percorso logico-giuridico seguito dai giudici di merito.

La Cassazione ha ribadito che per la configurazione del reato associativo stupefacenti non è richiesta una struttura organizzativa complessa e gerarchicamente definita come nelle associazioni di stampo mafioso. Sono sufficienti elementi che dimostrino la stabilità del vincolo e la preordinazione del gruppo a un programma criminoso indefinito. Nel caso di specie, questi elementi sono stati correttamente individuati in:

* Il ruolo direttivo: La presenza di un capo che impartiva disposizioni, pianificava gli acquisti e ripartiva gli utili, pur cercando di non esporsi direttamente nelle fasi operative.
* La divisione dei ruoli: L’esistenza di membri con compiti specifici, come la custodia dello stupefacente o il trasporto, dimostra una minima ma efficace organizzazione.
* La stabilità del vincolo: Le continue interazioni, le lamentele registrate tra i sodali per la scarsa partecipazione del capo e le raccomandazioni di non farsi vedere insieme in pubblico sono state interpretate come prove della consapevolezza di appartenere a un gruppo stabile.
* La mutua assistenza: Anche il solo interesse a fornire assistenza legale a un membro arrestato è stato considerato un indicatore dell’esistenza di un vincolo associativo.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto le motivazioni delle sentenze di primo e secondo grado logiche, coerenti e prive di vizi. I giudici di merito avevano scrupolosamente analizzato l’ampio compendio investigativo, traendo conclusioni fondate. Le lamentele registrate nelle intercettazioni, lungi dal negare l’esistenza di un’associazione, ne confermavano la struttura gerarchica e la consapevolezza dei membri di far parte di un’unica entità.

L’inammissibilità dei ricorsi deriva dal fatto che questi non hanno evidenziato reali violazioni di legge o vizi motivazionali, ma si sono limitati a contrapporre una diversa interpretazione delle prove a quella, del tutto plausibile, fornita dai giudici di merito. Tale tentativo di ottenere una nuova valutazione del quadro probatorio è precluso in sede di Cassazione.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida un importante principio giurisprudenziale: la distinzione tra concorso di persone e associazione per delinquere si basa sulla stabilità e permanenza del vincolo che lega i membri. Per il reato associativo stupefacenti, è sufficiente dimostrare l’esistenza di un programma criminoso duraturo e di un’organizzazione minima, anche senza una struttura formale o mezzi sofisticati. La decisione sottolinea come la valutazione complessiva di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti – come conversazioni, comportamenti e ruoli – possa legittimamente fondare una condanna per questo grave reato.

Cosa distingue un’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio dal semplice concorso di persone in reati di droga?
La differenza fondamentale risiede nella stabilità del vincolo. Nel concorso, più persone si accordano occasionalmente per commettere uno o più reati specifici. Nell’associazione, invece, esiste un patto duraturo e un’organizzazione stabile (anche minima) finalizzata a commettere una serie indeterminata di delitti, con la consapevolezza dei membri di far parte di un gruppo permanente.

Per configurare un reato associativo è necessario che tutti i membri si conoscano e interagiscano tra loro?
No, non è necessario. La sentenza chiarisce che l’esistenza di un ruolo di comando riconosciuto e di una divisione dei compiti è sufficiente a provare la struttura associativa, anche se non tutti i consociati hanno rapporti diretti tra loro. È la consapevolezza di operare all’interno di una struttura più ampia e per un fine comune che rileva.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili invece di decidere nel merito?
La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare le prove (come farebbe un testimone credibile o meno), ma verificare che i giudici dei gradi inferiori abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio. Poiché i ricorsi si limitavano a proporre una diversa interpretazione delle prove già valutate, senza individuare vizi di legge, sono stati ritenuti inammissibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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