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Reato associativo stupefacenti: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati condannati per reato associativo stupefacenti. La sentenza conferma che una pluralità di episodi di spaccio, l’approvvigionamento di quantitativi rilevanti e la gestione dei profitti configurano un’associazione stabile, escludendo l’ipotesi di lieve entità. La Corte ha inoltre ribadito che la richiesta di conferma di un’assoluzione da parte del PM in udienza non equivale a una rinuncia formale all’impugnazione.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato associativo stupefacenti: quando lo spaccio diventa un’impresa criminale

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 2780/2024 offre importanti chiarimenti sulla linea di confine tra singoli episodi di spaccio e il più grave reato associativo stupefacenti. Nell’analizzare il caso, i giudici hanno ribadito i criteri per identificare una struttura organizzata stabile, destinata al traffico di droga, e hanno confermato principi procedurali di notevole rilevanza. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Processo

Il percorso giudiziario è stato complesso. In primo grado, il G.U.P. aveva condannato due imputati per alcuni reati legati alla droga, ma li aveva assolti dall’accusa di associazione a delinquere (art. 74 d.P.R. 309/1990).
La Corte di Appello, in un primo momento, aveva parzialmente riformato la sentenza, condannando uno degli imputati per il reato associativo, seppur in una forma attenuata (lieve entità), e rideterminando la pena per l’altro.

Questa decisione è stata però annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione su ricorso del Procuratore Generale. La Cassazione aveva ritenuto errata sia la qualificazione di lieve entità per l’associazione, sia la validità di una presunta rinuncia all’appello da parte dell’accusa.
Nel successivo giudizio di rinvio, la Corte di Appello, attenendosi ai principi della Cassazione, ha riconosciuto la piena responsabilità di entrambi gli imputati per il reato associativo non attenuato, rideterminando le pene in un significativo aumento.

I Motivi del Ricorso e il reato associativo stupefacenti

Contro quest’ultima sentenza, i due imputati hanno presentato ricorso in Cassazione.

La Posizione del Primo Ricorrente

Il primo imputato sosteneva che mancassero gli elementi tipici del reato associativo stupefacenti. In particolare, ha evidenziato:
* La breve durata del presunto sodalizio (circa un mese).
* L’assenza di un apparato organizzativo stabile e di una cassa comune.
* La mancanza di un vincolo gerarchico e di un dominio sul territorio.
A suo avviso, l’attività doveva essere al massimo riqualificata come associazione di lieve entità, dati i quantitativi modesti e il valore esiguo delle singole cessioni.

La Posizione del Secondo Ricorrente

Il secondo ricorrente ha contestato la sua partecipazione stabile all’associazione, definendola meramente occasionale. Ha inoltre riproposto la questione procedurale, sostenendo che la richiesta del Procuratore Generale di confermare l’assoluzione nel primo giudizio di appello dovesse essere interpretata come un’acquiescenza, e quindi una rinuncia, all’impugnazione originaria. Infine, ha lamentato la mancanza di motivazione sull’aumento di pena per la continuazione tra i reati.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, ritenendoli manifestamente infondati. Le motivazioni offrono spunti cruciali.

Per quanto riguarda il primo ricorrente, la Corte ha sottolineato che la sua condanna per i reati fine era già definitiva. Nel merito dell’associazione, i giudici hanno evidenziato come la Corte di Appello avesse correttamente valorizzato elementi incompatibili con la lieve entità. In particolare, le indagini avevano rivelato:
1. Pluralità di episodi di spaccio: Reiterati nel tempo e non occasionali.
2. Quantitativi rilevanti: Le conversazioni intercettate dimostravano la gestione di partite di droga significative (es. 5 kg di hashish in un’operazione) e corrispettivi elevati (11.500 euro, 7.000 euro).
3. Organizzazione stabile: L’esistenza di un’organizzazione finalizzata all’approvvigionamento continuo e alla vendita di cospicui quantitativi di droga, con reinvestimento dei lauti guadagni per alimentare il traffico.

La Cassazione ha ribadito il principio secondo cui, per valutare la gravità del reato associativo stupefacenti, non si deve guardare solo alle singole cessioni, ma alla complessiva attività del gruppo, alla sua capacità organizzativa e ai volumi di droga trattati e offerti in vendita. In questo caso, tali elementi erano palesemente incompatibili con l’ipotesi della lieve entità.

Per il secondo ricorrente, la Corte ha smontato l’argomentazione procedurale, confermando un principio consolidato: la rinuncia all’impugnazione è un atto formale che non ammette equipollenti. La richiesta del PM in udienza di confermare una sentenza non costituisce rinuncia all’appello già proposto. Pertanto, la Corte di Appello aveva il dovere di esaminare nel merito l’impugnazione dell’accusa. Nel merito, la sua partecipazione stabile era stata provata dal fatto che eseguiva ordini del capo, partecipava ad azioni punitive contro acquirenti morosi e veniva considerato a tutti gli effetti parte del gruppo dagli altri sodali.

Le Conclusioni

La sentenza consolida due importanti principi giuridici. In primo luogo, definisce con chiarezza i contorni del reato associativo stupefacenti: non è la singola cessione a determinare la gravità, ma la struttura organizzativa, la stabilità del patto criminale, la capacità di movimentare quantitativi rilevanti e di generare profitti consistenti. Quando l’attività di spaccio assume i caratteri di un’impresa criminale, anche se per un periodo limitato, si configura il reato associativo nella sua forma non attenuata. In secondo luogo, riafferma il rigore formale del processo penale, stabilendo che atti importanti come la rinuncia a un’impugnazione non possono essere desunti da comportamenti equivoci, ma devono rispondere a requisiti di forma precisi. La decisione finale di inammissibilità ha reso definitive le condanne, confermando la valutazione di gravità operata dai giudici di merito.

Cosa distingue il reato associativo stupefacenti da semplici episodi di spaccio?
Il reato associativo si configura quando esiste una struttura organizzata stabile, anche minima, finalizzata a commettere una serie indeterminata di delitti legati alla droga. Elementi chiave sono la pluralità di episodi, la gestione di quantitativi rilevanti, la realizzazione di lauti guadagni e il loro reinvestimento nel traffico, che dimostrano un’attività continuativa e non occasionale.

La richiesta del Pubblico Ministero in udienza di confermare un’assoluzione vale come rinuncia al suo appello?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che la rinuncia all’impugnazione è un atto formale che non ammette equipollenti. La richiesta del PM durante la discussione non costituisce una rinuncia formale e, pertanto, il giudice d’appello è tenuto a esaminare nel merito l’impugnazione originariamente proposta.

Quando è esclusa l’ipotesi di ‘lieve entità’ in un reato associativo per droga?
L’ipotesi di lieve entità (art. 74, comma 6, d.P.R. 309/1990) è esclusa quando l’attività complessiva del gruppo, per la molteplicità degli episodi, la durata nel tempo e l’organizzazione predisposta per un approvvigionamento stabile di quantitativi rilevanti, risulta incompatibile con un carattere di minima offensività.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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