Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12240 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12240 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MESORACA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 17/10/2023 del TRIBUNALE di CATANZARO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore, AVV_NOTAIO, che, dopo breve discussione, ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catanzaro, in funzione di giudice del riesame, con ordinanza del 17/10/2023 confermava l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro del 14/9/2023, che applicava la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME.
L’indagato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione, deducendo con il primo motivo la violazione di legge ed il vizio di motivazione, in relazione agli artt. 273 cod. proc. pen. e 74 D.P.R. n. 309/1990. Evidenzia che l’ordinanza impugnata risulta illogica e contraddittoria, atteso che ha ritenuto la partecipazione dell’imputato al sodalizio dedito al narcotraffico facente capo a NOME COGNOME sulla base delle plurime cessioni effettuate e sulle risultanze della attività di captazione; che le cessioni di stupefacente, protrattesi per u modesto arco temporale (da maggio ad ottobre 2020), avevano ad oggetto
modesti quantitativi per un corrispettivo di poche centinaia di euro; che dalle conversazioni intercettate non emergono elementi che possano far desumere l’intraneità del ricorrente al sodalizio in discorso (così, ad esempio, in relazione delitto di cui al capo 47, risulta dalle intercettazioni che il COGNOME rife all’interlocutore di aver potuto acquistare solo cinquecento euro di sostanza stupefacente, in quanto non aveva ulteriore disponibilità economica; così ancora, a riprova dell’assenza di un preventivo accordo, dalla captazione di cui al prog. 3192, RIT 1504/19 emerge che il COGNOME, dovendo far fronte ad una richiesta di stupefacente, non sa come avvisare il COGNOME in relazione all’acquisto che deve effettuare); che risulta dagli atti che il COGNOME si rifornisse della stessa sostanz stupefacente anche da altri fornitori, circostanza questa svalutata dal Tribunale; che, dunque, il rapporto tra il COGNOME ed il COGNOME fosse di natura squisitamente sinallagmatica, circostanza questa che non consente di desumere la coscienza e volontà di aderire ad una compagine associativa.
2.1 Con il secondo motivo eccepisce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, in relazione agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen. Rileva che il Tribunale, in ordine alla mancanza di elementi idonei ad escludere la sussistenza delle esigenze cautelari, ha reso una motivazione apparente, non considerando il significativo lasso di tempo intercorso rispetto alle condotte criminose, atteso che non risultano comportamenti illeciti successivi; viceversa ha valorizzato un non meglio precisato inserimento del ricorrente in ambienti criminali, il fantomatico giro di clientela e l’assenza di attività lavorativa del COGNOME, circostanze quest che non trovano aggancio in atti del procedimento (le prime due) o risultano errate (la terza, posto che il ricorrente gestisce un forno). Altrettan inspiegabile per il difensore è il richiamo all’elevato numero di reati i contestazione ed all’ampia rete di rapporti personali ed economici intrattenuti con i vertici del sodalizio, a fronte della risalenza dei fatti e dello sta incensuratezza dell’imputato, circostanze queste ultime che avrebbero consigliato l’adozione della misura men o afflittiva degli arresti domiciliari con dispositivo di controllo elettronico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1 II primo motivo, relativo al profilo della gravità indiziaria con riferimen al reato associativo sub 19), è manifestamente infondato, in quanto per un verso ripropone le stesse doglianze rappresentate al Tribunale del riesame e da questo risolte con motivazione congrua ed immune da vizi logici e per altro verso si limita a prospettare una diversa valutazione di circostanze già compiutamente esaminate dai giudici di merito. Con riguardo a quest’ultimo profilo, giova
evidenziare che la giurisprudenza di legittimità è ormai consolidata nel ritenere che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica dell censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sezioni Unite, n. 11 del 22/3/2000, Audino, Rv. 215828 01) e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sezione 2, n. 27866 del 17/6/2019, Mazzelli, Rv. 276976 – 01). In altri termini, l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. (ma il discorso vale anche per le esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice) è rilevabile in cassazion soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o nella manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato, con la conseguenza che il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori: son dunque, inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito, atteso che trattasi di censure non riconducibili alle tipologie di vizi della motivazione tassativamente indicate dalla legge (Sezione 2, n. 31553 dei 17/5/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01; Sezione 4, n. 18795 del 2/3/2017, COGNOME, Rv. 269884 – 01; Sezione 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME, Rv. 265244 – 01; Sezione 7, ord. n. 12406 del 19/2/2015, COGNOME, Rv. 262948 – 01; Sezione Feriale, n. 47748 del 11/8/2014, COGNOME, Rv. 261400 – 01). Dunque, nel momento del controllo della motivazione, non si deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, né si deve condividerne la giustificazione, dovendosi, invece, limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento: ciò in quanto l’art. 606, comma primo, lett. e) del cod. proc. pen. non consente alla Corte una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perché è estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttez della motivazione in rapporto ai dati processuali (Sezioni Unite, n. 12 del 31/5/2000, COGNOME, Rv. 216260 – 01; Sezioni Unite, n. 47289 del 24.9.2003, COGNOME, Rv. 226074 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel caso oggetto di scrutinio, l’ordinanza esaminata risulta avere analizzato
singolarmente ed in modo adeguato tutte le doglianze difensive (sintetizzate alle pagine 1 e 2), che risultano pedissequamente riproposte in questa sede. Dunque, sotto questo profilo il ricorso risulta anche aspecifico, in quanto non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato, che ha evidenziato i) la pluralità dei reati fine ascritti al COGNOME, tutti relativi a forniture di s stupefacente in favore dell’associazione finalizzata al narcotraffico; la circostanza per cui il ricorrente aveva rapporti non solo con il vertice de sodalizio, ma anche con gli altri associati; iii) il dato per cui l’imputato rappresentava uno stabile punto di riferimento per il sodalizio, benché non esclusivo, su cui fare affidamento per la fornitura di cocaina e di marijuana; iiii) la stabilità dell’accordo, che faceva sì che l’associazione, quando aveva necessità di rifornirsi di stupefacente, non doveva mettersi alla ricerca di un fornitore trattare con più di essi, potendo contare sui servigi dell’odierno ricorrente, che costituiva un punto fermo di particolare affidabilità. In altri termini, i giudic riesame hanno ritenuto l’esistenza in capo al COGNOME di una durevole comunanza di scopo con gli altri associati, manifestantesi nell’interesse ad immettere sostanza stupefacente sul mercato, irrilevante essendo la diversità degli scopi personali e degli utili che i singoli partecipi si propongono di ottenere dall’attiv criminale. Trattasi di motivazione, come si accennava, all’evidenza congrua ed immune da vizi illogici.
1.2 Manifestamente infondato è anche il secondo motivo.
Premesso che l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. prevede per il reato di cui all’art. 74 D.P.R. 309/90 l’applicazione della misura custodiale intramuraria, a meno che siano acquisiti elementi dai quali risulti l’insussistenza delle esigenze cautelari ovvero che in relazione al caso concreto i pericula libertatis possano essere soddisfatti con altre misure cautelari meno afflittive, nel caso di specie, i Tribunale del riesame ha dato ampiamente conto sia delle ragioni per le quali ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari, sia dei motivi per i quali ha ritenu necessaria in punto di adeguatezza la custodia intramuraria. In particolare, quanto al primo profilo ha valorizzato le modalità per così dire professionali della condotta criminosa, la reiterazione sfrenata delle cessioni, l’essere il sodalizio da lui rifornito punto di riferimento per tutti coloro che nella sua zona di operativ volevano acquistare sostanza stupefacente, oltre che la negativa personalità del ricorrente, desunta dal ruolo di fornitore dell’associazione e dal suo rapportarsi alla pari con i vertici della struttura criminale, di elevato spessore delinquenzial rispetto a tali circostanze il lasso temporale intercorso tra l’adozione della misur e la commissione dei fatti è stato ritenuto recessivo (l’errore sul mancato svolgimento di attività lavorativa non risulta rilevante all’esito della prova resistenza).
Quanto al profilo della adeguatezza della misura, ha ritenuto necessario il presidio cautelare estremo per favorire la recisione dei rapporti con gli ambienti delinquenziali all’interno dei quali è risultato pienamente inserito, altre valutando che la personalità trasgressiva del ricorrente non desse garanzie in ordine al rispetto delle prescrizioni connesse alla misura meno afflittiva.
Tale motivazione, ad avviso del Collegio, non può ritenersi illogica o meramente apparente, posto che contiene tutti i requisiti per rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice del provvedimento impugnato.
All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il giorno 23 febbraio 2023.