Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 22845 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 22845 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a LUCERA il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a LUCERA il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a LUCERA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a LUCERA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/09/2022 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Procuratore Generale, in persona del Sostituto dott. NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
udito il difensore AVV_NOTAIO in difesa di NOME, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito il difensore AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’avvocato COGNOME NOME, in difesa di COGNOME NOME, che ha concluso per o, l’accoglimento del ricorso,
RITENUTO IN FATTO
– COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME (unitamente a COGNOME NOME e COGNOME NOME) del delitto di cui all’art. 74, commi 1 e 2, T.U. Stup. per essersi stabilmente associati tra loro al fine di commettere più delitti di cui all’art. 73 T.U. Stup. in numero superiore a tre, costituendo un’organizzazione dedita all’acquisto, alla detenzione e alla cessione di sostanza stupefacente di vario tipo tra cui marijuana, hashish e cocaina: COGNOME NOME con il ruolo di capo, promotore e organizzatore del sodalizio, COGNOME NOME e COGNOME NOME con il ruolo di partecipi e COGNOME NOME con il compito di detenere e movimentare il narcotico
per conto del sodalizio. In Lucera e altri luoghi da settembre 2015 all’attualità (capo 33);
COGNOME NOME del delitto di cui agli artt. 81 cod. pen. 73, commi 1 e 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 per avere illecitamente in più occasioni venduto e comunque ceduto un quantitativo non individuato di sostanza stupefacente del tipo hashish a COGNOME NOME. In Foggia e Lucera il 4 ottobre 2015 e il 23 ottobre 2015 (capo 1);
COGNOME NOME (in concorso con COGNOME NOME e COGNOME non ricorrenti) del delitto di cui agli artt. 81, 110 cod. pen. e 73, commi 1-bis e 6, T.U. Stup. per avere, previo concerto e in concorso tra loro e con COGNOME NOME illecitamente, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, custodito e detenuto, a evidente fine di spaccio, imprecisati quantitativi di cocaina e marijuana, parte dei quali venivano rinvenuti in una pertinenza dell’abitazione di COGNOME NOME (kg 19,544 di sostanza stupefacente del tipo marijuana); in particolare NOME NOME in qualità di proprietario dello stupefacente con l’aggravante di aver commesso il fatto in tre o più persone. In Lucera dal 21 ottobre 2015 al 3 novembre 2015 (capo 3);
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME (in concorso con COGNOME NOME) del delitto di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73, commi 1 e 6, T.U. Stup. per avere, previo concerto e in concorso tra loro, illecitamente acquistato sostanza stupefacente del tipo cocaina da soggetti campani appartenenti al RAGIONE_SOCIALE «RAGIONE_SOCIALE» per un quantitativo non individuato e un valore pari a 40.000 euro, con l’aggravante del fatto commesso in tre o più persone. In Pompei il 5 aprile 2016 (capo 8);
COGNOME NOME (in concorso con COGNOME NOME non ricorrente) delitto di cui agli artt. 81, 110 cod. pen. e 73, comma 1, T.U. Stup. per avere venduto o comunque ceduto imprecisati quantitativi di sostanza stupefacente del tipo cocaina per un importo complessivo non inferiore a 6000 euro circa con riferimento alle cessioni di droga effettuate in data 10, 16 e 22 maggio 2016. In Volturino (capo 9);
COGNOME NOME (in concorso con COGNOME NOME) delitto di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73, commi 1 e 4, T.U. Stup. per avere, previo concerto e in concorso tra loro, illecitamente acquistato e comunque ricevuto da un soggetto cerignolano nonché trasportato e detenuto al fine di spaccio kg.2 di hashish. In Cerignola il 20 maggio 2016 (capo 15);
COGNOME NOME e COGNOME NOME (in concorso con COGNOME NOME) del delitto di cui agli artt. 81, 110 cod. pen. e 73, commi 1, 4 e 6, T.U. Stup. per avere in più occasioni e in concorso tra loro illecitamente trasportato e venduto o comunque ceduto consistenti quantitativi di sostanza stupefacente del
tipo hashish, con l’aggravante di aver commesso il fatto in tre o più persone. In Vasto il 20 e 24 maggio 2016 (capo 16);
COGNOME NOME e COGNOME NOME (in concorso con COGNOME NOME) del delitto di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73, commi 1 e 6, T.U. Stup. perché, in concorso tra loro, illecitamente cedevano o comunque vendevano un quantitativo di sostanza stupefacente del tipo cocaina per un importo superiore a 1500 euro, con l’aggravante di aver commesso il fatto in tre o più persone. In Lucera, Marina di Vasto e San Salvo il 24 maggio 2016 (capo 18);
COGNOME NOME e COGNOME NOME (in concorso con COGNOME NOME) del delitto di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73, commi 1 e 4, T.U. Stup. per avere, previo concerto e in concorso tra loro, illecitamente acquistato e comunque ricevuto da un soggetto non identificato, nonchè detenuto al fine di spaccio, un imprecisato quantitativo di sostanza stupefacente del tipo hashish. In Lucera il 26 maggio 2016 (capo 20);
COGNOME NOME, (in concorso con COGNOME NOME e COGNOME NOME) del delitto di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73, commi 1, 4 e 6, T.U. Stup. per avere in concorso tra loro acquistato e comunque ricevuto, nonché detenuto al fine di spaccio, sostanza stupefacente del tipo hashish nella quantità di due pacchi; con l’aggravante di aver commesso il fatto in tre o più persone. In Manfredonia e Lucera il 26 maggio 2016 (capo 22);
COGNOME NOME (in concorso con COGNOME NOME) del delitto di cui agli artt.81, 110 cod. pen. e 73, comma 1, T.U. Stup. per avere illecitamente venduto e comunque ceduto imprecisati quantitativi di cocaina a COGNOME NOME. In provincia di Foggia il 7 giugno 2016 (capo 24).
La Corte di appello di Bari, con la sentenza indicata in epigrafe, ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado rideterminando in complessivi anni cinque e mesi sei di reclusione, per quanto qui di interesse, la pena nei confronti di NOME COGNOME, esclusa la recidiva e previo riconoscimento della continuazione tra il delitto sub 33) e quello di cui alla sentenza della Corte di appello di Bari datata 13/07/2016, irrevocabile il 3/10/2016; assolvendo COGNOME NOME dal delitto sub 9) limitatamente all’episodio dell’11/04/2016 perché il fatto non sussiste e rideterminando la pena nei suoi confronti in anni cinque mesi uno giorni dieci; confermando nel resto la condanna di COGNOME NOME e COGNOME NOME, con revoca della confisca, dissequestro e restituzione agli aventi diritto degli immobili siti in Lucera e dei rapporti finanziari intestati a COGNOME NOME e dell’immobile sito in Lucera e intestato a COGNOME NOME. All’esito del giudizio di appello, la misura della confisca ai sensi dell’art. 240 bis cod. pen. risulta, dunque, confermata esclusivamente con
riguardo al saldo attivo presente sul conto corrente cointestato al NOME NOME NOME NOME.
4. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione censurando la sentenza, con il primo motivo, per violazione di legge e vizio di motivazione in ordine reato contestato al capo 33) in relazione alla figura apicale attribuitagli. La difesa si lamenta del fatto che il giudice di appello non abbia preso in esame le deduzioni difensive, sviluppando una motivazione contraddittoria rispetto alle risultanze degli atti; in particolare, si assume, il giudice di appello ha desunto la partecipazione e la consumazione del reato associativo dai reati-fine di cui ai capi 3) e 8), in contrasto con i profili associativi dettati dai canoni giurisprudenziali assume la difesa che non vi sia traccia di contatti diretti tra il ricorrente e soggetti ritenuti partecipi dell’associazione, coimputati nel delitto di cui al capo 3), non potendosi superare tale elemento sulla base di schede telefoniche dedicate delle quali il COGNOME non era utilizzatore; i partecipi ai reati di cui al cap 3) e al capo 8) non sono mai coimputati tutti tra di loro nei reati-fine; l subordinazione del COGNOME e di COGNOME NOME NOME ricorrente non è riscontrata da alcuna attività captativa ambientale o telefonica, così mancando elementi univocamente attestanti un rapporto di soggezione-subordinazione-controlloorganizzazione riferibile a COGNOME NOME. La sentenza offre un contenuto motivazionale manifestamente contraddittorio in relazione agli elementi strutturali dimostrativi dell’esistenza dell’associazione. In particolare, l’asserit mutua assistenza ai detenuti è frutto di una vera e propria forzatura del dato storico in quanto il coinvolgimento del COGNOME è prettamente congetturale, posto che l’iniziativa per la nomina del difensore al COGNOME non è riconducibile a COGNOME NOME, tanto più che nel procedimento in atti COGNOME e COGNOME sono difesi da avvocati diversi; inoltre, COGNOME NOME ha scelto un legale diverso da quello che gli sarebbe stato indicato. Con riferimento all’esistenza di una cassa comune, il dato sarebbe offerto da una sola intercettazione dal contenuto ambiguo non riconducibile a NOME, trattandosi di una conversazione intervenuta tra COGNOME NOME e un altro soggetto non identificabile con il ricorrente se non con un’operazione congetturale. Si è ipotizzata la durata dal settembre del 2015 al 20 dicembre 2019, data in cui gli imputati sono stati arrestati, sebbene NOME, qualificato come capo indiscusso della consorteria, compaia solo in reati commessi nel 2015 e nel 2016. Gli stessi COGNOME, nella conversazione n. 1277 del RIT 500/16 del 5 aprile 2016 affermano come il COGNOME fosse poco partecipe alle attività del sodalizio criminoso, «sempre preso dalla sua amante e da altre situazioni di carattere personale… non faceva nulla…», cosicchè la sentenza è contraddittoria in quanto il ruolo verticistico Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
attribuito al COGNOME in relazione al capo 8) non trova riscontro negli altri capi cii imputazione allo stesso contestati. Il giudice di appello non ha risposto a tale censura, fondata su un’intercettazione tranciante. Nel caso di specie, la mera commissione di plurimi reati di cui all’art. 73 T.U. Stup. non è sufficiente a costituire prova dell’integrazione del reato associativo, non essendo stati accertati l’accordo tra i sodali, la struttura organizzativa e la cosiddetta affectio societatis, essendo le condotte indicative di un mero concorso di persone nel reato.
4.2. Con il terzo motivo deduce nullità della sentenza per difetto di motivazione e motivazione apparente. La Corte territoriale ha omesso di esaminare i fatti decisivi compiutamente trasfusi nei motivi di appello travisando il contenuto dell’intercettazione e delle risultanze di prova. In particolare, con riguardo al rapporto tra il ricorrente e il COGNOME, la conversazione indicata come espressione dell’asservimento del secondo al primo è descritta a pag.29 della sentenza, ma il dialogo avvalora e rafforza l’esistenza di un solido legame personale piuttosto che quella di un vincolo associativo. La Corte di appello ha
forzato il dato lette’ . -ale, che non fornive univoca lettura interpretativa. Ulteriore conferma dell’affectio del gruppo sarebbe individuabile, secondo la Corte, nell’accadimento del 22 ottobre 2015, quando il COGNOME sale a bordo del veicolo già occupato da COGNOME e COGNOME promettendo loro «per venerdì qualcosa esce a tutti quanti», ma tale espressione individua semmai un gruppo di persone di pari grado e in posizione di compartecipi in eguale misura nella condotta criminosa. Altrettanto congetturale è la valutazione della conversazione tra COGNOME e COGNOME del 27 ottobre 2015, trascritta a pag. 37 della sentenza, nella quale il ricorrente non viene mai nomiNOME; analogo ragionamento può farsi a proposito della mutua assistenza affermata dalla Corte alle pagg. 40 e 41 della sentenza, neutralizzata dalla stessa Corte laddove ammette che l’iniziativa provenisse dal COGNOME e che non si fosse poi concretizzata. Anche a pag. 60 della sentenza, allorquando nei capi 21) e 22) si fa frequente riferimento al COGNOME, nessuna condotta è direttamente ascrivibile al ricorrente; ulteriore contraddizione emerge a pag. 76, quando la Corte estende la durata dell’associazione a un arco «non assolutamente minimo» senza ancorare tale affermazione ad alcun riscontro individualizzante, potendosi tale affermazione ritenere sconfessata dalla formulazione dei capi 6) e 8), che limitano la sua durata a un frangente temporale di pochissimi mesi. La motivazione non fornisce convincente giustificazione del discrimine tra l’associazione vera e propria e il concorso nel reato continuato, consistente nella permanenza dell’organizzazione.
5. NOME COGNOME propone ricorso per cassazione censurando la sentenza impugnata, con il primo motivo, per erronea applicazione e violazione di legge con riferimento all’art. 74 T.U. Stup. nonché travisamento degli atti e manifesta illogicità, contraddittorietà e carenza di motivazione sul punto. La difesa ritiene che il giudice di appello si sia appiattito sulla motivazione della sentenza di primo grado, che peraltro aveva desunto il ruolo del COGNOME quale custode del narcotico per conto del sodalizio da un unico episodio delittuoso risalente al 3 novembre 2015, avente a oggetto l’illecita detenzione di kg. 19,5 di sostanza stupefacente del tipo marijuana, per il quale il COGNOME è stato arrestato in flagranza di reato e condanNOME a pena interamente espiata in separato giudizio. I giudici territoriali, si assume, non hanno fatto buon governo dei principi di diritto che individuano il carattere distintivo del reato associativ nell’accordo criminoso avente ad oggetto la commissione di una serie non preventivamente determinata di delitti, nella permanenza del vincolo associativo oltre che nell’esistenza di un’organizzazione. In particolare, l’esistenza del sodalizio sarebbe rivelata dall’assistenza materiale attesa da COGNOME e COGNOME in cambio della loro disponibilità in favore del gruppo e dall’assistenza difensiva
rivelata dalle conversazioni in carcere del COGNOME, dalla presenza di basi logist he per l’incontro e il deposito, dalla disponibilità di utenze telefoniche dedicate, ma negli atti non risulta provata alcuna effettiva e stabile organizzazione logistica, non esistendo un nascondiglio riferibile al sodalizio nè una sede operativa comune, tanto che il COGNOME aveva custodito presso la sua abitazione familiare la marijuana consegnatagli dal COGNOME, mentre il COGNOME sì è avvalso della sua concessionaria per tali scopi. Ove le abitazioni del COGNOME e del COGNOME fossero state realmente deputate a custodire lo stupefacente per conto dell’organizzazione, lo sarebbero rimaste anche in seguito all’arresto del COGNOME, ma sia il COGNOME che il COGNOME hanno rescisso ogni rapporto con il COGNOME dopo l’arresto del ricorrente, non prestando la propria disponibilità a custodire lo stupefacente. La sede del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non è base logistica per gli incontri ma RAGIONE_SOCIALE ricreativo cittadino sito nel centro storico di Lucera, frequentato da molte persone che nulla hanno a che fare con la vicenda in esame. L’asserita organizzazione non disponeva di autoveicoli appositamente modificati da utilizzare per il trasporto e l’occultamento, risultando al contrario lo sprovveduto e disorganizzato uso di autovetture proprie degli imputati. Non vi erano una cassa comune, né un comune e durevole interesse a immettere nel mercato sostanza stupefacente; non era comprovata la consapevolezza della dimensione collettiva e il COGNOME non ha comunque ricevuto alcuna assistenza materiale per la disponibilità manifestata nei confronti del solo NOME NOME. Non risulta che vi fosse una stabile catena di approvvigionamento in quanto i singoli protagonisti si rivolgevano a più fornitori in maniera del tutto occasionale e rivendevano la sostanza ad acquirenti del momento. Nessuna strategia commerciale negli acquisti così come nelle cessioni, laddove l’esistenza di una stabile catena di approvvigionamento di fornitori e acquirenti ben individuati costituisce uno degli elementi indefettibili per la configurazione del sodalizio. Nella sentenza si parla di assistenza giuridica rivelata dalle conversazioni in carcere del COGNOME, sebbene quest’ultimo non abbia mai ricevuto assistenza. Si è enfatizzata l’asserita assistenza legale come circostanza coerente con l’affectio alla base del sodalizio, e si è affermato come la proposta fosse stata accolta dal COGNOME, per poi ammettere che nulla si era concretizzato, avendo di fatto il COGNOME rifiutato la proposta del COGNOME senza ricevere alcun contributo RAGIONE_SOCIALE. La Corte di appello non ha preso in considerazione tali obiezioni difensive. Solo il COGNOME, non l’intero sodalizio, risulta aver utilizzato un’utenza dedicata, ma comunque impiegata per comunicare con il COGNOME, il quale ha sempre utilizzato il proprio telefono cellulare. Il coinvolgimento del COGNOME in un unico episodio delittuoso non integra una condotta attestante un ruolo specifico della persona funzionale all’associazione, anche perché la messa a disposizione deve assumere i caratteri Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
della serietà e lelld continuità attraverso comportamenti capaci di dimostrare l’adesione libera e volontaria e lo stabile inserimento del soggetto nel gruppo. La difesa aveva rimarcato, nei motivi di appello, la palese e oggettiva assenza dei requisiti necessari per la configurabilità della condotta di partecipazione, con particolare riferimento all’affectio societatis e alla coscienza e volontà di avere una parte attiva nelle dinamiche del sodalizio. La Corte territoriale, nell’affrontare tale censura, ha travisato gli atti in quanto, già prima dell’arresto in flagranza, da molteplici conversazioni intercorse tra il COGNOME e il COGNOME all’interno dell’autovettura del primo era emersa chiaramente la totale mancanza di affectio societatis e la loro ferma volontà di allontanarsi dal COGNOME e di disfarsi dello stupefacente. Si è ipotizzato che il COGNOME fosse consapevole degli scopi dei viaggi nei quali accompagnava il COGNOME, laddove la disponibilità del COGNOME era sorretta unicamente dall’ interesse utilitaristico di ottenere un posto di lavoro per suo NOME NOME, tanto è vero che il COGNOME era a disposizione del solo COGNOME sulla base di un interesse personale ed era assolutamente all’oscuro delle attività illecite del sodalizio nonché della finalità dei viaggi e degli spostamenti del COGNOME, come peraltro documentato dalle conversazioni intercettate. La Corte si è sottratta al confronto con tali argomentazioni difensive, nelle quali si era evidenziato come in tutte le conversazioni captate all’interno dell’autovettura del COGNOME non si fosse mai discusso di stupefacenti o della finalità del viaggio. In tutte le occasioni il COGNOME ha accompagNOME il COGNOME senza che si rivelasse alcun fatto di rilevanza penale per cui dal dato, non certo, dell’acquisto di stupefacente per conto del sodalizio durante il viaggio del COGNOME non si sarebbe potuto inferire il dato ignoto della consapevolezza del COGNOME; la doppia presunzione contrasta con la regola della certezza dell’indizio. Il ruolo di autista svolto dal COGNOME in favore del solo COGNOME per un brevissimo arco temporale, in assenza della prova che i viaggi di quest’ultimo fossero effettivamente finalizzati all’acquisto di stupefacente per conto dell’organizzazione e comunque in assenza di qualsivoglia elemento comprovante la conoscenza del prevenuto degli scopi degli spostamenti del COGNOME, non poteva ritenersi dimostrativo di una partecipazione volontaria e consapevole al reato associativo, tanto più che il COGNOME mai ha avuto contatto con fornitori o con acquirenti. La Corte ha totalmente ignorato le inequivoche conversazioni intercorse tra il COGNOME e il COGNOME, denotanti assenza di affectio societatis, il fastidio per il compito loro affidato dal COGNOME, la volontà di sottrarsi a tale incombenza e di rompere definitivamente i rapporti, dunque l’assoluto disinteresse a un coinvolgimento stabile e continuativo nelle attività illecite del COGNOME e la mancanza di disponibilità a custodire lo stupefacente in altre occasioni. Difetta, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, uno stabile e consapevole accordo criminoso, potendosi imputare al COGNOME esclusivamente la Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
volontà di concorrere con il COGNOME nel delitto di detenzione di sostanza stupefacente. L’assenza di affectio societatis del COGNOME emerge anche dal rifiuto dell’assistenza legale, ma tali argomenti difensivi sono stati totalmente ignorati dalla Corte territoriale.
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in ordine all’aumento calcolato per il reato-fine giudicato con sentenza irrevocabile del 3 ottobre 2016, ritenuto in continuazione con quello associativo. La difesa contesta l’entità dell’aumento applicato per la continuazione esterna con il reato sub 3). La Corte ha giustificato la misura dell’aumento, di poco superiore all’anno di reclusione, sulla base dell’intensità del dolo e della quantità di stupefacente, sebbene l’atteggiamento soggettivo del COGNOME denotasse l’entità minima del dolo. La censura deduce anche l’irragionevole disparità di trattamento riservato al COGNOME rispetto alla posizione del coimputato COGNOME, al quale è stato applicato un aumento di soli 10 mesi di reclusione nonostante il COGNOME, a differenza del COGNOME, custodisse anche droga pesante. Il giudice non ha fornito una congrua motivazione in relazione all’entità dell’aumento.
6. NOME COGNOME ha proposto un primo ricorso per cassazione a firma AVV_NOTAIO censurando la sentenza, con il primo motivo, per violazione degli artt. 74 T.U. Stup. e 192, comma 2, cod. proc. pen. in relazione al delitto associativo, nonché vizio di motivazione con riguardo all’affermazione di penale responsabilità per il reato contestato (capi 5, 7,8, 9,10, 11 e 14). Secondo la difesa, la sentenza impugnata è nulla per erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in relazione alle molteplici critiche rassegnate con l’atto di appello, alle quali i giudici della Corte territoriale non hanno dato alcuna specifica risposta operando un sunto delle tesi sostenute nella sentenza di primo grado. Si assume come non vi sia alcuna prova della partecipazione di NOME COGNOME al vincolo associativo, avendo i giudici di merito qualificato il ricorrente come partecipe all’associazione sulla base esclusiva di intercettazioni ambientali effettuate nel corso di un unico incontro avvenuto presso la sua concessionaria «RAGIONE_SOCIALE» tra COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e due soggetti campani individuati in COGNOME NOME e COGNOME NOME, riconducibili al gruppo campano al quale il sodalizio si era in precedenza rivolto per le forniture. A tale attività captativa non ha fatto seguito alcuna attività finalizzata a ottenere riscontri; COGNOME ha serbato una condotta processuale corretta giungendo a confessare una parte degli addebiti contestati ma con ferma esclusione del reato associativo, avendo perseguito unicamente il proprio interesse, tanto è vero che l’unico soggetto al quale si accompagnava era COGNOME NOME; il COGNOME non ha contatti con gli altri
presunti componenti dell’associazione; è anomala l’ipotesi in esame, nella quale i presunti partecipanti avrebbero celato al capo i fruttuosi canali di approvvigionamento della sostanza stupefacente. Gli unici episodi contestati a COGNOME sono relativi a un periodo pari a due mesi (aprile-maggio 2016) mentre prima e dopo tale intervallo temporale non vi è alcun elemento indiziario in grado di addentellare il ricorrente al sodalizio criminoso. Difetta l’elemento organizzativo stabile, difettano la predisposizione di mezzi finalizzati alla commissione dei delitti e un contributo effettivo da parte dei singoli; non vi è alcuna prova di preventivo e concordato pactum sceleris né dell’esistenza di una cassa comune o di mezzi comuni, essendovi semmai prova del contrario. Non vi è prova di disponibilità di veicoli e mezzi per gli spostamenti e per il trasporto dello stupefacente, del ricorso al noleggio di autovetture, della disponibilità di considerevoli somme di denaro, così difettando l’organizzazione che consente la realizzazione concreta del programma criminoso. Non vi è il minimo riscontro rispetto ai presunti depositi di sostanza stupefacente presso la ridetta concessionaria, con violazione di quanto previsto dall’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. che richiede che gli indizi siano gravi, precisi e concordanti e che attengano a dati certi.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con specifico riguardo all’insussistenza dell’art. 74 T.U. Stup. (nella rubrica si menzionano anche i capi inerenti ai singoli reati-fine). La difesa chiede che la prova evidente dell’innocenza del ricorrente, rilevabile da prove decisive non valutate dalla Corte, dunque non rilevabili dal testo della sentenza, possa essere esaminata dal giudice di legittimità e chiede, dunque, che sia valutata la prova consistente nelle riprese video dell’incontro presso la concessionaria tra COGNOME, COGNOME, COGNOME NOME e due soggetti campani come l’evidenza dell’estraneità del ricorrente al sodalizio.
7. NOME COGNOME, con ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO, censura la sentenza, con il primo motivo, per difetto di motivazione in ordine alla sussistenza del reato associativo contestato al capo 33) e alla partecipazione del ricorrente. La difesa ha dimostrato come fosse provata esclusivamente la partecipazione agli episodi di acquisto e cessione di stupefacenti contestati ai capi 8) 15), 16), 18), 20) e 22), ammessi dal ricorrente, che aveva concorso esclusivamente con COGNOME NOME alla commissione dei singoli reati confessati senza avere rapporti stabili con NOME, del quale contestava il modo di agire e persino le capacità delinquenziali. Solo in relazione all’episodio contestato al capo 8) il COGNOME e il COGNOME si erano avvalsi dell’ausilio del NOME al fine d reperire un canale di approvvigionamento in Campania. Sussiste il solo concorso
del COGNOME con COGNOME NOME; peraltro, sulla base della stessa formulazione accusatoria emerge come il COGNOME agisse da solo o in concorso con COGNOME NOME e COGNOME; lo stesso COGNOME NOME agiva in più occasioni da solo o con il cogNOME COGNOME NOME. Il ruolo ascritto al ricorrente al capo 33), di supporto nelle fasi di approvvigionamento e consegna al cliente, risulta smentito dagli stessi capi di imputazione, relativi a reati effettuati autonomamente senza alcuna programmazione o strategia. Non risultano una base logistica o sede operativa comune né un luogo deputato alla custodia dello stupefacente. Il RAGIONE_SOCIALE ricreativo RAGIONE_SOCIALE non può essere considerato sede operativa del preteso sodalizio, essendo frequentato da numerosi soci estranei al presente procedimento. La difesa aveva eccepito come non si rinvenisse l’uso di mezzi adattati al trasporto e all’occultamento della sostanza stupefacente, risultando anzi lo sprovveduto e disorganizzato utilizzo di autovetture proprio degli imputati. Il NOME risulta aver operato esclusivamente con COGNOME NOME in un limitatissimo arco temporale, dal 4 aprile al 26 maggio 2016, che mal si concilia con la realizzazione di un comune programma criminoso riferibile all’associazione.
Con il secondo motivo deduce mancanza assoluta di motivazione in ordine alla confermata confisca. I giudici hanno ritenuto che la società RAGIONE_SOCIALE, della quale il ricorrente era contitolare al 50% unitamente al NOME, fosse stata ceduta in epoca prossima a quella di commissione dei delitti, invero risalenti a 30 mesi prima. Ma con l’atto di appello la difesa aveva documentato un’altra realtà: il ricorrente aveva ottenuto dalla Compass un prestito personale di 15.000 euro, con valuta 24 ottobre 2017, che gli aveva consentito di acquistare la RAGIONE_SOCIALE nel gennaio successivo pagando 20.000 euro con assegno bancario indicato in atti, impegnandosi a versare quattro rate da 5000 euro garantite da effetti cambiari e pagate con gli utili derivanti dall’attività sociale. Successivamente, COGNOME NOME, subentrato al socio COGNOME NOME assumendo la carica di amministratore, ha poi ceduto la società ricevendo in cambio la somma di euro 55.000 confluiti sul conto personale del predetto unitamente al bonifico per il compenso maturato in qualità di amministratore. Era stata quindi documentata la legittima provenienza degli altri 40.000 euro rinvenuti sul conto personale di COGNOME NOME nonché dei 2500 euro rinvenuti sul conto collegato alla carta di credito. Per quanto riguarda la polizza vita «posta futuro certo» stipulata il 10 marzo 2016 con versamento di un premio di euro 8.800, della stessa risultava beneficiare il NOME NOME in quanto vittima di un sinistr stradale per il quale erano stati liquidati euro 11.500, come risultante dagli atti, non essendovi dunque alcun collegamento con l’attività dell’appellante, con prova della provenienza lecita della provvista. I giudici di appello hanno
totalmente omesso di motivare sul punto, limitandosi a pag. 84 a trattare di sperequazione tra le fonti e gli impieghi del nucleo familiare nel periodo tra il 2009 e il 2018, del tutto estranea ai beni in questione, di cui è stata documentata la legittima provvista ed essendo del tutto estranea la RAGIONE_SOCIALE, evidentemente confusa con la RAGIONE_SOCIALE La Corte ha omesso di rilevare che i beni intestati a COGNOME NOME non sono mai risultati nella disponibilità del padre e che in relazione agli stessi è stata giustificata la lecita provenienza.
8. NOME COGNOME propone ricorso per cassazione censurando la sentenza, con il primo motivo, per violazione degli artt. 74 T.U. Stup. e 192, comma 2, cod. proc. pen. in relazione al delitto associativo, nonché vizio di motivazione con riguardo all’affermazione di penale responsabilità per il reato contestato all’imputato (capi 5, 6, 8, 9, 10 e 14). Secondo la difesa, la sentenza impugnata è nulla per erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in relazione alle molteplici critiche rassegnate con l’atto di appello, alle quali giudici della Corte territoriale non hanno dato alcuna specifica risposta operando un sunto delle tesi sostenute nella sentenza di primo grado. Si assume come non vi sia alcuna prova della partecipazione di NOME COGNOME al vincolo associativo, avendo i giudici di merito qualificato il ricorrente come partecipe all’associazione sulla base esclusiva di intercettazioni ambientali dalle quali si è desunto il suo ruolo di corriere, che offriva i suoi servigi principalmente a COGNOME NOME e a COGNOME NOME. A tale attività captativa non ha fatto seguito alcuna attività finalizzata a ottenere riscontri tali, una volta individuata la strutt associativa, da potervi automaticamente includere il ricorrente. Difetta totalmente la prova che l’illecito legame fra il ricorrente e altro indagato quale stabile acquirente sia collocabile in un più ampio contesto associativo. La mera commissione di plurimi reati riguardanti l’art. 73 T.U. Stup. non è sufficiente a costituire prova dell’integrazione del reato associativo. NOME COGNOME mai ha avuto contatti con gli altri presunti componenti l’associazione, essendo suoi referenti COGNOME NOME e, a volte, il COGNOME. Non vi è alcuna captazione attribuibile al ricorrente da cui poter inferire che lo stesso fosse a conoscenza dell’esistenza di una stabile organizzazione. Sebbene il capo di imputazione 33) rechi come indicazione temporale dal settembre 2015 sino all’attualità (agosto 2016), gli unici episodi contestati a COGNOME NOME sono relativi a periodi pari a un solo bimestre (aprile-maggio 2016 ), mentre prima e dopo tale periodo non vi è alcun elemento indiziario in grado di relazionare il ricorrente al presunto sodalizio criminoso. L’apporto materiale del prevenuto è sparuto e limitato a poche occasioni. Difetta l’elemento organizzativo stabile, difettano la predisposizione di mezzi finalizzati alla commissione dei delitti e un contributo Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
effettivo da parte dei singoli; non vi è alcuna prova di preventivo e concordato pactum sceleris né dell’esistenza di una cassa comune o di mezzi comuni, essendovi semmai prova del contrario. Non vi è prova di disponibilità di veicoli e mezzi per gli spostamenti e per il trasporto dello stupefacente, del ricorso al noleggio di autovetture, della disponibilità di considerevoli somme di denaro, così difettando l’organizzazione che consente la realizzazione concreta del programma criminoso.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con specifico riguardo all’insussistenza dell’art. 74 T.U. Stup. (nella rubrica si menzionano anche i capi inerenti ai singoli reati-fine). La difesa chiede che la prova evidente dell’innocenza del ricorrente, rilevabile da prove decisive non valutate dalla Corte, dunque non rilevabili dal testo della sentenza, possa essere esaminata dal giudice di legittimità e chiede, dunque, che sia valutata la prova consistente unicamente nel fatto che COGNOME NOME si prestava occasionalmente in attività col cogNOME e col COGNOME, come l’evidenza dell’estraneità del ricorrente al sodalizio.
All’odierna udienza, disposta la trattazione orale ai sensi degli artt.23, comma 8, dl. 28 ottobre 2020, n.137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, 16 d.l. 30 dicembre 2021, n.228, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2021, n.69, 35, comma 1, lett. a), 94, comma 2, d. Igs. 10 ottobre 2022, n.150, 1, comma 1, legge 30 dicembre 2022, n.199 e 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, n.215, le parti hanno rassegNOME le conclusioni indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va evidenziato che il primo motivo dei ricorsi di NOME COGNOME e di NOME COGNOME a firma AVV_NOTAIO, nonostante menzionino nella rubrica i capi d’imputazione inerenti ai reati-fine, sono esclusivamente incentrati su vizi della sentenza asseritamente inficianti la conferma della condanna per il reato associativo, onde saranno esaminati con esclusivo riferimento a tale delitto.
Nel merito, si osserva che l’attività investigativa sulla quale si sono basate le sentenze di merito, a seguito della scelta del rito abbreviato da parte di tutti i ricorrenti, si è sostanziata in intercettazioni telefoniche e ambienta
(attività GLYPH iniziata GLYPH il GLYPH 21/07/2015 e GLYPH intercettazioni chiuse GLYPH il GLYPH 31/05/2017), acquisizione di immagini registrate da sistemi di videosorveglianza, riprese aeree effettuate da un drone, servizi di osservazione, pedinamento – anche mediante rilevazioni satellitari – e controllo ad opera della Guardia RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE di Bari.
3. Con riguardo al secondo motivo del ricorso di NOME COGNOME, la censura si rivela aspecifica in quanto omette ogni confronto con la sentenza di primo grado (pag.109) che, in quanto conforme, integra la motivazione di quella impugnata. Il quadro indiziario indicativo del concorso di NOME COGNOME nella detenzione con il COGNOME di 20 chili di marijuana, unitamente a NOME COGNOME e al COGNOME, è stato espresso partendo dalla considerazione che il COGNOME e il COGNOME fossero stati individuati quali insospettabili perchè incensurati, in quanto tali idonei a curare deposito e custodia di quantitativi di stupefacente di diversa natura (pag. 35 sentenza di primo grado). Non si tratta di mero compendio intercettativo ma di una serie di colloqui intercettati in data 5 aprile 2016, corroborati dal segnale del sistema GPS montato a bordo dell’autovettura Fiat Bravo condotta da NOME COGNOME, che aveva rivelato il viaggio di quest’ultimo e del COGNOME, a bordo della suddetta autovettura, unitamente all’autovettura in servizio di staffetta condotta da NOME COGNOME, in territorio campano per l’acquisto di stupefacente a Pompei in prossimità del bar denomiNOME «Kimerakafè», dove COGNOME e COGNOME avevano ritirato un pacco di colore celeste, che avevano messo nell’auto condotta da NOME COGNOME. Durante il tragitto di ritorno si erano svolte conversazioni indicative del prezzo al quale avrebbe potuto essere collocata la merce, con una serie di riferimenti a colui che ne aveva contrattato l’acquisto, nonchè (progr. n.1277 RIT 500/16 delle 20:50) al fatto che NOME COGNOME lo avesse incrociato alla stazione di Lucera per pianificare il viaggio. I colloquianti si lamentavano del fatto che quest’ultimo fosse poco partecipe alle attività in quanto sempre preso dalla sua amante e da altre situazioni di carattere personale e che non partecipasse alle spese dei viaggi finalizzati alla ricerca di canali di approvvigionamento di sostanza stupefacente. Che si trattasse del NOME è stato rivelato dal fatto che, come da incontro programmato nella conversazione n.1279, attraverso la telecamera Reg. Nol. 36/16 (pag.40 sentenza di primo grado) si era visto NOME COGNOME uscire dal RAGIONE_SOCIALE Giuraf con NOME COGNOME, dirigersi verso l’autovettura del COGNOME per raggiungere al bar «Takeaway» NOME COGNOME e NOME COGNOME; notevole importanza indiziaria ha rivestito la conversazione tra presenti RIT 500/16 del 5 aprile 2016 progr.1284 tra NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, da cui i giudici hanno tratto la prova della compartecipazione di NOME COGNOME alla condotta Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
criminosa. Quest’ultimo chiedeva che gli riservassero un quantitativo di cocaina da rivendere al NOME di «NOME», mostratosi interessato all’acquisto. La censura trascura quanto emerso anche in occasione di altre intercettazioni concernenti reati per i quali non è stato proposto appello e che avevano rivelato la cointeressenza del COGNOME nei traffici illeciti dei COGNOME e del COGNOME, l continua ricerca da parte del gruppo di sempre nuovi canali di approvvigionamento (capo 15 pag.55 sentenza di primo grado), le continue lamentele tra il COGNOME e il COGNOME per l’atteggiamento tenuto da NOME COGNOME, che impartiva disposizioni e partecipava alla ripartizione degli utili senza mai impegnarsi nella fase dinamica o nella custodia.
Il primo e il terzo motivo del ricorso di NOME COGNOME, il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME, il primo e il secondo motivo del ricorso di NOME COGNOME a firma AVV_NOTAIO, il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME a firma AVV_NOTAIO, entrambi i motivi di ricorso di NOME COGNOME contestano, con argomenti tratti da giurisprudenza di legittimità relativa agli elementi distintivi dell’associazione per delinquere dal concorso di persone continuato in delitti in materia di stupefacenti, la prova della stessa esistenza di un’associazione per delinquere, oltre che la loro appartenenza ad essa.
4.1. Si sostiene che i giudici di merito hanno desunto la partecipazione e la consumazione del reato associativo dai reati-fine, che l’asserita mutua assistenza ai detenuti sia frutto di una vera e propria forzatura del dato storico, che la sussistenza di una cassa comune sarebbe stata desunta da una sola intercettazione dal contenuto ambiguo, che si sarebbe ipotizzata la durata del sodalizio dal settembre del 2015 al 20 dicembre 2019, senza alcun riscontro individualizzante, ma i reati-fine sono confinati nel periodo 2015-2016, che le condotte di ciascun imputato, sporadiche, isolate, prive di evidente concerto con il gruppo, non possano ritenersi sintomatiche della loro appartenenza a un’associazione per delinquere.
4.2. Non essendo stati accertati l’accordo tra i sodali, la struttura organizzativa e la cosiddetta affectio societatis, sarebbero violati i principi di diritto che individuano il carattere distintivo del reato associativo nell’accordo criminoso avente a oggetto la commissione di una serie non preventivamente determinata di delitti, nella permanenza del vincolo associativo oltre che nell’esistenza di un’organizzazione; non risulterebbe provata alcuna effettiva e stabile organizzazione logistica, non esistendo un nascondiglio riferibile al sodalizio nè una sede operativa comune, tanto che il COGNOME aveva custodito presso la sua abitazione familiare la marijuana consegnatagli dal COGNOME, mentre il
COGNOME nega la prova della custodia presso la sua concessionaria; la sede del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non sarebbe base logistica per gli incontri ma RAGIONE_SOCIALE ricreativo cittadino sito nel centro storico di Lucera. Risulta lo sprovveduto e disorganizzato uso di autovetture proprie degli imputati. Non vi sarebbe un comune e durevole interesse a immettere nel mercato sostanza stupefacente; non sarebbe comprovata la consapevolezza della dimensione collettiva e il COGNOME non ha comunque ricevuto alcuna assistenza materiale; non risulta che vi fosse una stabile catena di approvvigionamento in quanto i singoli protagonisti si rivolgevano a più fornitori in maniera del tutto occasionale e rivendevano la sostanza ad acquirenti del momento. Nessuna strategia commerciale negli acquisti così come nelle cessioni; solo il COGNOME, non l’intero sodalizio, risulta aver utilizzato un’utenza dedicata. Da molteplici conversazioni intercorse tra il COGNOME e il COGNOME all’interno dell’autovettura del primo era emersa chiaramente la totale mancanza di affectio societatis e la loro ferma volontà di allontanarsi dal COGNOME e di disfarsi dello stupefacente; difetterebbe, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, uno stabile e consapevole accordo criminoso.
E’ evidente che il compendio investigativo non viene contestato nei suoi esiti ma nella valutazione che ne è stata fatta dai giudici di merito. Doglianza comune è che i giudici della Corte territoriale non abbiano dato alcuna specifica risposta ai motivi di appello, operando un sunto delle tesi sostenute nella sentenza di primo grado. Si adduce, tuttavia, da parte di tutti i ricorrenti una inammissibile rilettura dei risultati d’indagine che sono stati, invece, scrupolosamente scandagliati e interpretati nelle sentenze di entrambi i gradi di merito.
5.1. La chiave di lettura delle prove a disposizione dei giudici di merito nel presente processo è data dalla conoscenza approfondita e completa degli esiti dell’indagine, comprensivi di molteplici conversazioni, comportamenti, luoghi di incontro, acquisti di sostanza stupefacente riferibili a una serie di reati-fine, in gran parte oggetto di dichiarazioni confessorie da parte degli imputati e che non hanno formato oggetto di impugnazione in grado di appello, ignorando i quali non sarebbe altrettanto chiaro su quali basi i giudici di merito abbiano fondato il giudizio circa la sussistenza degli elementi costitutivi del reato associativo.
5.2. Risulta, dunque, chiaro che il contesto investigativo dal quale si è desunta la sussistenza dell’associazione oggi contestata è di maggiore ampiezza rispetto a quanto emerge dagli argomenti veicolati nei ricorsi, considerato che l’impianto accusatorio parte dal monitoraggio dei rapporti di affari finalizzati alla commercializzazione di sostanze stupefacenti tra COGNOME NOME e COGNOME NOME di Foggia. La consorteria criminale facente capo ad NOME COGNOME,
composta da NOME COGNOME detto anche «NOME», NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME detto «NOME» e NOME COGNOME detto «NOME», è stata ricostruita sulla base di intercettazioni telefoniche e ambientali incentrate sulle attività del RAGIONE_SOCIALE operante a Lucera; il gruppo, per poter disporre di un’adeguata quantità di sostanze stupefacenti per soddisfare le continue esigenze della propria clientela, teneva contatti e canali di rifornimento con vari grossisti, in particolare con il «RAGIONE_SOCIALE COGNOME», operante tra Castellammare di Stabia e Pompei, e con la «batteria» malavitosa montanara facente capo a COGNOME NOME, operante stabilmente in Monte Sant’Angelo.
5.3. Un primo elemento valutato è stato il rapporto di stabile compravendita di hashish tra NOME COGNOME e NOME COGNOME (capo 1); un ulteriore elemento è stato desunto dall’arresto di COGNOME NOME il 3 novembre 2015 in possesso di kg. 19,544 di marijuana, letto unitamente a una serie di intercettazioni dalle quali è stato desunto che l’arrestato detenesse la sostanza stupefacente in concorso con NOME COGNOME, NOME COGNOME e COGNOME (capo 3); dalle intercettazioni è emerso come, in più occasioni, NOME COGNOME abbia contattato NOME COGNOME affinché lo accompagnasse a fare qualche «servizio» e ovunque avesse bisogno di andare. Tale incondizionata disponibilità del COGNOME è stata interpretata, con valutazione immune da vizi, come segno di un rapporto di dipendenza funzionale e di devozione del COGNOME verso il COGNOME. Nelle sentenze si parla di costante dipendenza, quasi sudditanza, del COGNOME nei confronti del COGNOME, accompagNOME abitualmente presso il RAGIONE_SOCIALE ricreativo denomiNOME Giuraf, chiamato convenzionalmente «saletta», nonché la frequenza quasi quotidiana del COGNOME e del COGNOME con tale «NOME», identificato nel coindagato non ricorrente NOME COGNOME; la «saletta» è stata considerata vera e propria base operativa del COGNOME e dei suoi sodali (telefonata n.7328 RIT 1980/15 del 13 ottobre 2015); il COGNOME, si legge, mostrava dipendenza dagli ordini e dai bisogni di NOME COGNOME e, inoltre, conosceva perfettamente altre persone da lui frequentate abitualmente, come NOME COGNOME e NOME COGNOME; l’installazione di una microspia con rilevatore satellitare GPS a bordo di un’autovettura Ford Focus in uso al COGNOME e l’intercettazione dell’utenza mobile del medesimo hanno evidenziato i costanti rapporti con il COGNOME nonché la circostanza che in un’occasione COGNOME si sia recato con la sua auto a prendere NOME COGNOME, con il quale ha conversato circa la necessità di nascondere in aperta campagna dello stupefacente, peraltro di diversa tipologia; gli interlocutori erano preoccupati di non farsi scoprire dai familiari e, d’altro canto, di ottenere un adeguato compenso per la custodia della sostanza (dialoghi 36-44 del RIT 2198/15); l’intercettazione di un dialogo intercorso tra il COGNOME e il COGNOME il 22 ottobre 2015 ha consentito di addivenire al sequestro di quasi 20 chili di marijuana. Un altro Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
elemento ritenuto rilevante è stato il quotidiano dialogo tra il COGNOME e il COGNOME, avente a oggetto l’illiceità della custodia loro demandata dal COGNOME e da NOME COGNOME e le lamentele per il mancato o parziale compenso per quest’opera (progr.527); di tali conversazioni il ricorrente COGNOME propone una inammissibile lettura alternativa.
Valutando, dunque, tutte le emergenze istruttorie sopra sinteticamente riportate, il giudice di primo grado ha esamiNOME gli argomenti difensivi che, a ben vedere, sono i medesimi argomenti sottoposti al giudice di appello che, data la loro reiterazione, ha correttamente richiamato le ragioni già esposte dal tribunale. I medesimi argomenti sono, poi, confluiti nei ricorsi per cassazione.
6.1. A pag.95 della sentenza di primo grado il giudice aveva illustrato gli argomenti spesi dalle difese dei ricorrenti, qui reiterati. Si ritrovano a pag. 96 della sentenza di primo grado identici argomenti difensivi tendenti a evidenziare il ruolo circoscritto all’individuazione di acquirenti e rivenditori ascrivibile ad NOME COGNOME, il brevissimo lasso di tempo in cui l’ipotetica associazione si sarebbe costituita e avrebbe operato, l’assenza di stabili acquirenti o di un vincolo di carattere permanente.
6.3. Analizzando gli argomenti con i quali il giudice di primo grado è pervenuto a ritenere provata la realtà associativa (pagg.117 ss.) e la Corte territoriale ha confermato tale giudizio (pagg.75 ss.), il Collegio ritiene che i motivi di ricorso difettino di specificità e tendano a proporre, come detto, una lettura alternativa dei medesimi fatti.
7. Priva di vizi risulta la decisione che ha attribuito valore probatorio dell’affectio societatis del COGNOME alle intercettazioni (dal progr. n.616 del RIT 2198/15 si è desunto come NOME COGNOME seguisse le indicazioni del COGNOME circa la gestione della sostanza custodita e dal progr. n. 631 si è evinto come il COGNOME, salito nell’auto del COGNOME, indicasse al COGNOME e al COGNOME come stessero procedendo le attività di cessione della sostanza custodita; è stata ritenuta rilevante, in particolare, la conversazione progr. n.666 del 31 ottobre 2015 quando il COGNOME manifestava l’intenzione di provvedere lui stesso a smaltire almeno in parte la sostanza stupefacente; dal progr. n.697 emerge che a bordo dell’autovettura si trovano NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME alla ricerca di una quarta persona alla quale fornire la marijuana, cosicché il 3 novembre 2015 gli inquirenti provvedevano a ispezionare il garage di proprietà di COGNOME NOME rinvenendo la sostanza stupefacente). Va ricordato, in proposito, che l’esistenza di interessi conflittuali tra i singo componenti del sodalizio non è ostativa al riconoscimento dell’associazione, in quanto nell’ambito della struttura organizzata non assumono rilievo gli scopi soggettivi e personali, perseguiti da ciascun partecipe (Sez. 6, n.22046 del 13/12/2018, dep.2019, Morabito, Rv. 276068 – 02).
Ulteriore elemento dell’esistenza di un sodalizio criminale è stato desunto dalla conversazione intercorsa in carcere tra COGNOME NOME e il NOME NOME il 10 novembre 2015, dalla quale si evince che il NOME del detenuto fosse stato avviciNOME dal cogNOME del COGNOME, NOME COGNOME, il quale gli aveva consigliato un cambio di difensore di fiducia, che il COGNOME considerava come un avvocato pagato da «loro». Di tale conversazione, peraltro riportata in modo parcellizzato, si propone una inammissibile lettura alternativa, inidonea a scomporre il costrutto motivazionale delle conformi sentenze di merito, nelle quali sono state indicate le numerose prove a sostegno dell’accusa rivolta al COGNOME di aver partecipato volontariamente e consapevolmente per fornire un effettivo contributo all’esistenza e al rafforzamento dell’associazione.
8.1. In un’altra conversazione, in data 17 novembre 2015, il detenuto parlava con il NOME del nascondiglio di ulteriore sostanza stupefacente nel sistema di autoclave installato sul terrazzo della madre, che qualcuno del RAGIONE_SOCIALE aveva reclamato; il detenuto raccomandava al NOME di aprire la porta e consentire a «loro» di vedersela, interpretando i giudici tale conversazione come indicativa dello spessore del gruppo criminale; NOME COGNOME si era
poi riferito al COGNOME chiamandolo «NOME» e ad NOME COGNOME chiamandolo «cavaliere grosso», tanto a conferma dell’esistenza di plurimi elementi dai quali è stato desunto il ruolo direttivo di NOME COGNOME.
8.2. Manifesta è l’infondatezza dell’assunto secondo il quale le lamentele dei sodali circa la scarsa collaborazione del COGNOME alle singole attività criminose sarebbe indice di pariordinazione di quest’ultimo, sia perché i giudici di merito hanno indicato plurimi elementi sintomatici del suo ruolo direttivo delle attività dei sodali, sia perché per la sussistenza della condotta delittuosa delineata dall’art.74, comma 1, T.U. Stup. non è necessario un ruolo attivo nella consumazione dei c.d. reati-scopo dell’associazione.
9. La censura svolta nel secondo motivo del ricorso di NOME COGNOME attiene al vizio di motivazione con riguardo al trattamento sanzioNOMErio. Secondo la difesa, la sentenza sarebbe viziata per avere ritenuto il ricorrente soggetto dalla personalità certamente non allarmante e aver escluso la recidiva, da un lato, irrogando però, d’altro canto, l’aumento per la continuazione cd. esterna nella misura di un anno e giorni venti di reclusione, con disparità di trattamento rispetto al coimputato COGNOME. La difesa invoca il principio secondo il quale il giudice è tenuto a spiegare le ragioni della misura della pena determinata in aumento.
La censura è manifestamente infondata.
La Corte territoriale ha operato l’aumento su una pena già determinata nel minimo edittale e ridotta sia ai sensi dell’art.62 bis cod. pen. sia ai sensi dell’art.442 cod. proc. pen,., coerentemente all’affermazione che descrive il COGNOME come dotato di personalità «non allarmante»; tale giudizio, ancorato alla partecipazione all’associazione, non collide con la disamina della gravità del reato satellite. La determinazione della pena per tale reato è sostenuta da autonomo apparato motivazionale, concentrato sull’intensità del dolo e sulla quantità di stupefacente, è pienamente rispondente ai principi enunciati in tema di motivazione della misura dell’aumento (Sez. U, n.47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 – 01), ed è, in quanto oggetto di giudizio discrezionale, insindacabile. Quanto al trattamento riservato al coimputato COGNOME per il medesimo fatto, la sentenza rimanda a quanto già espresso alle pagg.28 segg. con riguardo al ruolo svolto dal COGNOME; per tale delitto, il COGNOME aveva peraltro riportato in separato giudizio la condanna alla pena di tre anni di reclusione. Non può, dunque, istituirsi alcun parallelo con la posizione di altro concorrente, non configurandosi alcun vizio di motivazione per il diverso trattamento sanzioNOMErio riservato, nel medesimo procedimento, ad altri imputati, anche se COGNOME, tanto
più ove la situazione del coimputato messo a confronto non si prospetti da parte del giudice come identica.
10. Con riguardo al secondo motivo del ricorso nell’interesse di NOME COGNOME a firma AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO, la difesa deduce la mancanza di motivazione in ordine alla confisca del saldo attivo di conto corrente intestato a NOME COGNOME, NOME del ricorrente.
La censura è manifestamente infondata.
Il giudice di primo grado aveva ritenuto rilevante la circostanza che l’imputato fosse titolare di una quota pari al 50% del capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE mentre il restante 50% apparteneva al NOME NOME; tale attività era stata ceduta da NOME COGNOME a terzi a titolo oneroso per un corrispettivo dichiarato di euro 55.000 in data 26 ottobre 2018, dunque in epoca prossima a quella di commissione dei delitti; la difesa, si legge, non aveva saputo fornire sufficienti e contrarie evidenze della dedotta esclusiva appartenenza del denaro a NOME COGNOME per essergli pervenuto all’esito della vendita di tale attività commerciale in precedenza acquistata con una somma ricevuta a titolo di risarcimento danni da sinistro stradale.
Il giudice di appello ha premesso che, in materia di confisca c.d. allargata post delictum, il rapporto di convivenza determina una presunzione di intestazione fittizia al convivente di beni che, invece, sono nella disponibilità dell’imputato qualora il titolare apparente non svolga attività o non abbia fruito di risorse straordinarie in grado di procurargli il bene. Ha, poi, rimarcato (pag.84) che la nota della Guardia di RAGIONE_SOCIALE aveva messo in luce una significativa sperequazione tra le fonti di reddito e gli impieghi del nucleo familiare nel periodo riconnpreso tra il 2009 e il 2018; NOME COGNOME, intestatario del conto corrente con saldo attivo sottoposto a confisca, non risultava percettore di redditi né beneficiario di entrate nel medesimo periodo. Le somme ricevute a titolo di risarcimento dei danni sono state menzionate esclusivamente al fine di evidenziarne, in ogni caso, la incongruità rispetto alle somme rinvenute sul conto corrente.
Ciò che, soprattutto, rivela la manifesta infondatezza della censura è che, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, la Corte territoriale ha esamiNOME la documentazione prodotta dalla difesa e ha, conseguentemente, chiarito che le somme presenti sul conto corrente di NOME COGNOME, provenendo dalla cessione del 50% della RAGIONE_SOCIALE, non dimostravano la provenienza delle somme versate per l’acquisizione di tale quota né dimostravano la provenienza delle somme versate al venditore dopo l’acconto. Operava la presunzione con
riguardo all’intestazione del 50% di tale società a favore del NOME conviven privo di redditi dell’imputato.
I documenti allegati al ricorso confermano quanto indicato nella sentenza, ossia che la RAGIONE_SOCIALE era stata acquistata (17 gennaio 2018) solo nove mesi prima della cessione (26 ottobre 2018); che l’acquisto si era perfezioNOME tra il venditore COGNOME e il solo COGNOME NOME COGNOME, mancando la documentazione della provenienza delle somme versate da COGNOME NOME per l’acquisto della quota del 50%; che il prezzo pattuito per l’acquisto, pari a complessivi 40.000 euro, era stato pagato parzialmente con somme la cui provenienza era documentata da un finanziamento; che non era provata l’effettiva sussistenza di utili della società, tali da consentire il pagamento delle successive rate pattuite per l’acquisto.
La sperequazione tra le fonti e gli impieghi del nucleo familiare è stata correttamente evidenziata, anche con riferimento al precedente acquisto di altra società, perché rilevante quale presupposto della misura di sicurezza. I beni confiscati non derivano dal delitto accertato ma da condotte illecite mai provate e che solo si sospetta che la persona abbia in commesso entro un periodo di tempo correlato al delitto da criteri di «ragionevolezza temporale», sul presupposto che esse derivino «dall’accumulazione di illecita ricchezza che talune categorie di reati sono ordinariamente idonee a produrre» (Corte Cost. n.33 del 2018). Risulta evidente, alla luce delle suesposte considerazioni, che la Corte territoriale ha correttamente ritenuto non dimostrata la legittima provenienza delle somme presenti sul conto corrente del NOME dell’imputato facendo riferimento alla mancanza di prova sia della provenienza delle somme utilizzate per l’acquisizione del 50% della RAGIONE_SOCIALE sia della provenienza delle somme utilizzate per corrispondere all’originario alienante le rate di prezzo non pagate al momento di perfezionamento del contratto.
11. Conclusivamente, i ricorsi non superano il vaglio di ammissibilità.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», i ricorrenti devono essere condannati al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 ciascuno in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
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Così deciso il 15 maggio 2024
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