Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 2780 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2780 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/10/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOMENOME NOME a Foggia il DATA_NASCITA, COGNOME NOMENOME NOME a Foggia il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 27-10-2021 della Corte di appello di AVV_NOTAIO; visti gli atti, il provvedimento impugNOME e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Procuratore enpralp COGNOME nrci, rhp hA rnnrhign pPr l’inammiggihilità dpi rirnrgi
RITENUTO IN FATTO
Nell’ambito di un processo in materia di stupefacenti e per quanto in questa sede rileva, la Corte di appello di AVV_NOTAIO, con sentenza del 20 dicembre 2019, in parziale riforma della pronuncia del G.U.P. del medesimo Tribunale del 26 aprile 2018, appellata sia dal P.M. che dagli imputati, previa riqualificazione dei reato ex art. 74 del d.P.R. n. 309 del 1990 (capo 1) nella fattispecie di cui al comma 6 della medesima norma e previo riconoscimento, quanto ai reati fine, della fattispecie di lieve entità, dichiarava NOME COGNOME colpevole del reato associativo, da cui era stato assolto dal G.U.P., e, ritenuta la continuazione con gli ulteriori reati di cui era stato ritenuto colpevole in primo grado (capi 2, 4, 1 26 e 28), io condannava alla pena di anni 2 e mesi 2 di reclusione; la Corte di appello, inoltre, quanto alla posizione di NOME COGNOME, condanNOME dal primo giudice in ordine ai reati di detenzione illecita, vendita e trasporto di sostanze stupefacenti (capi 17, 18 e 26) e assolto dal reato associativo (statuizione quest’ultima impugnata dal P.M.), rideterminava la pena a suo carico nella misura di anni 1, mesi 5, giorni 20 di reclusione ed euro 4.400 di multa, prendendo atto del fatto che il Procuratore generale di udienza aveva implicitamente rinunciato all’impugnazione proposta dal P.M., avendo chiesto in sede di discussione la conferma della pronuncia assolutoria emessa dal G.U.P.
Con sentenza n. 20394 del 22 aprile 2021, la Quarta Sezione della Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso proposto dal Procuratore generale di AVV_NOTAIO, annullava la sentenza della Corte territoriale nei confronti di NOMENOME con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di AVV_NOTAIO, limitatamente al capo 1 dell’imputazione, in ordine cioè alla pronuncia assolutoria dell’imputato rispetto ai reato associativo, essendosi ritenuta non valida la rinuncia all’impiignazinne del P.M. la derisione della Corte territoriale veniva inoltre annullata nei confronti di tutti gli imputati limitatamente alla qualificazio giuridica dei fatti loro rispettivamente ascritti ai capi 1, 2, 17, 18 e 26, venend in particolare censurato il giudizio concernente il riconoscimento delle ipotesi di cui agli art. 74, comma 6, del d.P.R. n. 309 dei 1990 (rispetto al capo 1) e di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 (in ordine ai capi 2, 17, 18 e 26). I ricorsi proposti dagli imputati venivano ritenuti invece inammissibili.
In sede di rinvio, con sentenza del 27 ottobre 2021, la Corte di appello di AVV_NOTAIO, in riforma della pronuncia resa dal G.U.P. il 26 aprile 2018, ritenuta la penale responsabilità di COGNOME per il reato associativo, qualificato ai sensi dell’art. 74 comma 1 del d.P.R. n. 309 del 1990 e unificato con i capi 2, 26 e 28, per i quali veniva parimenti esclusa la fattispecie della lieve entità, rideterminava la pena a carico di COGNOME in anni 4 e mesi 8 di reclusione.
Veniva altresì dichiarata la colpevolezza di NOME in ordine al reato associativo, con rideterminazione della pena a suo carico, tenuto conto della continuazione con gli ulteriori capi 17, 18 e 26, in anni 4, mesi 8 e giorni 20 di reclusione.
Avverso la seconda sentenza della Corte di appello, NOME e NOME, tramite i rispettivi difensori, hanno proposto distinti ricorsi per cassazione.
4.1. COGNOME ha sollevato due motivi esposti congiuntamente, con i quali la difesa ha eccepito la nullità della sentenza per la contraddittorietà motivazione e !a violazione degli art. 125 e 533 cod. proc. p.ln. e 74 del d.P.R. n. 309 del 2000. In particolare, è stato evidenziato nel ricorso che nel caso in esame non è ravvisabile alcuno degli elementi tipici della fattispecie associativa contestata, come delineati dalla giurisprudenza di legittimità richiamata nel ricorso. Ed invero la “parabola vitale” e ii “ciclo operativo” deli’ipotizza RAGIONE_SOCIALE risultate rirrngrritte in un arrn ternnnrale estremamente hrpv (ovvero dal 15 settembre al 16 ottobre 2021) e incompatibile con il necessario consolidamento di un adeguato apparato organizzativo, richiedendo l’esistenza del sodalizio di cui all’art. 74 del d.P.R. n. 309 del 1990 la permanenza dell’accordo e la indeterminatezza temporale del suo contenuto, a ciò aggiungendosi che l’asserita associazione non si è impadronita di un’area apprezzabile del territorio di Foggia, dovendosi escludere che la compagine de qua esercitasse un dominio diffuso e incondizioNOME su una porzione di territorio. Mancherebbe inoltre nella vicenda in esame un principio di prova sia rispetto a esistenza di una cassa comune, in cui sarebbero dovuti confluire i proventi dello spaccio, sia in ordine all’osservanza di un vincolo gerarchico all’interno del gruppo, che costituisce un necessario momento di coesione per tutti i sodali.
In ogni caso, sottolinea la difesa, pur a volere considerare in ipotesi configurabile l’associazione ex art. 74 dei d.P.R. n. 309 del 1990, ia stessa doveva essere riqualificata ai sensi del comma 6 della predetta norma, essendosi in presenza di cessioni di singole dosi di sostanze stupefacenti giunte all’ultimo stadio del processo di lavorazione e dunque non suscettibili di ulteriori frazionamenti.
Inoltre, secondo una costante comune a tutti i contributi dichiarativi acquisiti, il corrispettivo versato per ogni cessione ammonta ad appena dieci euro, essendo estremamente contenuto anche il dato ponderale dei quantitativi ceduti, tanto è vero che nessuno degli acquirenti è stato indagato per detenzione illecita per avere prelevato quantità di hashish eccedente i propri fabbisogni personali, per cui la dimensione offensiva della vicenda può essere senz’altro ritenuta ridotta.
4.2. NOME ha sollevato due motivi.
Con il primo, oggetto di doglianza è la formulazione del giudizio di colpevolezza dell’imputato rispetto al reato associativo, rilevandosi che gli elementi valorizzati dalla Corte di appello non depongono per la certa e stabile
partecipazione dei ricorrente al sodalizio, posto che la disponibilità manifestata da NOME alle attività dell’associazione è risultata del tutto occasionale, cos come riconosciuto sia dal giudice della cautela, sia da due giudici del merito, ossia il G.U.P. e la Corte di appello che si è pronunciata sulla decisione del primo. E analoga conclusione era stata rassegnata non solo dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione del giudizio rescindente, ma anche dal Procuratore generale presso la Corte territoriale nell’ambito del giudizio di rinvio, integrando ciò una forma di acquiescenza da parte dell’Ufficio del P.M. all’appello proposto, non avendo peraltro il P.M. impugNOME medio tempore le decisioni cautelari assunte rispetto alla sostituzione e alla revoca della misura cautelare.
Con il secondo motivo, la difesa deduce infine l’inosservanza dell’art. 81 cod. pen, e il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per non essere stati esplicitati i singoli aumenti operati per il riconoscimento della continuazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili perché manifestamente infondati.
1. Iniziando dalla posizione di COGNOME deve innanzitutto premettersi che la sentenza rescindente della Quarta Sezione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato, perché proposto personalmente, così rendendo definitivo il giudizio sulla colpevolezza del predetto in ordine ai reati a lui ascritti.
La Quarta Sezione, invece, in accoglimento del ricorso che aveva proposto i! Procuratore generale presso la Corte di appello di AVV_NOTAIO, ha annullato la prima sentenza della Corte territoriale sia rispetto al riconoscimento dell’ipotesi di lieve entità in ordine ai reati fine di cui ai capi 2, 17, 18 e 26 (dei capi 2 e 26 è sta ritenuto colpevole anche COGNOME), sia in reiazione aiia ritenuta appiicabiiità, quanto alla fattispecie associativa, ascritta anche al ricorrente della più mite previsione di cui all’art. 74, comma 6, del d.P.R. n. 309 del 1990.
In sede di rinvio, la Corte di appello, in ordine ai reati fine, ha escluso riconoscimento della fattispecie di lieve entità e, quanto al reato associativo, ha ritenuto c..1 – ie il sodaiizio riori fosse qualificabiie ai sensi dell’art.. 74, cornma 6, ue d.P.R. n. 309 del 1990: in particolare, quanto al capo 2., è stato rilevato nella sentenza impugnata (pag. 6-7) che la vicenda, per come desumibile dalle richiamate conversazioni del 24 luglio e del 3 agosto 2013, riguardava una vendita a tale NOME NOME NOME quantitativo dì circa 5 chili di hashish, da cui è stato tratto un guadagno di 11.500 euro, mentre, quanto al capo sottolineato (pag. 9) che neanche in tal caso poteva parlarsi di piccolo spaccio, venendo in rilievo una consegna di hashish per un corrispettivo di 7.000 euro, come desumibile dalla riportata conversazione del 13 novembre 2013. statc
Con riferimento ai capo 1, poi, la Corte territoriale (pag. 10 ss. della sentenza impugnata) ha evidenziato che, come già ritenuto dal G.U.P., l’associazione delineata dalle fonti dimostrative (la cui esistenza deve riterìersi un dato acquisito in via definitiva, stante la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi degl imputati operata dalla sentenza rescindente) andava inquadrata nella previsione di cui al comma 1 dell’art. 74 del d.P.R. n. 309 del 1990 e non in quella di cui al comma 6 della stessa norma, essendosi registrata, come emerso dalle molteplici r^a-smine-en-yinni mnnif-nrni-ta fr-nmen ~callo ri.sl 10 COGNOME ric,1111 nr-vt/nmhrezt ‘Ai “2 S.S.” ‘·n COGNOME novembre V COGNOME .· COGNOME r ipo rtate , nella decisione oggetto di ricorso), una pluralità di episodi di spaccio reiterati nel tempo, con approvvigionamento di quantitativi rilevanti di sostanze stupefacenti con correlativa vendita di cospicui quantitativi di droga e la realizzazione di lauti guadagni non altrimenti conseguibiii, necessari per ii sostentamento economico dei singoli associati, oltreché per l’acquisto di partite sempre più consistenti di stupefacenti, risultando inoltre le elevate somme di denaro ricavate dal traffico della droga o reinvestite per l’acquisto di sempre maggiori quantitativi di stupefacenti, o comunque, in misura minore, divise tra i diversi sodali.
In tal senso, Vimpostazione del giudice del rinvio risulta coerente con la costante affermazione della giurisprudenza di legittimità, richiamata anche nella sentenza rescindente, secondo cui, ai fini dell’applicabilità della fattispecie di cui all’art. comma sesto, del d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, non è sufficiente considerare le quantità dì stupefacenti effettivamente scambiate, ma occorre valutare anche quelle trattate P offerte in vendita dai partecipanti all’associazi^ne (cfr. Sez. n. 38133 del 02/07/2013, Rv. 256289), essendosi altresì precisato che deve essere esclusa l’ipotesi di cui all’art. 74, comma 6, quando, per la complessiva attività in concreto esercitata, per la molteplicità degli episodi di spaccio, reiterati in un lungo arco di tempo, e per ia predisposizione di un’idonea organizzazione che preveda uno stabile e continuativo approvvigionamento di quantitativi rilevanti di sostanze stupefacenti, quell’attività, come nel caso di specie, sia incompatibile con il carattere della lieve entità, e ciò anche quando l’associazione sia finalizzata alla commissione di episodi di cessione che, considerati singolarmente, )I d)eflLaI iv le caratteristichte dei fatti descritti dall’art. 73, cornma 5, cl’el d.rD.R. 9 ottobre 1990 n. 309 (cfr. Sez. 4, n. 34920 del 14/06/2017. Rv. 270803).
1.1. Con le pertinenti considerazioni della sentenza impugnata, il ricorso non si confronta adeguatamente, sollecitando differenti apprezzamenti di merito che non possono trovare ingresso in sede di legittimità, dovendosi in tal senso ribadire che, in tema di giudizio di cassazione, a fronte di un apparato argomentativo privo di profili di irrazionalità, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del e- COGNOME r A r COGNOME AA /44 innnn COGNOME nnn, luci iw L.11 . COGNOME v, ti. -r-tu..) COGNOME LP -Ii 1.1./ LULU, ucp. COGNOME 200G01).
Di qui l’inammissibilità del ricorso proposto nell’interesse di COGNOME.
Alla medesima conclusione deve pervenirsi rispetto al ricorso di NOME.
2.1. In proposito, occorre evidenziare che, con la prima sentenza poi annullata dalla Quarta Sezione, la Corte di appello aveva ritenuto che il Procuratore generale di udienza, · COGNOME SSveva .-1,inc-4-^ I COGNOME ·-nnfcirrenn dell’assoluzione pronunciata dal G.U.P., aveva implicitamente rinunciato all’appello proposto dal P.M., limitandosi a prendere atto che non vi erano motivi di gravame da esaminare: tale assunto è stato tuttavia censurato nella sentenza rescindente, ciò in base ai consolidato principio secondo cui, in tema di giudizio di appello, qualora il P.M., all’esito della discussione, chieda la conferma della sentenza assolutoria di primo grado, tale richiesta non costituisce rinunzia all’impugnazione, avendo l’organo dell’accusa concluso nel merito ed essendo la rinuncia all’impugnazione un atto formale che non ammette equipollenti (cfr. Sez. 3, n. 10131 dei 20/12/2022, dep. 2023, FZ . v. . 284493, Gez. 1, n. 4512 del 21/01/2011, Rv. 249496 e Sez. 5, n. 43363 del 05/10/2005. Rv. 232454).
2.2. Ciò posto, esaminando nel merito l’appello del P.M., i giudici del rinvio hanno ritenuto NOME inserito nel sodalizio di cui al capo 1, valorizzando a tal fine la circostanza che del predetto imputato il gruppo si è servito, con ordine impartii::: da! capo AVV_NOTAIO, quando ° trattato di malmenare .In acquirente moroso, avendo così il ricorrente fornito un apporto funzionale agli interessi dell’associazione; più in generale, dalle conversazioni intercettate è emerso che NOME eseguiva gli ordini impartiti da COGNOME e si coordinava con gli altri partecipanti ai sodaiizio, essendo altresì significativo, nei l’ottica associativa che i sodali NOME COGNOME e NOME COGNOME, nel momento in riti si lamentavano dello spreco di denaro da parte di COGNOME e COGNOME, non facevano altro che confermare l’appartenenza al gruppo criminale di COGNOME, laddove affermavano che, mentre questi, insieme a COGNOME, spendeva il denaro in ristoranti e altro, COGNOMECOGNOME ovvero il capo, “rion prende neppure un centesimo”.
2.3. Orbene, la valenza dimostrativa degli elementi indicati nella sentenza impugnata non è stata adeguatamente smentita o censurata nel ricorso, nel quale è stato dedotto in termini generici e assertivi il presunto travisamento dei dati probatori, stigmatizzandosi il contrario avviso circa l’appartenenza di NOME corl=li,io da n3r-Fn do; COGNOME della cautela ° COGNOME altri giudici di merito, COGNOME.. circostanza questa di per sé non dirimente, non potendosi sottacere che, per il resto, il ricorso si concentra soprattutto sul dato processuale secondo cui doveva nel caso di specie ritenersi intervenuta rinuncia all’appello da parte del P.M., in
ragione del fatto che sia il Procuratore generale presso questa Corte sia il Procuratore generale presso la Corte di appello avevano chiesto di confermare la sentenza di primo grado, ma tate assunto, come detto, è stato già ritenuto erroneo dalla sentenza rescindente, in base alla condivisa regula iuris secondo cui la rinuncia all’impugnazione è atto formale che non ammette equipollenti.
2.4. Anche il secondo motivo del ricorso di COGNOME è infine manifestamente intondato, non ravvisandosi alcuna criticità rispetto alla determinazione degli aumenti di pena operati a titoio di continuazione, avendo la sentenza impugnata esplicitato in maniera adeguata (a pag. 14) i relativi criteri di computo, a ciò dovendosi solo aggiungere che, in ogni caso, gli aumenti apportati a titolo di continuazione per i reati-fine, integranti episodi di spaccio qualificati come non di lieve entità, risultano tutt’altro che eccessivi (ossia 3 mesi di reclusione per ii capo 18 e 1 mese di r -PCII n sinng, sia per il capo 1.7 che per il capo 26):
In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, i ricorsi di COGNOME e COGNOME devono essere dichiarati inammissibili, con onere per i ricorrenti, ex art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 113G del :1.3 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che ciascun ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuaii e della somma di curo tremila in favore deiia Cassa delle ammende.
così deriso il 17/10/2073
Il Qk èntliefe estensore (s e, e –Fa io tunica